34th Chapter

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34

Louis sbattè con forza la porta della auto, bloccandola con il telecomandino e dirigendosi verso l’ingresso di quella che una volta chiamava casa.

Aveva rimandato più e più volte quel momento, ma ora era davanti al portone, pronto a parlare con suo padre, non poteva più aspettare.

Non appena sentì la porta aprirsi, alzò lo sguardo, incrociando quello di sua sorella Lottie, con un sorriso sghembo sul viso.

Senza proferir parola la sorpassò, entrando nel corridoio che l’avrebbe portato direttamente verso lo studio del padre.

Prima di bussare alla porta si schiarì la voce, ripassando mentalmente il discorso che si era preparato durante tutto il viaggio in macchina.

Aprì la porta, davanti a sé si aprì l’unico scenario in cui aveva sempre dipinto suo padre, il posto dove stava sempre, dove si rinchiudeva in ogni ora del giorno.

“Figliolo, siediti pure!” esclamò, probabilmente ignaro del motivo per cui suo figlio gli avesse fatto visita. D’altronde era una cosa abituale e non avrebbe mai potuto immaginare che si trattasse di una faccenda così vecchia.

Louis con un paio di falcate raggiunse una poltroncina adiacente a quella di suo padre, ancora una volta si schiarì la gola, segno che era pronto.

“Come va il lavoro Louis? Theresa mi ha detto che non stai ricevendo molti clienti ultimamente” il suo tono era severo, totalmente diverso da quello utilizzato solo pochi attimi prima.

Lo stesso tono che un genitore usa per sgridare il proprio figlio dopo un brutto voto a scuola, lo stesso tono che una madre usa per il troppo disordine in camera o per una marachella.

“In realtà non è di questo che volevo parlarti” Rispose, più freddo che mai.

I loro occhi erano fissi ognuno in quelli dell’altro e Louis si prese qualche secondo.

“Lo scorso sabato in studio è venuta a trovarmi una persona che conosci molto bene, papà” enfatizzò l’ultima parola, quasi in modo ironico.

L’uomo si sistemò meglio sulla sedia, senza aggiungere nulla.

“Jenny.” Non aggiunse altro, un po’ perché non voleva ricordare ancora una volta tutto quello che insieme avevano tramato, un po’ perché non ce n’era bisogno. Lo sguardo del padre era turbato, disturbato.

Dopo tutti questi anni non pensava potesse più venire allo scoperto, invece l’aveva fatto, proprio con le proprie gambe.

“Figliolo, abbiamo solo fatto la cosa migliore, Jenny non faceva per te ed anche lei lo sapeva, sono stato piuttosto generoso a dargli quel compenso” Quelle parole vili non fecero che disgustare ancor di più l’animo del figlio, che in quel momento, aveva assunto un’espressione totalmente disprezzante.

“Ma ti senti? Chi l’ha detto che non facesse per me? Perché non hai pensato ai miei sentimenti invece che alla mia immagine, eh?” Si alzò dalla sua poltroncina, alzando il tono di voce.

Sentì un tonfo dietro alla porta, segno che qualcuno stesse origliando.

“Non voglio parlare di questo adesso, sabato scorso è venuta da me presentando il mio presunto figlio! Hai visto cosa hai creato? Una tipa come lei dopo che le hai dato la mano si prende il braccio, e hai messo me di mezzo, me e Alison!” Il suo nome gli uscì di bocca come se fosse la cosa più naturale ed ovvia del mondo.

“Allora è vero quello che mi ha detto Lottie!” Anche il padre si alzò in piedi, ignorando totalmente il discorso che il figlio aveva fatto e per cui si era sgolato.

“La voglio qui, questo sabato, assolutamente!” incalzò, prendendo il figlio per le spalle con una finta espressione estasiata.

“Ma sei serio? Puoi scordartelo!” Il ragazzo si strattonò dalla sua presa e cominciò ad innervosirsi sempre di più.

“Non voglio alcuna obbiezione, capito? Non mi interessano i tuoi piagnistei, ora pensiamo al futuro” Louis non finì nemmeno di ascoltare la frase che uscì dall’ufficio, facendo perdere l’equilibrio alla sorella dietro alla porta.

Un mix di stanchezza, nervosismo e afflizione lo invadeva dalla punta dei piedi ai capelli, strinse i pugni, mentre raggiungeva la sua macchina.

Non importavano i suoi sentimenti, non importavano tutti gli ostacoli che aveva dovuto superare, non importava a nessuno se non ad Alison.

Era solo la loro stupida gallina dalle uova d’oro e non poteva scappare in alcun modo.

Strinse il volante e vi ci poggiò lievemente la testa, cercando di calmarsi.

Non poteva trascinare Alison in tutto questo, non l’avrebbe portata a quella cena.

Non poteva farle questo.

Alison gli carezzava i capelli, mentre pensieroso il suo ragazzo guardava davanti a sé ipnotizzato, ormai perso nei suoi pensieri.

Aveva provato a smuoverlo più e più volte in tutti i modi, ma sembrava non voler reagire, nonostante dopo quel pomeriggio in caffetteria sembrasse rigenerato.

Immaginava fosse per qualche altro motivo, anche se scarseggiava di idee.

Sospirò, rassegnata, ranicchiandosi vicino a lui e portando le ginocchia vicino al suo petto.

Sentì la mano di Louis raggiungere la sua schiena e percorrere le ossa sporgenti della sua spina dorsale, sorrise lievemente per il solletico che le stava procurando.

Pigramente, mugolò qualcosa senza proferire parola, protestando metaforicamente.

Sentì una leggera pressione vicino a sé, segno che il ragazzo si stesse muovendo.

Aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre, quando vide i due occhioni di Louis davanti a sé sussultò.

Il ragazzo gli lasciò un piccolo bacio sulla nuca, prima di tornare dritto.

“Ali…senti” la sua espressione era preoccupata, Alison si stava preparando velocemente al peggio.

Lo guardò, alzandosi dalla posizione precedente.

“Che succede?”

“M-mio…” balbettò, subito dopo ingoiò rumorosamente, spostando lo sguardo verso un altro punto della stanza.

“Mio padre vuole conoscerti, Alison”

 HELLO EVERYBODYY

Come state? Come sta procedendo questa settimana? Noi siamo assolutamente stufe di andare a scuola, come credo tutti gli adolescenti del mondo inteero.

Anyway vi sentiamo fiacche, non ci considerate più come una volta ç.ç

Forza, fatevi sentire!

We love you (solo chi ci caga gne)

Lucrezia e Chiara <3

Close As Strangers // Louis Tomlinson FanfictionWhere stories live. Discover now