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«Chi sei?»
Daryl osservò la canna del fucile che l'uomo non accennava a voler abbassare con un certo timore, che iniziò a scemare nel momento in cui posò lo sguardo su mani ben curate e, successivamente, sull'espressione arcigna che accentuava dei bellissimi occhi color ambra. Il fatto che riuscisse ad apprezzarli, nonostante avesse ancora il fucile puntato contro, gli strappò un sorriso, che l'altro non parve gradire.
«Che cazzo hai da ridere?» chiese infatti l'uomo, con una bella voce profonda. «Chi sei e cosa ci fai a casa mia?»
«Una domanda alla volta, amico», sorrise, sollevando le mani.
«Non sono tuo amico», strepitò. «Chi sei?»
«Mi chiamo Daryl Rosales e avrei anche potuto mostrarti un documento per provarlo, ma purtroppo è rimasto in macchina assieme a tutto il resto», mormorò, abbassando una mano per sfilarsi gli occhiali, che però gli scivolarono di mano e finirono in terra.
Lo sguardo di entrambi finì lì.
«Chi sei?» ripeté nuovamente, riportando lo sguardo sul suo viso.
Daryl sbuffò irritato. «Sono Daryl...»
«Ho capito come ti chiami», lo interruppe, «non sono mica imbecille! Ma non è quello che ti ho chiesto». Daryl non comprese. «Cosa vuoi da me?» aggiunse con tono minaccioso.
Daryl si grattò la testa da sopra il berretto umido che aveva ancora su. «A dire il vero, mi sono perso e speravo mi offrissi riparo», disse con sincerità, sperando che questo lo inducesse a capire che non aveva cattive intenzioni. «E magari una telefonata», e gli rivolse un sorriso aperto.
«Credi davvero che basti questo per farti entrare?»
Daryl sospirò. «Ci speravo», ammise nell'abbassarsi per riprendere gli occhiali, seguito in quel movimento dal fucile. «Potresti gentilmente abbassarlo?» chiese, raddrizzandosi e incrociando il suo sguardo gelido. «Sai non è per niente una cosa piacevole ritrovarselo in faccia», aggiunse, rabbrividendo per il freddo, cosa che non sfuggì all'altro.
«Sei solo?» chiese impietosito, sporgendosi oltre la porta per appurare con i suoi stessi occhi che non ci fosse nessun altro.
«Sei un tipo paranoico, eh? Chi dovrebbe esserci? Ti ho detto che mi sono perso», disse spazientito.
«Entra!» mormorò burbero, facendosi da parte, senza però abbassare l'arma.
Daryl inarcò un sopracciglio per quell'improvviso cambiamento. «Non è che vuoi spararmi invocando poi la legittima difesa?»
«Entra, idiota!» ringhiò nell'afferrarlo per il colletto del cappotto e trascinandolo con forza all'interno, lo fece cadere malamente sul pavimento di legno.
«Ahi, che male! Tu sei proprio un uomo violento», borbottò, mettendosi seduto e massaggiandosi la spalla che aveva battuto, mentre l'altro appoggiava l'arma alla parete, giusto il tempo di richiudere a chiave la porta.
Un abbaiare improvviso anticipò la corsa di un giovane siberian husky che finì per travolgere Daryl, il quale si ritrovò steso sul pavimento. Dopo un iniziale smarrimento, quest'ultimo scoppiò in una fragorosa risata.
«Tu sì che sai come accogliere gli ospiti, non come l'uomo senza nome», continuò a ridersela Daryl, mettendosi seduto e ricambiando l'affetto dell'animale.
«Mi chiamo Brody, imbecille!» sbottò nell'incrociarne lo sguardo, che poi spostò sul cane che sembrava fin troppo socievole per uno che solitamente ringhiava contro qualsiasi cosa si muovesse. «Dragon non reagisce mai così agli estranei», borbottò tra sé.
«Dragon...?» chiese Daryl, scettico.
«Hai qualcosa da ridire?» ribatté l'altro, riappropriandosi del fucile che aveva appena appoggiato sulla scarpiera.
Daryl scosse con forza la testa. «No, non mi permetterei mai di offendere chi mi ha così gentilmente offerto riparo», sorrise nel rimettersi in piedi, seguito da Dragon che gli poggiò le zampe anteriori sul petto.


