𝟏.𝟓 ━ 𝐂𝐇𝐀𝐏𝐓𝐄𝐑 𝐅𝐈𝐕𝐄

131 18 13
                                    

Svegliarsi freschi e riposati non è certo una cosa possibile, ma quel giorno, stranamente, e dico stranamente, Steve Rogers si era alzato presto e riposato come non mai. Cosa che non succedeva da settimane, anzi, da mesi!

Mentre la sua famiglia dormiva, aveva approfittato per andare a fare una delle sue corse mattutine. Aveva perso l'abitudine di andare a correre al sorgere dell'alba.

Quelle solite passeggiate che si fanno lungo il lungomare di Malibu, di solito si percorrono con la musica giusta, la playlist per darsi la carica la mattina presto. Peccato che Steve Rogers non era tipo da queste cose. Lui non si preparava le playlist per andare a correre la mattina. Così quella mattina, per essere accompagnato dai Rolling Stones, dai Queen e dagli Aerosmith, decise di prendere il cellulare di Victoria che conteneva migliaglia di canzoni. Rigorosamente protetto da una combinazione, di cui Steve era a conoscenza, il telefono di Victoria era immacolato.

Però Steve non era resistito alla tentazione di leggere le sue chat. Ben poco aveva trovato: la chat con sua sorella, con Tony, con la madre.

La conversazione che Victoria aveva tenuto con Claire era forse la più interessante, e che interessava di più a Steve.

Steve si fermò, si tolse le cuffiette e iniziò a scorrere la loro chat. Victoria aveva ben informato la madre su quello che stava succedendo ultimamente. I dettagli non mancavano, non era da Victoria farli mancare. Era, però, il nome "Aaron" che aveva incuriosito il capitano. Lui ricordava che più di un decennio indietro, sua suocera gli aveva raccontato di questo Aaron. Era il famoso "terzo agente", colui che non era mai tornato da una delle più importanti missioni dello S.H.I.E.L.D., una vergogna.

Il povero Aaron Richards era stato "abbandonato" dai genitori di Victoria — che all'epoca erano due dei migliori agenti dello S.H.I.E.L.D. —
nella centrale nucleare a Chernobyl, dove undici anni prima c'era stato il famosissimo incidente.

Il fatto che Victoria non aveva avuto la minima intenzione di parlargliene era quello che l'aveva scosso di più. Il povero Steve messo all'oscuro dei terribili segreti che la sua famiglia si portava dietro.

Lasciò perdere quella conversazione ma ne rimase comunque turbato. Continuò a correre con gli auricolari nelle orecchie — anche se non ascoltava musica, li teneva senza uno scopo preciso. Non sentiva il bisogno di ascoltare nessuna cosa adesso, voleva soltanto pensare — fino ad arrivare all'appartamento in cui lo S.H.I.E.L.D. aveva sitemato i tre mutanti.

Giacevano in un normale appartamento, certo c'erano tante cose a loro sconosciute dato che appartenevano ad un'epoca differente, ma si adattavano. Steve era tentato di bussare alla loro porta, sicuro che alle sei e quarantasei di mattina fossero svegli.

Si pentì di aver allungato la sua corsa mattutina e, a passo svelto, si incamminò per tornare a casa.

Mentre correva, e nelle sue orecchie finalmente si udiva "I'm Alright" dei Rolling Stones, una chioma bionda lo raggiunse.

«'Giorno capitano!»esclamò toccando la spalla al fusto. Lui si girò di scatto e, immediatamente, si levò gli auricolari dalle orecchie.

«Raven, che piacere vederti» disse con la faccia di un clown. "Piacere" non era proprio la parola giusta.

«Ero sul balcone e... insomma ti ho visto... e poi sei scappato.» Disse la mutante imbarazzata. Steve annuì passandosi una mano dietro il collo, era imbrazzato anche lui. Non sapendo come continuare la conversazione — siccome tra la mutaforma e il centenario si era creato un silenzio imbarazzante — Steve ripensò a quaando aveva conosciuto la donna e i suoi amici. Charles, Erik e Raven in cerca di Jean Grey. Steve non sapeva minimamente in cosa si sarebbe cacciato. Anzi no, sarebbero arrivati a questo punto anche senza il suo flirt con Jean Grey. Steve non conosceva nemmeno il cognome di Jean, e forse, era meglio così. Sapeva che si chiamava Jean e che non era esattamente di lì e basta, solo l'essenziale. Quel pomeriggio Steve conobbe Jean e coloro che la stavano cercando. Non conosceva il perchè, ma se l'avesse saputo, in quel momento non si starebbe facendo mille domande.

«Alla fine... siete riusciti a trovare Jean?» domandò, non era curioso, affatto. Non gli importava, ma doveva comunque fare conversazione. Magari avrebbe tolto a Raven qualche dettaglio sul perchè erano venuti a cercare proprio loro cercando aiuto — siccome Charles ancora non si decideva a dire nè a lui, nè a Victoria, perchè erano andati a cercare il loro aiuto —.

Raven sospirò, riprese a camminare e Steve la seguì a ruota. La bionda guardò in basso e poi di nuovo guardò Steve. «E' una lunga storia» Raven mentiva, non ci voleva niente per raccontare a Steve come stavano le cose.

Steve alzò le spalle. «Te l'ho detto Raven, ho tutto il giorno libero.» La donna tirò la testa indietro e sospirò. Lei si fermò d'un tratto e fece retro-front, pronta per ritornare a casa, sorrise e posò una mano sulla spalla dell'uomo accanto a lei.

«Parlane con il Professor X, lui saprà aiutarti. Anzi, questa sera venite nel nostro orribile appartamento, sono certa che Charles vi dirà tutto.»






———SONO UN CLOWN, lo sapete.
è un capitolo di passaggio ( e inutile ) perché mi sono resa conto che avevo programmato solo sette capitoli per l'atto uno e quindi me ne serviva uno, ta daaan ! in più apprezzate il mio sforzo a non aggiornare di lunedì.
be' spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e ci vediamo al prossimo capitolo !

𝐍𝐎𝐍 𝐄' 𝐔𝐍 𝐀𝐃𝐃𝐈𝐎 ─ steve rogers ²Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora