CAPITOLO 3

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«Chi sei?!» Sbarrai gli occhi, rimanendo ancora immobilizzata per terra.

«No, chi sei tu?!»

La voce del ragazzo risultò fredda e sprezzante, mentre i suoi occhi, dalle stesse venature dell'acqua, mi osservavano accigliati.

«Allora?!» Insistette, facendomi cenno con il mento.

«Un'umana. E tu?» Ricambiai la freddezza dello sguardo, tenendogli testa con un'espressione caparbia.

«Un Kelpie.» Disse con fierezza il ragazzo, sollevandosi da terra.

Inizialmente, nel Regno di Nymand, umani ed esseri dell'Altro Sole convivevano, ma in seguito alla grande Ribellione, che i nemici del Regno preferivano chiamare la grande Vendetta, la situazione era cambiata ed era raro che quest'ultimi ammettessero apertamente di essere creature magiche. In diciannove anni della mia vita, infatti, i miei incontri erano stati alquanto limitati.

«Non credi che sia il caso di scusarti?» Continuò lui seccato, ricevendo come risposta un mio sopracciglio inarcuato per la perplessità.

«Immagina di essere al mio posto, a brucare tranquillamente l'erba, quando improvvisamente una pazza ti salta addosso e comincia a prenderti a calci mentre ti tira i capelli. Non è piacevole vero?»

Assottigliai le labbra in segno di colpevolezza, ma l'orgoglio non mi permise di scusarmi.

«Come potevo immaginare che tu non fossi un cavallo?»

«Non sono un cavallo, infatti. Sono un Kelpie!» Improvvisamente il suo tono si fece più serio.

«E che differenza c'è?»

Ma presi quel discorso troppo sottogamba e quando me ne accorsi era già troppo tardi. Il bagliore nei suoi occhi cambiò in modo improvviso e, con un movimento troppo rapido da essere distinto a occhio nudo, mi sollevò da terra afferrandomi per il collo.

«Credi che un cavallo possa farlo questo?» E detto ciò rafforzò la sua presa attorno al mio collo.

Colta alla sprovvista da quella reazione la saliva mi andò storta, affaticando ancora di più il respiro. Sentivo la pelle del viso arrossarsi al ritmo del rapido pompare del mio cuore. Presi a scalciare l'aria e graffiare quella presa che mi attanagliava il collo, ma niente sembrava liberarmi.

«I Kelpie sono tra gli esseri più spietati del Regno dell'Altro Sole. Anche se abbiamo le sembianze di un cavallo, non lo siamo: noi attiriamo gli umani, li seduciamo, li conduciamo nelle profondità delle acque e poi li divoriamo, senza lasciarne neanche le ossa.»

I suoi occhi si illuminarono d'oro e la morsa sulla gola divenne così stretta da impedirmi anche il solo movimento degli arti. Sentivo una forte pressione alla testa e le palpebre faticavano a rimanere aperte, mentre i polmoni sembravano come schiacciarsi contro la gabbia toracica, oppressi dalla mancanza di aria.

«La...c...mi.» La voce non usciva e il mio fiato stava finendo. «...as...iam...» Ripetei allo stremo e un'improvvisa scarica elettrica mi avvolse il collo, liberandolo dalla presa del Kelpie.

«Cosa hai-?»

Per tutta risposta presi a tossire, inginocchiata al suolo e con una mano attorno al collo indolenzito, mentre lo sguardo dell'essere si spostò da me alla mia mano.

«Il mio sigillo.» Disse, mentre incredulo si toccava il petto nel punto dove, fino a poco prima, pendeva la catena.

Questa, adesso, era ancora stretta nel mio pugno e, per la prima volta, ebbi modo di osservarla con attenzione: sembrava solo una vecchia catena arrugginita, alla cui base pendeva un lucchetto, ora aperto, con la lettera S incisa sopra. Ancora scossa da qualche attacco di tosse, rivolsi nuovamente il mio sguardo al Kelpie, ora accigliato e perplesso.

«Chiedo perdono. Il mio nome è Gideon Ephemera e da oggi sarò il tuo servitore.» Concluse la frase inginocchiandosi e portandosi il pugno sulla clavicola.

«Cosa stai blaterando! Hai appena cercato di uccidermi!»

Tutto ciò era destabilizzante. Un attimo prima, ero una ladra che svolgeva la sua routine quotidiana, finendo con lo scappare dalle guardie imperiali, e, un attimo dopo, stavo per essere uccisa da un Kelpie bipolare, che ora si dichiarava mio servitore.

«Non credere che tutto ciò mi faccia piacere!» Esclamò improvvisamente lui, tornando ad essere feroce come una belva.

«È colpa di questa maledetta catena. Tu mi hai liberato dal sigillo e ora, in cambio, devo esserti fedele.»

«E come faccio a fidarmi?»

«La scossa che ti ha liberata dalla mia presa non è stata abbastanza convincente per te? Non posso attaccarti... purtroppo.»

Strozzai una risata. «Almeno sei stato sincero.»

Mi ricomposi, alzandomi e ripulendomi alla meglio i vestiti fradici.

«Quindi, Favilla? Cosa ci facevi nel bosco nel bel mezzo di una tempesta notturna?»

«Favilla?» Gli feci eco sgranando gli occhi, bloccando il movimento della mano sulla stoffa bagnata.

Ero meravigliata e irritata allo stesso tempo.

Gideon mi indicò con un cenno del capo i capelli.

«Mi chiamo Lyra.» Gli dissi fredda. «E stavo scappando dalle guardie reali.»

«Mh... che ragazza intraprendente. Cosa hai fatto per metterti contro degli uomini così?» Disse massaggiandosi il mento.

«Ho rubato.» Riassunsi, non del tutto sincera.

«E come mai sei una ladra?» Continuò a stuzzicarmi Gideon, con il suo interrogatorio.

«Ora basta giocare con il fuoco. Rischi di bruciarti.» Avanzai un passo verso di lui.

«Sono un Kelpie io, l'acqua è il mio elemento. Ti farò annegare lentamente finché non si spegnerà anche l'ultima scintilla.» Lui contraccambiò il mio avanzamento, muovendo un'ampia falcata.

«Non puoi farmi del male. O sbaglio?» Sollevai un sopracciglio con fare di sfida, mentre la nostra distanza si ridusse al minimo.

«Non ancora.» Indietreggiò lui, con fare arrendevole.

Ghignai soddisfatta.

Passò qualche secondo in cui nessuno dei due parlò, poi interruppi il silenzio.

«Non so te, ma io sto congelando e con questa pioggia è impossibile accendere un fuoco. Dobbiamo trovare riparo per la notte.»

«Io il mio riparo ce l'ho.» Gideon si appoggiò ad un tronco, incrociando le braccia.

«Fantastico. E sarebbe?» Chiesi ritrovando un po' di speranza, che scemò pochi attimi dopo, quando il Kelpie indicò il fiume in piena.

«Dormo su un albero.» Dissi incamminandomi nel bosco a testa in su, cercando un fogliame abbastanza folto da ripararmi dalla pioggia.

«Come preferisci. Sai dove trovarmi.» 

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