𝟏.𝟔 ━ 𝐂𝐇𝐀𝐏𝐓𝐄𝐑 𝐒𝐈𝐗

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«Charles, non è che potresti ripetere... giusto per sicurezza?»

Victoria era l'impossibile.
Forse lo faceva per provocare o perché era veramente demente, questo era ancora da vedere.

Il telepate aveva spiegato loro quasi tutto ciò che dovevano sapere, nei minimi dettagli e Victoria si ostinava a chiedere di ripetere. Sicuramente i mutanti in quella stanza non sapevano che avevano a che fare con Victoria Rogers, la donna più rompiscatole d'America.

Charles sospirò e Erik, che era accanto a lui, alzò gli occhi al cielo e si passò una mano sulla fronte. Victoria sorrise, quasi era contenta facendo esasperare Charles ed Erik.

«Vi prego prestate attenzione — "di nuovo" avrebbe voluto aggiungere Charles, poverino, stava ripetendo la stessa cosa per la seconda volta — ne va della vita di tutti qui. Soprattutto tu Victoria.» Raccomandò Charles prima di prendere un respiro profondo e iniziare a raccontare.

«Anni fa, quando abbiamo tentato di cercare Jean nel vostro mondo, grazie a Cerebro — una macchina che serviva ad amplificare i poteri di Charles, l'aveva progettata nei loro anni '60 lo scienziato Hank McCoy, un mutante proprio come loro —, abbiamo trovato non solo Jean, ma altri due mutanti: Aaron Richards...» Charles fu fermato da Victoria che, avendo udito quel nome, era già in allerta. Piegò la testa e alzò le sopracciglia, Charles pensava seriamente di mettersi Aaron contro?

«Oh Charles, se si tratta di Aaron avete contattato le persone sbagliate. Potresti parlarne con i miei genitori piuttosto, guarda se vuoi ti do il loro numero.» Consigliò la bionda tentando di lavarsene le mani e finire la loro vacanza in totale relax.

Victoria ormai sapeva dove Charles stava andando a parare, sapeva di Aaron, sapeva fin troppo. Quanto odiava essere a conoscenza di tutti quei problemi che la sua famiglia si portava dietro da decenni. "Aaron Richards" doveva essere un capitolo chiuso per gli Smith che si portavano segreti da anni, infatti, non era Victoria che doveva parlare con i mutanti a proposito di Richards, ma i suoi genitori. Claire e William erano le ultime persone che avevano visto Aaron, vivo o morto.

«Non è questo il punto Victoria» intervenne Fury. Seduto a quel tavolo con la sua solita espressione, scrutava per bene tutti i presenti, guardandoli con aria di superiorità.

Charles mosse la testa e, lui e Fury, si scambiarono un'occhiata d'intesa, sembravano — anzi, forse lo erano — gli unici a capire tutto di quelle conversazioni.

«L'altro mutante che abbiamo trovato sei tu, Victoria. La tua malattia non è una malattia... come dire? E' una mutazione, o almeno la prima parte.» Charles, grazie alle sue parole, si guadagnò uno sguardo schifato da Victoria, sicuramente perchè aveva nominato la sua malattia.

Era forse la cosa che detestava di più al mondo, dopo la pubblicità si Spotify. Anche quando Steve osava nominargliela, oppure fare un casuale riferimento ad essa, riceveva sempre occhiatacce e sguardi arrabbiati da parte di sua moglie. Stessa cosa faceva Victoria con Tony, il suo migliore amico o "uno dei suoi esseri umani preferiti".  La sua malattia era da dimenticare. Sempre più raramente accadeva che lei "la mostrasse" in pubblico, e le volte in cui il suo problema veniva alla luce erano rare nell'ultimo periodo.

