Fine del trimestre

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“Caro Edmund,

Di’ pure a Tony di non preoccuparsi, gli faccio fare un giro volentieri! Il 21 sarò al San Mungo tutto pomeriggio, il 22 alla mattina, fammi sapere quando preferite venire, vi faccio fare un giro nella pausa.
Spero che a Hogwarts stia andando tutto bene, qui a casa non vediamo l’ora di rivedere te e Lucy. Mamma e Susan ti mandano un abbraccio.

A presto,
Peter”

Edmund rilesse velocemente la lettera e finalmente alzò gli occhi per guardare Frannie.
“Ha detto che ci sta!” disse passandole la lettera e tornando a concentrarsi sui suoi waffle.
Qualche settimana prima, Tony aveva espresso il suo desiderio di vedere con i suoi occhi il San Mungo, dal momento che ci era stato poche volte e solo per accompagnare il padre per delle cure, e non sapeva né come funzionasse né come fosse organizzato. Frannie si era subito offerta per chiedere al padre, ma Tony aveva rifiutato, sapendo in partenza che con Josh Firwood si sarebbe sentito in soggezione. A quel punto Edmund aveva pensato che suo fratello, che conosceva molto bene Tony, lo avrebbe fatto volentieri. Di sicuro gli avrebbe dato qualche dritta per come diventare tirocinante, e magari anche qualche parere personale su come andavano le cose da quelle parti.
Una volta finito di leggere, Frannie si sbracciò verso Tony per invitarlo a sedersi con lei. Quando il ragazzo arrivò salutò cordialmente i tre ragazzi, si sedette e diede un bacio a Frannie.
“Peter ha detto che può il ventuno o il ventidue!” disse Edmund.
Tony sorrise emozionato.
“Davvero? Gli farò un regalo per ringraziarlo!” disse. “Verrete anche voi?”
“Io di sicuro, ti accompagno!” disse Frannie.
“Io quasi quasi vengo… Non ho mai visto il San Mungo!” disse Mag chiudendo definitivamente il libro di Antiche Rune su cui stava ripassando.
“Non ti perdi chissà che cosa, Mag” disse Edmund dandole una gomitata affettuosa. “Però vieni anche tu, così ci dici se c’è qualche differenza con gli ospedali babbani”
“Adesso sono curiosa” disse la ragazza con un sorriso. “Sì, verrò anche io!”
“Allora è deciso! Io preferirei andare il ventidue, per voi va bene?” disse Tony. Non stava più nella pelle.
Rimasero a organizzarsi per qualche minuto, poi ognuno andò per la sua strada.
Dopo il compleanno di Mag, i giorni erano passati velocemente. Mancavano tre giorni al ritorno a casa e mai come allora erano stati così felici di tornare per il Natale. Quella prima parte dell’anno era stata molto pesante e tutti quanti avevano bisogno di una boccata d’aria fresca, di poter parlare liberamente di quanto odiassero la situazione che aveva creato la Umbridge. Hogwarts era ancora la loro casa, ma non era più il luogo accogliente di un tempo. Forse la Umbridge riusciva a controllare le opinioni sul ritorno di Voldemort, ma non era in grado di fermare le esternazioni razziste degli studenti nei confronti di altri studenti – e forse non le interessava farlo. Più si impossessava di Hogwarts, meno Edmund, Mag e Frannie si sentivano al sicuro all’interno delle sue mura, e con loro molti altri studenti che si rendevano conto di quel che stava succedendo là fuori. Erano pochi i motivi che li spingevano ad andare avanti. Le esercitazioni private con Piton erano senza alcun dubbio uno dei motivi principali che li spingeva ad affrontare le giornate con il sorriso sulle labbra.
In poco più di un mese erano migliorati moltissimo, avevano imparato tante cose e allenarsi da soli non era più così difficile e stressante. Piton era molto duro e rigido, quasi più del solito, ma si vedeva che ci teneva molto ad aiutarli e a fare in modo che imparassero come difendersi. Probabilmente si comportava così perché era più consapevole dei ragazzi di quello che li attendeva fuori dalla scuola.
Dopo la colazione, Mag e Edmund andarono in biblioteca per finire i compiti, mentre Tony e Frannie si fecero un giro nel cortile innevato. Edmund doveva scrivere un tema per Montague, come gli aveva promesso che avrebbe fatto per comprare il suo silenzio sulla festa alcolica che avevano fatto per Mag. Ovviamente con Piton non poteva permettersi di duplicare il suo, per cui dovette riscriverlo da capo, prendendo spunto dal suo. Mag si era offerta di aiutarlo, ma lui si era fermamente opposto.
“Finito” sussurrò Edmund posando con rabbia la penna sul tavolo e si allontanò un po’ con la sedia.
“E con questo il tuo debito è saldato, giusto?” chiese Mag con un sorriso. 
