Capitolo 31 - Specchi e corvi

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L'aereo aveva superato in scioltezza la catena alpina ed era scivolato a sud, dove ora sorvolava lentamente uno specchio d'acqua scura. I bracci del lago si espandevano in direzioni diverse, infilandosi fra basse montagne ricoperte di alberi quasi del tutto spogli. Era autunno, il vento graffiava la carlinga, il tempo stringeva.
Drusilla sedeva corrucciata sul sedile del copilota, i capelli stretti in una crocchia storta così diversa dall'elaborata pettinatura che solitamente raccoglieva la sua chioma crespa. Gli occhi nero pece erano fissi sulle carte, alla ricerca di un indizio che permettesse al gruppo un atterragio veloce. Era assolutamente necessario risparmiare il carburante.

"Non c'è dubbio che il lago corrisponda al nostro specchio della filastrocca...ma per quanto non sia uno dei laghi più grandi, la zona è comunque ampia."

Octavianus si sporse dal retro dell'aereo verso la parte anteriore dell'abitacolo, cercando di dare un'occhiata alla mappa. C'era un pensiero che lo torturava dalla sera prima, un pensiero che sentiva il disperato bisogno di scacciare. Il silenzio, ovviamente, non lo aiutava. Doveva distrarsi, tenersi occupato, convincersi che il viaggio avesse un senso.

Insomma, possibile che fosse veramente tutto inutile? Possibile che la causa del guasto fosse...

No, non doveva pensarci. Doveva distrarsi. A poco erano valsi i suoi sforzi di intavolare una conversazione con Clelia, che sembrava sempre volersi ritrarre nel suo piccolo spazio di riflessione. Octavianus si era complimentato per la sua bella voce, prima di realizzare che forse avrebbe dovuto rimanere più impressionato dal fatto che la ragazza avesse intuito come risolvere l'enigma del lago sotterraneo. Non poteva farci nulla, però. I suoni lo avevano sempre affascinato come qualcosa di poetico e misterioso, così diverso dai ragionamenti freddi e calcolatori che d'un tratto gli apparivano quasi banali.
"Cos'è quel puntino azzurrognolo lì in basso?" domandò, quasi con noncuranza, alla cartografa. Sperava che le sue osservazioni, per quanto ingenue, potessero stemperare almeno un po' la tensione. Di fianco a Drusilla, Aemilia stringeva nervosamente i comandi e non parlava.
"Una macchia d'inchiostro, si direbbe" replicò la donna, leggermente infastidita.
"Sei sicura? È circondata da un sottilissimo bordo nero, se ci vedo bene."
"A volte lo si fa per decorare in qualche modo l'errore. L'ho visto su alcuni manoscritti. A meno che..." Drusilla estrasse una piccola lente dalla fascia di stoffa ricamata che correva attorno al suo cappello nero. L'avvicinò al foglio, cercando di fare chiarezza. "A meno che non si tratti di una fontana. C'era un vecchio edificio di culto, a poca distanza. Una...chiesa, mi sembra che si chiami così."
Dal retro, Clelia confermò. A sua volta interessata, si avvicinò a sua volta e Octavianus le fece spazio. Sicuramente gli occhi della storica avrebbero potuto vedere cose che quelli di Octavianus non avrebbero nemmeno immaginato.

"Mi chiedo come mai non ci siano altre fontane segnate su questa carta, a questo punto" considerò Drusilla. "Non è normale".

"E se lo specchio fosse la fontana, e non il lago?" Azzardò Octavianus un istante prima che Clelia aprisse bocca.

"A questo punto si spiegherebbe come mai l'autore abbia deciso di riportare soltanto questa, e non le altre" aggiunse la giovane storica. "So che ci sono fontane che nascondono meccanismi idraulici, nella civiltà, anche se ora non vengono quasi più messi in moto. Potrebbe essere una coincidenza, ma..."