Victoria ricordò quando chiese alla sua migliore amica di portarla dal medico, le scoppiava la testa, dentro questa provava milioni di emozioni diverse, di persone diverse. Era il duemilasei quando iniziò a manifestare i sintomi "della malattia degli empatici", chi avrebbe mai detto che quella in realtà era una mutazione? Imparò a controllarla, a controllarsi, e fu anche a causa di questo che divenne più acida e fredda, anche se, ultimamente, si stava scongelando.

«Victoria, se ti impegni, riuscirai a diventare una telepate anche tu.» disse Charles in tono fiducioso, incoraggiante. La donna lo guardò male. Poi si voltò verso Steve che le aveva annuito.

Lui credeva alle parole di Charles? Certo che sì. Aveva visto lui stesso il potere di Charles, si vedeva che era un brav'uomo e, soprattutto, Steve credeva che le sue non fossero solo balle. Sperava che anche sua moglie iniziasse a credere.

«Charles, io ne dubito. Io non riesco, non sono come voi. Sono semplicemente una comune donna» disse, forse Victoria non aveva mai detto una frase del genere. "Sono solo una donna", lei non era così umile. Lei si considerava forte, lo era e lei lo sapeva. Non si sarebbe lasciata scappare quell'occasione di vivere una nuova avventura, la loro ultima avventura. Aveva deciso con Steve che avrebbero aiutato gli X-Men ma ancora non riusciva ad accettare il fatto di essere come loro. Non le era mai passato dall'anticamera del cervello di avere un potere sovrannaturale.
Quella, quel "Sono solo una donna" era forse la cosa più umile che Victoria avesse mai detto in vita sua.

«Victoria — Charles pronunciò il nome della Donna come per richiamarla alla realtà —, Aaron è tornato. Si sta alleando con Jean. Vuole... vogliono distruggerci. Dobbiamo fermarli.» disse l'uomo, pronunciò l'ultima frase come se fosse fiero della missione che stava per compiere. Sì, perché lui, anzi, loro avevano un piano.

La bionda sapeva che se Aaron Richards era di nuovo in circolazione, c'era da preoccuparsi.

Da quello che aveva letto, nel fascicolo di Aaron, prima dell'"incidente" era folle, uno psicopatico ma allo stesso tempo furbo e con talento da vendere.
Una delle tante ragioni per cui lo S.H.I.E.L.D. lo aveva scelto come agente. E diamine se era bravo! Uno dei più bravi, insieme ai genitori di Victoria, degli agenti che lo S.H.I.E.L.D. aveva negli anni '90.

Quando Victoria conobbe Aaron per la prima volta aveva circa sette, massimo otto, anni. Quella fu l'unica sera che passò con lui. Prima che morisse, oppure, che si ipotizzasse la sua morte. Dopo quel '96, di Aaron Richards rimaneva, oltre alla miriade di cartelle e fascicoli, soltanto il ricordo.

«Nick — forse Charles era l'unico in quella stanza che l'aveva mai chiamato per nome, gli altri si limitavano a "Fury" — ci ha spiegato poco e niente riguardo all'incidente. Speravo tu potessi soddisfare la nostra curiosità.» aveva detto la parola "nostra" proprio perché sapeva che oltre a lui, e lui soltanto, anche Steve moriva dalla voglia di sapere quella famosa storia. Erano tanti anni che Rogers aspettava che sua moglie si aprisse con lui.

Forse lei aveva solo paura di parlargliene, forse Victoria considerava il fatto che "meno sai, meglio stai".
Voleva solo proteggerlo, ed effettivamente, lo faceva in maniera sbagliata.

Victoria, che si era ormai decisa, accavallò le gambe, chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e si spostò i capelli tutti da una parte. Riaprì gli occhi e prese la mano, stringendola alla sua, di suo marito.

«Bene, è il momento di vuotare il sacco — desse Victoria guardando Steve. Poi posò lo sguardo verso Charles ed Erik —, mettetevi comodi, perché questo non sarà un racconto breve.»

𝐍𝐎𝐍 𝐄' 𝐔𝐍 𝐀𝐃𝐃𝐈𝐎 ─ steve rogers ²Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora