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-𝑽𝒊𝒏𝒅𝒆𝒎𝒊𝒂𝒕𝒓𝒊𝒙


Taehyung spalancó gli occhi alla visione stupefacente che gli si paró davanti.

Jungkook, con sguardo supplichevole e lucido, segno di lacrime ormai asciutte sulle sue guance, incombeva sulla porta come un fiore bellissimo e fragile, tant'è che, alla sua intima preghiera di suonare ancora, Taehyung sentì il suo cuore sbriciolarsi in mille pezzi.

- Jungkook - Taehyung riuscì a dire solo quello. Sospirando il nome di quel fiore con gli occhi così grandi da scavargli l'anima.

Ti prego, suona ancora per me.

L'argenteo non aveva problemi a riconoscere una persona sconvolta quando ce l'aveva davanti. Tutto in Jungkook sembrava gridare salvami, aiutami, ascoltami.

Ascolta il mio dolore.

- Entra - il violinista si fece da parte, scostando la porta così da farlo entrare nel salotto.

Il moro sembrava posseduto da una profonda calma, una calma che Taehyung conosceva bene, quella che ti soffoca lo spirito quando non hai più forze per continuare a lottare, quell'estremo stato di ombra perenne, che come tale, non riusciva a modellarsi sulle forme di un cuore oramai distrutto.

- Taehyung - sussurró Jungkook. Lo guardava costernato, come se nemmeno lui capisse cosa diavolo ci facesse lì, a tarda serata e con una ridicola richiesta di sentirlo suonare ancora.

- Vieni con me - l'argenteo non ci pensó due volte a far scivolare le dita nel palmo di Jungkook, stringendo la presa su quella mano così bianca e fredda, cercando di trasmettergli un po' del calore che si meritava. Voleva che Jungkook avesse un appiglio a cui aggrapparsi, qualcosa a cui attaccare le sue speranze, uno stupido contatto, un qualcosa.

Accompagnó Jungkook nella sua stanza, immersa nel buio, rischiarata solo dalle pallide stelle del cielo e dalla luna. Lo fece sedere sul suo letto, facendo in modo che fosse il più comodo possibile e poi si allontanó, posizionandosi al centro della stanza.

- Vuoi che io suoni per te? - domandó Taehyung, con il violino e l'archetto in mano pronti ad essere utilizzati.

- Perfavore - mormoró il ragazzo seduto sul suo letto. Non aveva idea del perchè di quella richiesta, ma non gli importava, le domande le avrebbe fatte dopo.

L'argenteo posizionó l'archetto sulla corde e cominció la sua danza.
Non aveva idea di cosa suonare, cosa riprodurre, chè in quella situazione non sapeva se fosse stato meglio suonare qualcosa di allegro per rasserenarlo o qualcosa di eternamente triste per assecondare il suo animo disperato.

Taehyung smise di arrovellarsi quando vide le palpebre chiare di Jungkook abbassarsi e nascondere così le sue iridi scure, lasciandosi andare al canto della rinascita.

Anche Taehyung si lasció andare e non capì più se stesse suonando per sé stesso o per Jungkook, perché incredibilmente la melodia sgorgava fuori dalle mani del violinista solo per finire nel cuore del moro.

Era come aver imbottigliato l'uragano di quella tempesta silenziosa che era Jungkook.

Era come se l'argenteo stesse dando voce al suo dolore, ogni segreta preghiera agli astri celesti; era come se lo conoscesse da sempre, che nella sua esistenza non avesse fatto altro che cantare le misere sofferenze di Jeon Jungkook.

Il moro sospiró profondamente alle note dolci di quella melodia struggente.

Era come assorbire l'essenza della vita stessa, esattamente come fa il terreno avido con la pioggia e allo stesso ritmo della pioggia che cadeva, le lacrime di Jungkook si asciugavano e poi riprendevano a scendere, perché non era facile rimanere impassibili di fronte a un salvatore che pulisce i peccati di un'anima in pena.

𝘖𝘶𝘳 𝘓𝘢𝘴𝘵 𝘋𝘶𝘦𝘵 || 𝑽𝒌𝒐𝒐𝒌 Where stories live. Discover now