Edmund annuì soddisfatto e Mag si sporse verso di lui per dargli un bacio sulle labbra. Fortunatamente nessuno era nei paraggi, men che meno Madama Pince o la Umbridge, altrimenti l’avrebbero pagata cara.
“A me manca pochissimo” disse guardando il questionario di Storia a cui stava rispondendo. Aveva ancora solo due domande.
Lui decise che il suo lo avrebbe fatto più tardi. Gli scoppiava la testa e rimase a sfogliare pigramente un libro rimasto sul tavolo mentre la aspettava. Più tardi Mag, in gran segreto, avrebbe fatto scivolare le risposte nel suo libro, sperando che lui le accettasse senza fare troppe storie. Le dispiaceva che dovesse rimanere sveglio fino a tardi per colpa di quel loro compagno odioso.
Quando anche lei ebbe finito decisero che sarebbero andati in Sala Comune a riposarsi prima di andare all’ultima lezione con Piton prima delle vacanze. Edmund fece un salto nel dormitorio per mettere sul comodino di Montague il tema di Pozioni.
Quando scese trovò Mag seduta di fronte a Frannie; parlavano a bassa voce. Avvicinandosi capì che stavano parlando di Piton, per cui si sedette in silenzio e si mise in ascolto.
“Certo che ci ha dato un bel aiuto in questo mese…” disse Mag con un sospiro. “Dobbiamo proprio ringraziarlo”
“Se fosse una persona più affabile gli farei fare una torta, ma secondo me ce la lancerebbe dietro” disse Frannie.
“Magari apprezza” azzardò Edmund con un’alzata di spalle.
“E magari ci bacia e ci abbraccia” disse Mag ridacchiando.
“Blah” disse Frannie con un ghigno.
“Possiamo ringraziarlo, ma qualsiasi regalo lo respingerebbe, vedete come ci tratta anche quando siamo soli con lui!” disse Edmund.
“Che peccato” disse Mag. “Non si rende neanche conto di essere una brava persona”
“Brava persona è un po’ esagerato per Piton…” disse Frannie ridacchiando. “Però hai ragione, sta facendo una bella cosa per noi. Lo ringrazieremo e gli augureremo buon Natale, stop”.
“La torta gliela faremo recapitare dopo i MAGO” disse Edmund “Così non rischiamo che ci bocci per ripicca”
“Che tipo, mamma mia” borbottò Mag. 
La lezione fu più leggera del solito. Piton spiegò che non voleva aggiungere nuovi argomenti perché era sicuro che li avrebbero dimenticati durante le vacanze. Si limitò a invitarli ad allenarsi, se riuscivano. Ormai gli incantesimi non verbali che lanciavano avevano quasi la stessa intensità di quelli pronunciati ad alta voce, e Frannie era migliorata molto a lavorare senza la bacchetta, anche se la usava sempre per metà lezione, così da non rimanere troppo indietro rispetto ai compagni. Aveva provato a spiegare agli amici come fare a non usarla, ma lei ci aveva messo quasi due mesi per riuscire a fare i primi incantesimi senza, quando era stata a Uagadou, per cui dopo poco Mag e Edmund ci avevano rinunciato.
Alla fine della lezione, quando Edmund respinse l’ultimo Schiantesimo di Piton, il professore gli voltò le spalle.
“Basta così” sibilò andando a posare la bacchetta sulla cattedra.
Mag e Frannie, che stavano osservando la scena parlottando sommessamente fra di loro, si fermarono all’istante.
“Vi permetto di continuare a venire anche dopo Natale” annunciò.
I tre lo guardarono fingendosi piacevolmente sorpresi. In realtà davano per scontato che avrebbero continuato. Forse Piton lo aveva detto per non dover dire loro esplicitamente che erano bravi.
“Grazie” disse Mag guardando i due amici.
Piton stava ancora dando le spalle ai tre, quando Edmund si fece avanti.
“Professore” lo chiamò arrossendo lievemente. Piton si voltò leggermente, in ascolto.
“Noi… Volevamo ringraziarla di cuore per quello che sta facendo per noi” disse guardandosi la punta delle scarpe.
“…Non tutti gli insegnanti lo avrebbero fatto” aggiunse Frannie “Siamo molto riconoscenti”
Una risposta carina sarebbe stata “E non tutti gli studenti chiederebbero una cosa del genere”, oppure “E voi mi rendete fiero”, ma questa risposta non arrivò, e loro non se l’erano neanche aspettata. Piton si voltò e li squadrò attentamente, Mag avrebbe potuto giurare di averlo visto acquistare un po’ di colore, anche se durò un istante.
“Esercitatevi durante le vacanze. Ci accorderemo per la nuova lezione una volta tornati. Potete andare”
I tre rimasero in piedi a fissarlo per un attimo.
