Capitolo 34

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3 giorni dopo l'incidente.

Apro gli occhi, non capisco dove mi ritrovo, distolgo lo sguardo dal soffitto bianco quando sento aprire una porta.

«Buongiorno Signorina, finalmente si è svegliata. Come si sente?» Mi domanda una ragazza giovane, avrà venticinque anni circa. La osservo in silenzio, perlustro con lo sguardo l’ambiente circostante e realizzo di essere in una stanza di ospedale.

«Dove mi trovo?» domando.

«È in ospedale signorina, ha avuto un brutto incidente, è stata in coma per tre giorni.» Lo avevo già intuito di essere all’ospedale, volevo sapere in che città mi trovo ma non importa.

«Nicholas? Dov'è Nicholas? Come sta?» chiedo.

«Si ricorda cosa è successo? Il suo nome?» Mi prende in giro?

«Mi ricordo tutto, le sto chiedendo dove è Nicholas?»

«Senta la facciamo incontrare con una Psicologa prima così vediamo se è tutto a posto.» sto cercando di mantenere la calma ma noto che abusa della mia pazienza.

La giovane infermiera o dottoressa, non so esattamente chi fosse, esce e dopo pochi minuti entra un’altra.

«Buongiorno signorina, senza affaticarsi troppo mi racconti un po' di lei. Così vediamo se ha dei vuoti di memoria dovuti all'incidente.» è uno scherzo credo. Mi guardo intorno per capire se ci sono telecamere. Poi ripongo lo sguardo su di lei.

«Non ho vuoti di memoria, voglio solo sapere dove è il mio fidanzato e come sta?» è l’unico vuoto che sento.

«Prima deve parlare con me poi passeremo al suo fidanzato.» risponde quella che suppongo sia la psicologa.

«Senta dottoressa so tutto di me. Sono Lola Parodi, italiana, ho vent’anni. Ho dei genitori fantastici e un fratello che adoro. Qui in America sono venuta grazie alla danza e al mio fidanzato Nicholas Ryan. Posso sapere dove è? come sta?» rispondo in tono brusco. Nella stanza cala il silenzio che viene interrotto da qualcuno che bussa alla porta.

«Avanti!» dice la dottoressa.

«Buongiorno Lola, sono la mamma di Nicholas» l’immagine di Michelle Stewart si presenta di fronte a me.

«Signora Stewart lo so, la riconosco.» affermo.

«Quindi stai bene?» chiede lei.

«si sto bene grazie. Nicholas come sta?» lei sa sicuramente come sta e me lo deve dire.
Si avvicina alla psicologa e le sussurra qualcosa all’orecchio dopo di che quest’ultima lascia la stanza. Siamo solo io e lei ora. Si avvicina a me.

«Ecco cara, purtroppo il vostro incidente è stato molto grave» esordisce, per poi aggiungere
«Nicholas non c’è l’ha fatta. Ci ha lasciati per sempre.» queste ultime parole sono una coltellata al cuore.

«Cosa sta dicendo? Signora Stewart cosa sta dicendo?» urlo più forte che posso. «lui non può andarsene, me lo ha promesso. Noi abbiamo tante cose da fare ancora. Non è vero. Non può essere vero. La prego mi dica dove si trova Nicholas?»

«Lola stia tranquilla, so che Nick era un ottimo amico per tutti come immagino per lei ma pensi me come madre quanto sto soffrendo.»
Amico! Mordo il labbro inferiore per calmarmi un minimo ma non ci riesco.

«Quale amico signora Stewart? Noi ci amavamo, volevamo vivere insieme.»

«Vivere insieme? Cioè lei ha usato la possibilità che le ho offerto? Non ho parole!» esordisce sorpresa.

«Non ho usato nessuno. Se ne vada da questa stanza.» dico a voce alta. Si avvia per uscire, poi si ferma e aggiunge.

«Non importa. Domani sarà dimessa dall'ospedale, io metterò a sua disposizione una persona che la accompagnerà in Italia. Le farò pervenire le sue cose che stanno a casa di mio figlio e non voglio più sentirla nominare. Addio signorina Parodi.» la osservo amareggiata.

«Nick aveva ragione su di lei.» dico prima che esca.
Sbatte la porta senza considerarmi.

Prendo il cuscino e ci appoggio la faccia per poi iniziare ad urlare e piangere contemporaneamente.

Non può essere vero.

Non può essere successo realmente.

Non può avermi lasciato.

Non può .. non può .. non può continuo ad urlare fino a quando una mano si appoggia alla mia spalla.

È lui. Lo sapevo che non poteva andarsene. Mi volto e due occhi neri, pieni di tristezza mi osservano.
Mi aggrappo al collo di Enrique e un pianto liberatorio si impossessa di me. Continuo a piangere per un tempo interminabile fino ad addormentarmi.

Mi risveglio dopo non so esattamente quanto tempo e vedi Enrique che sta osservando fuori dalla finestra. Dopo qualche minuto si volta nella mia direzione e nota il mio risveglio.

«come ti senti?» domanda.

«vuota. Mi sento vuota.» le lacrime iniziano a rigarmi il volto.

«Enrique è vero quanto ha detto la signora Stewart?» lui rimane in silenzio. Un silenzio che vale più di mille parole.

Continuo a piangere senza fermarmi.
Enrique inizia a raccogliere i miei vestiti e mi soffermo su un pezzo in particolare. Scendo dal letto, afferro la giacca e la indosso. Era di Nicholas, me la diede quella sera, l’ultima volta insieme. Mi avvolgo nel suo indumento alla ricerca del suo calore, sento solo qualche traccia del suo profumo.

Dopo aver finito di raccogliere le mie cose Enrique si avvia per uscire.

«ti lascio da sola. Ci vediamo domani.» annuisco e mi ripongo sul letto.

Mi domando come faccio a continuare a vivere se il mio cuore si è frantumato in mille pezzi.

Mi stringo in me stessa e continuo a piangere.

© TU SEI IL MIO INFINITO #Wattys2019 Where stories live. Discover now