Capitolo 6: Johnny reclama attenzioni

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<< Bionda, ti meriti una bella lezione. Da quando ti prendi cura di quella ragazza non hai più tempo per noi>>, disse Kara sorseggiando il suo Campari seduta in uno dei tavoli del Belvedere: un locale con una gran veranda esterna dove poter prender posto sia in estate che nei periodi più freddi.

<< Mi farò perdonare, ve lo prometto ma per adesso il lavoro mi chiama e pretende la mia presenza!>> rispose lei di rimando all'amica che, un po' delusa, continuò a gustare il suo aperitivo come fosse una rara prelibatezza nei trentasette gradi che caratterizzavano il caldo umido della zona.

Kara era una grande amica, piena di sani principi: una persona su cui poter sempre fare affidamento. Era un tipo gioioso e forse anche un po' ingenuo.

Si conoscevano fin dall'asilo con Alice e ciò che le legava era un rapporto più che solido.

Ma, oltre le qualità che le caratterizzavano il carattere e che avevano permesso alle due donne di trovarsi in sintonia e di maturare negli anni il loro gran rapporto, la bruna aveva un gran difetto: alcune volte risultava essere parecchio ossessiva e fastidiosa, soprattutto quando desiderava a tutti i costi qualcosa.

Lavorava nell'azienda di famiglia, anche se lavoro per una come Kara era un parolone. In realtà, viveva delle rendite dei genitori mentre a lei interessava solo lo shopping, le discoteche e il divertimento sfrenato.

Al contrario delle apparenze, però, era una di quelle ragazze cosiddette pudiche, a volte parecchio pesanti, che vivevano il sesso o parole troppo spinte come un tabù. Si dissociava, infatti, quando gli amici prendevano certi discorsi. Sembrava, addirittura, quasi infastidirsi.

Per esempio, l'argomento ciclo non doveva essere minimamente sfiorato in sua presenza.

Con lei si poteva parlava solo e unicamente per metafore. Per questo motivo Johnny era ben accetto; solo perché battezzato con un vero e proprio nome.

Ma Alice, in fondo, era cosciente del fatto che questa ristrettezza mentale non era dovuta al carattere schizzinoso dell'amica quanto, invece, alla rigida educazione che le tutrici le avevano impartito da bambina.

Lei era così: aperta a ogni tipo di divertimento che però non superasse la soglia del pudore.

E pub e discoteche o luoghi in generale, dove il fracasso della gente faceva da padrone, erano il suo habitat ideale.

E non che Alice fosse contraria alle serate di puro e sano svago, tuttavia non lo reputava il momento adatto per festeggiare o per divertirsi, soprattutto quando, nel suo reparto ospedaliero, una ragazza lottava ogni notte contro i suoi incubi peggiori.

Preferiva badare a Naike piuttosto che perdersi in sere leggere con i suoi amici.

Il motivo?
Si sentiva molto affine a quella ragazza.

E quel forte legame era tenuto saldo da una situazione che le accomunava: entrambe erano cresciute senza genitori.

Ma le dissociava una non sottile differenza: Alice aveva avuto la fortuna di maturare negli anni grazie alle amorevoli cure di sua nonna. Naike invece era stata consegnata a una casa famiglia ancora in fasce e proprio per questo motivo non aveva mai ricevuto le attenzioni affettuose che un bambino di solito trarrebbe dai propri familiari. È vero, non le mancava nulla all'interno della struttura ma niente avrebbe mai potuto sostituire l'amore di una famiglia.

IL TAGLIACARTE (Completata)Where stories live. Discover now