“Passi un buon Natale, professore” disse Mag sforzandosi di sorridere, anche se dalla risposta che aveva appena dato, ignorando deliberatamente i loro ringraziamenti, si sentì estremamente stupida. Anche Frannie e Edmund si sentivano allo stesso modo, ma si sforzarono di sorridere.
“Grazie.” disse con aria di sufficienza, senza aggiungere altro. Si voltò e loro capirono che era ora di squagliarsela.
Mentre raggiungevano la Sala Comune discussero sulla totale mancanza di sensibilità e simpatia del professore, anche se però erano felici che volesse continuare a vederli anche dopo Natale.
“È talmente abituato a fare lo stronzo che probabilmente non ricorda neanche come si fa a essere gentili” disse Mag.
“…Ammesso che lo sia mai stato” disse Frannie.
“…Ammesso che qualcuno gli abbia mai voluto bene…” aggiunse Edmund.
“Chissà” disse Mag “Comunque tutto sommato ci sta trattando bene, magari non si sarà affezionato, ma almeno ci rispetta”
“E ha capito che per noi è importante” disse Edmund.
“Ed è la cosa più importante!” disse Frannie mentre continuavano a camminare.
“Che bello, non vedo l’ora di tornare a casa! È da due anni che non faccio il Natale con i miei genitori!” disse Frannie quando furono dentro alla Sala Comune, sedendosi su un divanetto davanti al camino.
“Anche io!” sospirò Mag “Menomale che i miei hanno deciso di spostare la festa alla cena, a pranzo non ci sarebbero state neanche le mie cugine, mi sento la coscienza più leggera”
A Edmund non cambiava molto, ma era felice di passare il Natale con tutta la sua famiglia, i suoi amici e la sua ragazza. Era un sogno che si avverava, anche se temeva un po’ la madre. Faceva ancora fatica a fidarsi di lei, timoroso che un giorno ricadesse nel tunnel della depressione, anche se Peter continuava a dirgli che stava sempre meglio e lei stessa gli scriveva regolarmente una volta ogni due settimane.
Ma l’importante era che per la prima volta, da quando aveva iniziato Hogwarts, sarebbe tornato a casa.
“Sarà strano svegliarmi nel mio letto, a Natale” disse con finta noncuranza.
Mag gli sorrise e gli strinse un po’ la mano. Quando Edmund esternava questi pensieri le faceva sempre tanta tenerezza, e anche Frannie pensò la stessa cosa.
“Sarà più bello quest’anno, un po’ di tranquillità ci farà bene” disse Mag sorridendo.
“Mi spiace per chi rimarrà qui e dovrà vedere quel rospo schifoso anche il giorno di Natale” disse Frannie abbassando la voce.
“Già, dobbiamo ritenerci fortunati” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
La serata passò tranquilla e serena, si sentiva nell’aria l’atmosfera natalizia e nella Sala Grande risplendevano i dodici abeti decorati da Vitious e dalla McGranitt.
Fortunatamente per il giorno dopo, che era domenica, avevano fissato una gita a Hogsmeade, e tutti avevano bisogno di fare acquisti in vista del Natale. Il villaggio era ricoperto da una spessa coltre di neve, ma l’atmosfera era calda e serena. Un gruppo di persone cantava le carole di natale lungo la via principale, e ogni volta che i ragazzi passavano sentivano il cuore che si riscaldava. Una volta finiti gli acquisti, fatti ognuno per conto suo o a coppie, i tre Serpeverde si ritrovarono con Tony, Jasmine, Aladdin, Adrian e Miles per una cioccolata calda da Madama Piediburro. Jasmine e Aladdin sarebbero rimasti a Hogwarts durante le vacanze, ed erano un po’ giù di morale. Cercarono però di non parlare di cose tristi, e passarono un bel pomeriggio in compagnia. Frannie avrebbe voluto aver vicini anche i gemelli e Laetitia, ma con i primi non poteva farsi vedere troppo, mentre con Laetitia i rapporti si erano leggermente acquietati, ma non abbastanza da tornare a uscire insieme come un tempo. Semplicemente si ignoravano a vicenda.
L’indomani ci sarebbe stato l’ultimo giorno di lezioni – “sentivo proprio il bisogno di vedere la Umbridge l’ultima volta, prima di Natale”, era stato il commento sarcastico di Mag – ma i professori erano tutti piuttosto svogliati, a parte l’Inquisitore Supremo. Ad astronomia lessero un mito greco che spiegava i nomi delle Pleiadi, e sia Mag sia Frannie ne furono estasiate. Vitious assegnò un compito e poi li lasciò a esercitarsi con gli incantesimi di Disillusione. La Burbage invece si limitò a spiegare qualche tradizione natalizia babbana e a trovare le differenze e le analogie con quelle magiche. Frannie e Edmund questa volta dormicchiarono tutto il tempo.
