3. Pulp Fiction (parte 1)

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Pulp Fiction (Pulp Fiction), Q. Tarantino, USA, 1994

***

«Per le lune di Giove!» La vocina acuta irruppe nel silenzio della cucina solo dopo qualche secondo di pausa incredule. «Tu sei Jamie Davies! E tu sei...»

I nostri sguardi saettarono in direzione della voce di Mary, ancora ferma fuori nel portico a discutere con lo sconosciuto che non riuscivamo a vedere. Io e Luke non ci azzardammo a muovere un muscolo dalle nostre rispettive posizioni per evitare lo strillo naturale che d'obbligo accompagnava le nostre apparizioni in pubblico. Solo Adam riuscì a mantenere la lucidità per agire in fretta, anche se in un modo non del tutto appropriato: si fiondò sulla bambina come un avvoltoio e prima che potesse dire un'altra parola, le tappò la bocca con la mano.

«Che cazzo fai, Adam?» sibilai scioccato. Oltre a tutte le storie assurde che inventavano quotidianamente sul nostro conto, ci mancava solo una denuncia per molestie e pedofilia da aggiungere alla lista. «Sei impazzito?»

«Ti prego, bambina, non strillare e non dire niente... ora ti lascerò andare, ma non devi urlare», le intimò con voce calma e decisa.

Oltre la copertura della grande mano di Adam, spuntavano due minuscoli occhi castani sgranati, dalle stesse lunghe ciglia di Mary. Sembrava indecisa se essere terrorizzata oppure perdere i sensi da un momento all'altro. Quando Adam la liberò, con la stessa cautela di un artificiere di fronte a una mina antiuomo, ritrovare la boccuccia infantile ancora socchiusa nella stessa identica posizione di prima mi fece sorridere.

«Siete... davvero... davvero voi?» bisbigliò con una mano sul cuore. «Siete i The Wings? Quelli veri?»

«Sì, siamo noi», bisbigliò Adam.

«Ma io ho tutti i vostri album e anche...» La stretta fronte divenne un cartoccio di piccole rughe e il naso, sormontato da pallide lentiggini, si arricciò. «Ma che ci fate nella cucina della mia mamma?»

«Sei la figlia di Mary?» Ne restai quasi sconvolto.

La bambina annuì. Provò a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa, o qualcuno, ma la figura di Adam le oscurava Luke.

«Jamie, è identica a Mary. Per forza è sua figlia.»

«Voi conoscete la mia mamma?» Il tono stranito che usò si riempì di pura incredulità. Se le avessimo raccontato di essere un trio di alieni, forse avrebbe trovato più semplice crederci.

«Sì, soggiorniamo qui per qualche settimana. Siamo in vacanza.» Mi appoggiai con i gomiti alle ginocchia e mi feci avanti per sorriderle. Di solito, al mio sorriso e allo sguardo collaudato del Ti-prego-non-svenire che usavo in presenza di fan esagitate, tutte si scioglievano. Ma non quella bambina, che mi donò solo una svelta occhiata interrogativa e tornò a occuparsi di Adam.

«In vacanza? Qui, a casa nostra? Perché non siete andati in quei posti al mare dove vi vedo sempre nelle foto su internet? Oppure negli hotel dei ricchi?»

«Ehi, lei mi sta già simpatica», esclamai divertito.

«Dunque», prese a dire scrollando la testa. La questione sembrò farsi seria. Tutta agghindata come una bambola di porcellana nel suo vestitino rosa di volant e pizzi, si prese il mento tra indice e pollice e iniziò a camminare avanti e indietro, misurando l'arco che divideva la cucina dal soggiorno. «Il mio compleanno sarà soltanto a febbraio. Perché mamma vi ha fatto venire qui adesso? C'è qualche ricorrenza speciale? O vi ha chiamato tramite qualche trasmissione televisiva?» domandò nel clou della sua concentrazione, come un piccolo ingegnere alle prese con un grosso problema di calcolo.

TOP SECRET. A love storyWhere stories live. Discover now