# - Il tempo per dormire (3/3)

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La ragazza alzò lo sguardo e vide il muso del Dio che puntava in basso, verso di lei. Non seppe mai se le avesse davvero letto i pensieri o li avesse solo intuiti.

"Intendi, battiti del cuore?" domandò, deglutendo, cercando di suonare distaccata e affatto coinvolta dalla situazione.

"Mm. Posso contarli, per ogni mortale. I tuoi sono ancora numerosi."

Caterina sorrise, non così sicura di potergli credere. Aveva la sensazione che gli Dei si vantassero spesso di cose che non sapevano affatto.

"Credo che tu mi stia facendo troppi spoiler sulla mia mortalità, Anubi. Non è molto divino questo comportamento. Non avete dei Misteri?"

Lo sciacallo fece finta di essere stato smascherato.

"Ti direi anche i segreti dell'origine dell'universo pur di trascinarti nel mio letto."

Caterina spalancò gli occhi, sorpresa da una tale insolenza. Fece per aprire la bocca, ma proprio in quell'istante la porta della camera, poco lontano, si spalancò. Ne uscì Neferu, che rideva forte, barcollando con passi un poco scoordinati. Anche lei era nuda dalla vita in su, i seni piccoli e scuri saltellavano al ritmo del suo ridacchiare.

Si volse per cercare Anubi: doveva essere venuta a chiamarlo. Subito, però, si bloccò, notando la presenza di Caterina. La ragazza, dal canto suo, arretrò di scatto e si staccò dal Dio, sfilandosi alle sue braccia. Indietreggiò di qualche passo e guardò altrove, in imbarazzo.

"Caterina, perché salti via come una cavalletta?" la prese in giro lo sciacallo, che ora la guardava divertito con la testa inclinata, "Queste reazioni drammatiche lasciale ai noiosi monogami, non le voglio in questa casa. Neferu? Tueal hna. Takwin sidaqat."

Sciorinò l'ultima frase in egiziano, suonando antico, come una profezia, e accompagnò la direttiva con un gesto della mano. Neferu, allegra, si avvicinò e arrivò a far loro compagnia. Si strusciò su Anubi, arricciò il muso all'odore dell'unguento. Il Dio le disse qualcosa all'orecchio e, anche se Caterina non capì, seppe che stavano parlando di lei.

"'Iinah yaetaqid 'anak ghaywr ealayha."

"'Ana ghaywr 'iidha lm tadeha."

Dopo la prontissima risposta di Neferu, graffiante come lo era la sua natura, Anubi ridacchiò. Caterina si sentì enormemente presa in giro.

"Eh, sì" fece il Dio, sarcastico, fingendo di tradurre una grande scoperta, "mi ha confermato che posso parlare anche a nome suo, le piaci. Allora? Vuoi entrare?"

Caterina spalancò gli occhi. No. No. Proprio no. No. Non se ne parlava neanche.

Indietreggiò di un altro passo, le mani in alto come una ladra, sotto gli occhi divertiti di Neferu e Anubi. Scosse la testa, infine, contrariata.

"No, non è proprio il caso. Sarà meglio che torni in camera. Da sola."

"Non avere paura, gattina. Non c'è niente di male ad ammettere che sei curiosa."

Le fece l'occhiolino, il secondo da quando era arrivata a Luxor, e andò ancora più a fondo. Caterina, sentendo il sudore sulla nuca che si mischiava al freddo dell'unguento, ridacchiò nervosa.

Deglutì, indecisa. Curiosa? Beh, sì, lo era. Ma c'erano troppi problemi, troppe cose che gridavano che non doveva farlo. Innanzitutto, lo conosceva da qualche ora al massimo: andarci a letto subito, così, non le sembrava da persona saggia. In secondo luogo, era un Dio, o comunque un essere immensamente più potente di lei, e non era affatto detto che non potesse nascondere intenzioni altre. Probabilmente la stava invitando ad un'orgia con altre sei donne. E cos'altro? Ah, giusto: Anubi era un cane. Doveva essere un altro punto a sfavore per le persone normali, no?

