Capitolo 27

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Trent'anni prima.

«Chris, stiamo solo aspettando te!» le urla di mia madre, Victoria, non smettevano di risuonare tra le pareti della grande casa.

Ruotai gli occhi infastidito, era davvero troppo insistente e probabilmente da un momento all'altro le avrei urlato di smetterla.

«Si arrivo!» esclamai con un fastidio decisamente palpabile, appena avrei incontrato il suo sguardo le avrei lanciato un'occhiataccia.

Mi alzai dalla mia postazione preparandomi mentalmente alle lamentele che sarebbero ben presto arrivate da parte di mia madre.

Raggiunsi tutta la famiglia nell'enorme sala da pranzo e li vidi sorridere e scherzare tra loro, come se la nostra fosse una normalissima famiglia di città.

Abbassai lo sguardo tristemente fissandoli.

Mancava una persona all'appello e non sapevo se l'avrei mai vista in questi panni.

«Chris, ti sembra adeguato farci attendere sempre così tanto?» sbottò irritata mia madre una volta che li raggiunsi svogliato.

Sollevai gli occhi al cielo, non ne potevo più del suo continuo e insistente lamentarsi, era intollerante, però la adoravo comunque.

«Ero indaffarato.» Noel mi guardò alzando un sopracciglio.

Adoravo davvero tanto mio cugino, era come un fratello e occupava un po' di quella mancanza fraterna che sentivo costantemente.

Ricambiai il suo sguardo e gli sorrisi, facendogli intendere che ne avremmo parlato in seguito.

Jacob prima di prendere parola lasciò un tenero bacio sulla guancia di sua moglie Dayanne e si alzò, così calò il silenzio in sala.

«Ho controllato la situazione proprio qualche ora fa.» iniziò a dire e immediatamente il mio udito divenne sopraffino.

Non era necessario regalare dettagli in merito, avevamo già tutti capito di chi si trattava.

Non c'era nulla che mi interessasse di più in quell'istante, se non lei.

«Quindi? Novità? Tutto bene?» domandai senza prendere fiato.

Mia madre, che era seduta di fronte a me, mi guardava con una dolcezza inaudita e con un po' di compassione.

Sapeva che la mia mancanza sarebbe stata incolmabile finché non l'avrei abbracciata.

Lei capiva le mie sensazioni, aveva perso anch'ella una persona che amava, e proprio per questo a volte si perdeva nella tristezza dei suoi ricordi.

Al pensiero di mio padre, Osiride, provai un fitto senso di nostalgia.

Ma non era equiparabile a quello che provavo per l'altra mia consaguinea, in fondo con mio padre non avevo mai avuto un rapporto particolarmente docile e affettivo.

Era molto limitato sotto ogni aspetto, le poche parole che ci dedicavamo erano puramente basate su contesti lavorativi e informazioni principali, ma fortunatamente questa situazione non mi aveva mai fatto soffrire, con il tempo ci si abitua.

Post Fata Resurgo - L'ultima FeniceWhere stories live. Discover now