If should this mean the start you switched my faith

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Per due lunghi giorni rimasi nel mio letto, sentendomi accaldato e infreddolito allo stesso tempo. Ero immerso nelle coperte e il ventilatore ronzava vicino a me, mandando aria quasi fresca contro il mio viso.
Avere la febbre in estate faceva schifo.

Mi rigirai nel letto, cercando di trovare una posizione comoda fin quando non sentii la porta della mia minuscola camera aprirsi.

"Tesoro, sto andando al lavoro. Come stai?"

La voce flebile e dolce di mia madre raggiunse le mie orecchie. Sollevai le palpebre per guardare la sua figura e borbottai qualcosa di incomprensibile contro il mio stesso cuscino.
La testa mi faceva ancora un po' male ma mi sentivo meno accaldato, forse la febbre era scesa del tutto.

"Un po' meglio", riuscii a dire, ancora mezzo addormentato.

"Meno male. Ci vediamo stasera", disse con un sorriso prima di chiudere la porta.
Mi passai le mani sul viso, sentendo un gran bisogno di lavarmi e mandare via il sudore della notte.
Scivolai fuori dalle coperte e mi spogliai, entrando poi nell'unico bagno della casa, piccolo e pieno di macchie dell'umido negli angoli del soffitto. Mi infilai nella doccia e ci rimasi parecchio tempo, godendomi la sensazione dell'acqua sulla mia pelle. Sapevo che il giorno dopo sarei dovuto tornare a lavoro e avrei incontrato nuovamente Eren.
Il pensiero mi infastidì perché non avrei mai trovato una soluzione al problema fra di noi.

Uscii dalla doccia e avvolsi un asciugamano attorno ai fianchi prima di tornare in camera. La suoneria del mio cellulare mi accolse così risposi senza neanche controllare il mittente: mossa stupida.

"Levi, dove sei?", la voce preoccupata di Petra raggiunse il mio orecchio. Non la sentivo da troppo tempo e il suo suono fu piacevole.

"A casa, perché?", chiesi confuso, raggiungendo il mio armadio per potermi mettere un paio di boxer. Inclinai la testa e tenni il telefono fra il mio orecchio e la spalla.

"Sono in piscina ed Eren mi ha detto che non stavi molto bene. Ti ammali raramente e mi sono preoccupata", si spiegò, calmando la sua agitazione. Petra teneva più a me che a se stessa. Mi pentivo di aver permesso che le cose fra di noi si rovinassero dopo tutti i momenti che avevamo condiviso.

"Ho preso il virus che girava in città ma ora sto meglio, tranquilla", dissi dopo essere riuscito a mettere i boxer. Cercai una maglietta pulita e dei pantaloncini comodi.

"Uhm, meno male...", mormorò nervosamente, "posso venire da te?", domandò qualche secondo dopo.

"Si, certo", risposi quasi subito. Avevamo davvero bisogno di parlare e volevo rimettere le cose al loro posto, tornare ad uscire con lei perché mi mancava fottutamente tanto.

"Okay, a dopo."

"A dopo."

Chiusi la chiamata e finii di vestirmi per poi decidere di mettere in ordine la mia camera. Odiavo vedere tutto fuori posto ma la febbre mi aveva tolto ogni forza. Sistemai il mio letto e spensi il ventilatore per evitare di spendere altri soldi in corrente.

Raggiunsi la cucina, trovando una tazza di caffè nero e un toast che addentai immediatamente. Non mangiavo decentemente da quando mi ero ammalato.

Non dovetti aspettare molto prima di sentire il campanello suonare e così mi alzai per aprire la porta, trovandomi davanti Petra. Le sue braccia esili avvolsero il mio collo e mi strinse in un abbraccio che non mi aspettavo.
Poggiai le mani sulla sua schiena, avvolto dall'odore del suo lucidalabbra così familiare - forse un po' troppo - e la strinsi a me a mia volta. Il contatto fisico con lei era accettabile, mi era addirittura mancato.

A swimming pool, you and I (Ereri-Riren)Where stories live. Discover now