Però, ecco, ad essere sincera, di quell'ultima constatazione non era sicura. Era proprio il fatto che non fosse umano ad attirarla così tanto. Fosse stato un qualsiasi altro Dio non le sarebbe importato, non avrebbe nemmeno accettato l'invito per il viaggio. Ma Anubi era... sì, interessante, forse proprio perché era uno di quelli la cui esistenza meno riusciva a spiegare in termini razionali. Questo almeno doveva riconoscerglielo.

"Senti, sì, sono curiosa" lo ammise anche perché aveva la sensazione che negare sarebbe stato inutile, "ma dai, sii oggettivo, non è... una buona idea. Non va bene, non ci conosciamo nemmeno..."

Anubi si strinse di nuovo nelle spalle, scosse la testa, divertito e incurante. Ogni suo minimo movimento trasmetteva quanto ritenesse tutte le preoccupazioni di Caterina semplici quisquilie da umana ingenua.

"Mortali!" si lamentò, sognante, "Avete vite così brevi, eppure così poca voglia di sfruttarle al massimo. Non vi capirò mai."

"Non è che ci sia molto da capire" rilanciò Caterina, intestardita, infastidita che la trattasse con sufficienza, "proprio perché siamo mortali, abbiamo un istinto di conservazione. Il mio dice di non darla a uno sciacallo di due metri che potrebbe sbranarmi."

Anubi alzò le sopracciglia, poi un dito indice, come se volesse trasmetterle che aveva sollevato una buona difesa. Infine, si avviò verso la porta d'oro della sua stanza. Neferu lo seguì ed entrò, salterellando allegra, forse un po' ubriaca. Anubi, invece, lanciò un ultimo sguardo alla ragazza, appoggiandosi di schiena ai battenti.

Da quel momento, parlò serio, in quel suo modo tremendamente sensuale e poetico.

"Sei una donna intelligente, Caterina. In altri tempi, avrei pagato tutto l'oro faraonico per renderti mia concubina" confessò, ammiccante, "ma sei più introversa di quel che vuoi farmi credere e hai paura di un'esperienza carnale di gruppo cui non sei abituata, non certo che io ti sbrani. Tempi moderni portano a problematiche moderne e forse hai paura di sembrare... come dite voi? Una donna facile? Non posso certo condannarti per un po' di sottomissione agli stigmi della società, anche se non li approvo e non mi sembravi il tipo. Sappi solo che non c'è nessuno qui a giudicarti e potresti permetterti di passare la notte con un gruppo di animalacci come noi senza sentirti in colpa. Se proprio preferisci dormire, comunque, non sarò io a trattenerti" sospirò e spinse i battenti con la schiena, arretrando, "In veste di Dio dei morti, però, mi sento in dovere di ricordarti che avrai molto tempo a disposizione per dormire, quando i tuoi battiti saranno finiti."

Fece un ultimo occhiolino, gesto che pareva piacergli parecchio, e infine la porta dietro di lui si aprì, ammettendolo all'interno richiudendosi subito di fronte a lui.

Caterina rimase sola.

Strinse le labbra, si guardò alle spalle, come se il corridoio dal quale era arrivata fosse potuto sparire da un momento all'altro. Ma no, c'era ancora, così come c'era la possibilità di andarsene. E allora perché non se ne stava andando?

Si avvicinò alla porta, osservandone i geroglifici intagliati per un momento. Chiuse gli occhi, scosse il capo, il ciuffo ricadendole davanti al viso. Stava per prendere una decisione che mai nei suoi sogni più assurdi avrebbe potuto immaginare. Forse se ne sarebbe pentita. Forse si sarebbe data della scema per decenni, in futuro. Ma non aveva modo di saperlo e, invece, al contrario aveva la certezza che i suoi battiti sarebbero finiti. Su quello Anubi aveva ragioni da vendere.

Deglutì, nervosa, eccitata, curiosa, indecisa.

E bussò alla porta.



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