Mentre Frannie e Edmund erano a lezione, Mag ne aveva approfittato per fare il baule e sistemare tutto per la partenza. Quando ebbe finito, decise di tornare in Sala Comune per aspettare Edmund, che sarebbe arrivato una decina di minuti dopo. Prese con sé un libro, si acciambellò su una poltrona rivolta verso il passaggio e riprese a leggere da dove si era interrotta l’ultima volta.
Ogni volta che il passaggio si apriva sollevava gli occhi per controllare chi fosse, ma Edmund tardava ad arrivare. Dovette incassare un’occhiataccia di disprezzo da Montague, che era entrato per dirigersi nel dormitorio per prendere la tuta da Quidditch ed evidentemente gli dava fastidio avere puntato su di sé lo sguardo di una Sanguemarcio.
Quando finalmente il passaggio si aprì per far entrare Edmund, lei sorrise e gli fece cenno con la mano, e quando lui la vide le restituì il sorriso. Mosse il primo passo per raggiungerla, ma davanti a lui si materializzò una persona che gli fece morire il sorriso sulle labbra. E anche a Mag.
Mary Sue, che doveva essersi seduta in attesa del ragazzo su un divanetto nascosto agli occhi di Mag, si era alzata e aveva placcato Edmund come solo lei sapeva fare.
Mag chiuse il libro con un gesto secco e scattò in piedi.
“Emerson, oh Emerson” aveva iniziato a pigolare Mary. “Ho saputo che per Natale non sarai qui! Mi scriverai, vero? Io ti scriverò, lo giuro”
Edmund, che era rimasto leggermente intontito dalla velocità con cui la sua strada verso Mag aveva subito una brusca deviazione, balbettò qualcosa mentre cercava di scostarla.
“Ma che fai…?” disse debolmente. Guardò verso Mag e si accorse con sollievo che la ragazza stava camminando ad ampie falcate verso di loro.
“Io andrò negli Stati Uniti per trovare mio nonno, ma ti scriverò di sicuro… Dovevo partire oggi ma la Umbridge non mi ha dato il permesso di lasciare prima la scuola” disse lei facendo finta di non aver sentito quello che le aveva detto lui – o forse lo aveva sentito, ma aveva scelto deliberatamente di ignorarlo.
“Che sta succedendo?!” chiese Mag quando arrivò. Era rossa in viso.
Mary si voltò verso di lei, visibilmente indispettita per l’interruzione e la guardò con aria di sufficienza.
“Oh. Sei tu” borbottò. Si staccò leggermente dal ragazzo ma le sue dita rimasero avvinghiate al suo braccio.
“…Emerson mi stava dicendo che durante le vacanze mi scriverà” disse lei con aria di sfida.
“Ma io non l’ho detto” disse lui cercando con la mano di allontanare la ragazza dal suo braccio. Poi si rivolse a Mag, accorato. “Mag, non l’ho detto!”
Mag stava cercando di assumere uno sguardo duro e impassibile, ma tra il nuovo nome che si era inventata Mary e il fatto che Edmund ci tenesse a specificare una cosa così ovvia, l’impresa fu ardua.
“Se non lo hai notato, sta cercando di scostarti” disse Mag fissando le mani di Mary che ancora stringevano il braccio di Edmund.
La ragazza la guardò accigliata. Si aspettava la solita scenata di gelosia da parte della Rosander, e invece le aveva detto una cosa che non poteva negare. Lasciò andare il braccio di Edmund, sbuffando. Mag riprese parola.
“Mary, ti dispiace fare quattro chiacchiere con me?” chiese candidamente indicando il passaggio.
Mary arricciò le labbra, guardò altrove con aria seccata e alla fine annuì.
“Usciamo un attimo?” insistette Mag. Edmund la guardò, incerto sul da farsi.
“Non ho molto tempo, Rosander” disse Mary, acida.
“Non ci metterò molto, tranquilla” disse Mag muovendo un passo verso il passaggio e voltandosi per vedere se la ragazza faceva lo stesso. Fortunatamente lo fece, a testa bassa.
Mag fece un cenno a Edmund di rimanere ad aspettarla dentro, e lui annuì, anche se avrebbe preferito seguirla per assistere alla scena.
Una volta fuori, Mag mosse qualche passo verso il lungo corridoio che portava alla scalinata; quando raggiunse l’atrio che portava all’aula di pozioni, isolato rispetto al corridoio, si fermò e si voltò per guardare la ragazzina.
“Allora? Cosa vuoi?” borbottò Mary Sue.
“Vorrei capire una cosa. Anzi due” disse Mag, seria.
Mary le fece capire che era in ascolto.
“Non ho potuto fare a meno di notare che ultimamente sembri ossessionata da Edmund. Non è che per caso gli vai dietro?” chiese fingendosi interessata e aperta a qualsiasi risposta.

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