"...è la cosa più simile a una certezza che abbiamo" considerò Aemilia, leggermente cupa. "E visto che dobbiamo risparmiare carburante e che questo posto non sembra troppo lontano, possiamo darci un'occhiata. Meglio che rimanere in aria finché il motore si ferma, senza averci provato, no?"

* * *

Il bosco era pervaso da un silenzio spoglio, come se l'aria si fosse improvvisamente rarefatta. Il gruppo avanzava compatto lungo un sentiero tracciato da animali selvatici, zigzagando tra gli alberi secchi che parevano tutti uguali. Ancora una volta, si era deciso che Aemilia sarebbe restata a camuffare e sorvegliare l'aereo, mentre Drusilla avrebbe assunto il ruolo di guida. Dopo un breve battibecco, anche Octavianus aveva ottenuto di unirsi alla spedizione, dal momento che il velivolo non presentava danni che necessitassero delle sue attenzioni. Mentre le due sorelle discutevano a bassa voce, il ragazzo camminava in silenzio, ponderando la medesima serie di eventi per l'ennesima volta. L'orologio, il cui meccanismo sembrava troppo complesso per poter funzionare in un modo solo. L'incapacità dei più validi ingenieri di identificare il danno. Quella serie di indizi ambigui che però si srotolavano davanti a loro in modo sospettosamente facile, almeno per il momento. La meccanica sottile dentro la grotta. E tutte le altre cose strane che aveva visto di persona o sentito riferire. Non era sicuro di essere totalmente padrone dei suoi passi. Gli era dato di decidere, o stava semplicemente scorrendo dentro dei binari predefiniti, senza nemmeno accorgersene?
Fu costretto a interrompere le sue ansiose riflessioni quando Clelia, che camminava davanti a lui, si arrestò di colpo. Octavianus evitò per poco di caderci addosso, ma ancora prima di poter soffocare l'imprecazione che gli era salita alle labbra, la voce gli morì in gola.
Si trovavano ora in uno spiazzo piuttosto pianeggiante circondato da una vegedazione piuttosto fitta. Da un lato, però, I tronchi salivano lisci e slanciati verso il cielo, mentre dall'altra tracciavano spire secche e contorte. Parevano corpi agonizzanti, come pietrificati in qualche modo nell'inutile tentativo di raggiungere il cielo. Poco oltre, invece, stava il grosso tronco di un castagno secolare, coperto di bozzi e cicatrici, ma vivo. Qualcosa, nell'aria, ronzava. O almeno, questa era l'impressione percepita da Octavianus, improvvisamente sopraffatto da qualcosa di intangibile eppure presente, come una forza invisibile che scorreva con l'irruenza di un fiume al disgelo.
Gli occhi delle due sorelle, invece, erano concentrati su delle sagome poco oltre lo spiazzo. Parevano minuscole case di pietra con una nicchia vuota al loro interno, coperte di quella che pareva vernice bianca screpolata. Octavianus, incuriosito a sua volta, ne contò dodici, disposte in due ranghi e a distanza regolare. In fondo al corridoio così delimitato, oltre i tronchi, stava un altro edificio. Era diverso da qualsiasi cosa avesse mai visto nella civiltà. Semplice e molto, molto antico. Il giovane si domandò se fosse saggio avvicinarsi, e fu sollevato dal constatare che Drusilla era scattata in tutt'altra direzione.
Cercando di scrollarsi di dosso le sensazioni contrastanti che l'avevano assalito, si affrettò a seguire la cartografa, ora inginocchiata davanti a una piccola struttura in pietra un po' discosta. Un bacino squadrato di pietra ruvida era sormontato da una specie di colonnina scolpita a figure antropomorfe, alcune delle quali sembravano maschere come quelle che i ricchi indossavano ai balli non ufficiali. Altre erano simili a strani animali. Non c'era acqua che sgorgasse dal rubinetto. La fontana sembrava inutilizzata da troppo tempo.

A pochi secondi dal cielo - NaNoWriMo 2018Where stories live. Discover now