Daryl lanciò un'occhiata alla cucina a vista in rovere scuro, che rispecchiava perfettamente lo stile del salotto su cui si affacciava. Si avvicinò al sofà bianco a ridosso della parete alla sua destra, che donava quella nota piacevole di contrasto. Si trattenne dal buttarcisi sopra, nonostante la morbidezza del tessuto fosse molto invitante, dicendosi che, se solo si fosse azzardato a farlo, si sarebbe nuovamente trovato quel fucile puntato addosso. E forse questa volta l'altro gli avrebbe sparato per davvero, visto che, con i vestiti fradici che ancora indossava, avrebbe potuto rovinarlo. Starnutì.
«Tè o caffè?»
Daryl sollevò lo sguardo e trovò Brody, dall'altra parte della penisola, a fissarlo con un'espressione burbera. Sorrise e si avvicinò con tutta l'intenzione di prendere posto su uno degli sgabelli.
«Cambiati prima di sederti.»
«Come?» Daryl lo guardò senza capire.
«Quella è pelle, vera pelle», disse con tono altero.
«Vedo che la cordialità è un tuo pregio», mormorò, passando le mani sulla seduta dello sgabello. «Vedi, adesso è bello lucido.»
Brody lo ignorò, abbassandosi per tirare fuori due tazze nere da un ripiano della penisola. «Allora, cosa vuoi?»
«Caffè, grazie! Ma non è necessario, davvero. Mi basta fare una telefonata così che qualcuno possa venire a prendermi.»
Brody gli diede le spalle e aprì la credenza accanto al forno, da cui tirò fuori una confezione di biscotti al cioccolato ancora chiusa e una scatola di metallo contenente le bustine di tè, che mise sul piano in quarzo. «Ultima stanza in fondo sulla sinistra», disse, indicandogliela con un cenno del capo.
«Come?» chiese, corrugando la fronte.
Brody gli rivolse un'occhiataccia da sopra la spalla. «La stanza degli ospiti. Fatti una doccia.»
«Non mi serve una doccia ma un telefono», ribatté Daryl, incrociando le braccia sul petto.
Brody si voltò di scatto, tenendo una caraffa di vetro nella mano destra. «Mi stai bagnando il pavimento. È legno di quercia», sbottò, rivolgendogli un'occhiata truce. «Ti conviene fare velocemente se non vuoi essere usato per asciugarlo», ringhiò, per poi aggiungere: «E muoviti che il caffè si fredda». Gli diede nuovamente le spalle.
Daryl gli fissò la schiena. «Potrei benissimo mettermi davanti al camino assieme al tuo cane», mormorò, lanciando una fugace occhiata all'animale sdraiato sul tappeto davanti al camino di mattoni a vista. «E poi fare questa maledetta telefonata, no?»
«Non ho un telefono.»
«Mi stai prendendo per il culo?»
Brody mise la caraffa nella macchina da caffè. «Non mi serve un telefono», disse tranquillamente, aprendo il frigo e tirando fuori il cartone del latte, che poggiò accanto a un piatto preso dallo scolapiatti da lavello.
«Tutti hanno un cazzo di telefono!»
«Io no», rispose semplicemente.
Daryl batté un piede sul pavimento mettendo sull'attenti Dragon, che una volta appurato che si trattasse di lui si rimise giù.
«Hai almeno un portatile?»
«Sì», rispose e Daryl internamente esultò, «ma non ho una linea a cui connetterlo», aggiunse, rispondendo a quella che secondo lui sarebbe stata la domanda successiva.
Daryl si lasciò sfuggire un'imprecazione e si allontanò con passo pesante. Imprecò nuovamente aprendo la porta della stanza degli ospiti e lo fece ancora una volta prima di sbatterla con forza.
«Avrei fatto meglio a lasciarlo fuori a congelarsi» borbottò Brody, mettendo davanti a Dragon il piatto ricolmo di latte diluito con acqua. «Non credi anche tu, amico mio?»
Dragon abbaiò e Brody sorrise, sedendoglisi accanto e osservandolo bere, tese l'orecchio nell'avvertire un borbottio sommesso.
«Speriamo almeno che questa volta non nevichi per due settimane di fila. Non ho nessuna voglia di averlo tra le palle tutto questo tempo.»

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