Prologo

4K 166 16
                                    

«Merda, merda... Merda!» strepitò Daryl, battendo le mani sul volante quando la macchina decise, di punto in bianco, di non voler più proseguire per la stradina innevata, abbandonandolo a un destino amaro: bloccato, chissà per quanto, in un luogo che neanche il suo navigatore era stato in grado di trovare. Tutto perché aveva deciso di dare retta a sua sorella e prendere, sotto sua insistenza, una via più celere e priva di traffico che lo avrebbe condotto direttamente al cottage dei genitori.
Mai lasciare la strada vecchia per la nuova, e quel pensiero si addiceva perfettamente alla situazione in cui, peraltro, si era andato a infilare con le sue stesse mani.
Si passò le mani tra i capelli neri, cercando di riacquistare quel minimo di calma che l'avrebbe aiutato a trovare qualcosa per uscire da quel casino. D'altronde aveva visto di peggio, no?
Espirò con forza e provò a far ripartire l'auto, ma questa non emise altro che uno strano rumore simile ad un borbottio, che ne testimoniava la resa.
«Sei il solito sfigato, Daryl», borbottò nel passare la mano sul vetro appannato, cosa che non servì poi a molto visto che la neve, che continuava a venire giù, l'aveva completamente ricoperto, impedendo di guardare all'esterno; stessa cosa valeva per tutti i finestrini.
Lasciandosi sfuggire un'imprecazione, afferrò il cellulare poggiato sopra il borsone che si trovava sul sedile del passeggero, con tutta l'intenzione di chiamare sua sorella o, nel caso in cui non avesse risposto - cosa che accadeva il più delle volte! -, qualcuno che potesse tirarlo fuori da quella situazione. Lo sbloccò e cercò il suo numero tra i contatti, visto che l'ultima volta l'aveva chiamato tramite la linea dell'ufficio. La chiamata, però, cadde immediatamente.
«Ma che cazzo?!» strepitò, rendendosi conto solo in quel momento che al posto delle tacche del segnale, in alto sullo schermo a sinistra, c'era un insistente "Cerco...". «No, cazzo! Ditemi che è uno scherzo!» e lo lasciò cadere tra i sedili. «Fanculo!» continuò a strepitare, aprendo con fatica lo sportello, a causa della neve che si era accumulata all'esterno. Afferrò il berretto di cashmere, che aveva abbandonato sul cruscotto, e se lo infilò prima di uscire, facendo sprofondare i mocassini nuovi -acquistati solo il giorno prima - nella neve. Questa si insinuò all'interno, accarezzando nel contempo la pelle lasciata scoperta dai pantaloni. «Porca puttana!» urlò e chiudendo lo sportello, con un colpo secco che quasi gli fece perdere l'equilibrio, si avvicinò alla parte anteriore della macchina, odiando, passo dopo passo, la neve che imperterrita continuava a venire giù.


Da quanto stava camminando? Daryl non seppe darsi una risposta. Aveva abbandonato la macchina, dopo aver constatato che non sarebbe riuscito in nessun modo a farla ripartire, e si era incamminato alla ricerca di un rifugio per la notte. Si fermò di colpo, stringendosi nel cappotto scuro e guardandosi attorno, provò a capire da quale parte proseguire: alla sua destra di estendeva un fitto bosco che, anche grazie all'oscurità che lo abbracciava, non dava l'idea di essere la scelta migliore, oltre al fatto che i rami spogli sembravano artigli pronti ad avventarsi su di lui; sulla sinistra, un profondo strapiombo, da scartare a priori. Sospirò con forza e si disse che l'unica soluzione era quella di proseguire per il cammino impervio.
Si tolse gli occhiali da sole, guidato dall'illusione che la prospettiva potesse cambiare. «Illuso», si disse, scuotendoli leggermente per togliere la neve che vi si era depositata, prima di asciugare le lenti sui pantaloni di lino, o almeno provarci, dato che questi erano talmente umidi che non servì proprio a nulla. Sbuffando, fece un passo in avanti, incespicando sulla radice di un albero che, coperto dalla neve, non aveva notato e si ritrovò spalmato su quel manto immacolato.
Si rialzò, lasciandosi sfuggire una bestemmia dietro l'altra, quando si accorse di aver perso gli occhiali. «Ne hai ancora per molto, sfiga di merda?» urlò, inginocchiandosi e infilando le mani nella neve. «Un po' di fortuna no, eh?» Le tirò fuori per sfregarle contro il cappotto umido, cercando di scaldarle. Poi riprese nuovamente la ricerca. «Quegli occhiali mi sono costati un occhio della testa, quindi né tu né questa dannata neve di merda mi impedirete di trovarli», aggiunse, spostando la neve come un ossesso. Si fermò di colpo e lasciando affiorare un ghigno soddisfatto, tirò fuori la mancina che, nonostante il tremore, stringeva gli amatissimi occhiali da sole. «Tiè!» esclamò poi, facendo il dito medio a nessuno in particolare. «Neanche un branco di lupi affamati...» Le parole si bloccarono in gola quando avvertì un lungo ululato, che lo spinse a spostare lo sguardo verso un punto imprecisato del bosco.
Deglutì con forza e si rimise lentamente in piedi. «Merda!» e fuggì, senza badare a dove andasse. L'importante era allontanarsi da lì il più in fretta possibile!


«Non appena arriverò a casa, ti strozzerò», mormorò affannato, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Fu nel momento in cui si raddrizzò che notò un'abitazione non troppo distante, con le luci accese al suo interno. «Una casa...?» Strabuzzò gli occhi incredulo, lasciando affiorare un sorriso. «Cazzo, sì!» urlò e corse per raggiungere quel fortunato riparo, sicuro del fatto che nessuno avrebbe potuto rifiutargli ospitalità. Mise piede sulla terrazza in legno e lasciò andare un profondo respiro, prima di togliersi la neve di dosso e avvicinarsi alla porta rossa. Non fece in tempo a bussare che questa si schiuse.
«Scusi il...» Il resto rimase sigillato sulle labbra quando si ritrovò faccia a faccia con la canna di un fucile.

Natale con lo sconosciuto [Su Amazon]Where stories live. Discover now