3. Caelie

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Maggio

Correvo per la casa come un'ossessa, alla disperata ricerca del mio reggiseno portafortuna.

«Non serve a te ma a me» disse Alex, dondolando mollemente le gambe oltre il bordo della poltroncina logora in soggiorno, piccolo regalo della nonna prima che morisse.

«Meglio non tentare la sorte!» replicai, quando finalmente lo trovai nascosto sotto il tavolo, accanto a un paio di scarpe da ginnastica certamente da lavare.

«Mi spieghi perché sei così agitata? È solo una cerimonia.»

Osservai mia sorella con un sopracciglio alzato e una smorfia sulle labbra, infastidita. «Non è una cerimonia qualunque, Alex! Stai diventando grande.»

Alzò gli occhi al cielo, facendo ondeggiare i capelli dorati alle sue spalle. «Ti stai comportando proprio come una madre psicopatica.»

Non lo presi come un insulto. «Bene.»

Corsi in camera e mi accinsi a trafugare l'armadio alla ricerca del mio vestito preferito. L'avevo visto proprio la sera prima!

«Muoviti, Fay è già arrivata!» sentii urlare da Alex ma non le diedi ascolto, saltellando sulle dita dei piedi per il freddo. Ormai avevamo smesso di utilizzare il riscaldamento da un mese abbondante e sebbene le giornate cominciassero ad allungarsi, continuavo a patire il gelo quando giravo per la casa in mutande e senza calzini. Saltellando, raggiunsi la sedia-armadio e buttai tutti i panni raggruppati direttamente sul pavimento, più tardi avrei avuto il tempo per sistemarli. Tra di loro c'era il mio vestito, che mi accinsi ad allisciare con le mani sulle cosce.

«È esplosa una bomba qui dentro?»

Gridai per lo spavento, sorpresa di sentire la voce di Brooklyn Cade in camera mia.

«E tu che ci fai qui?»

Cinse con lo sguardo l'intera stanza a soqquadro e infine i suoi occhi scuri si posarono su di me, un sorriso beffardo a increspargli le labbra. «Sono felice di rivederti anch'io, Silly Mail.»

Quando notai che non stesse fissando me ma le mie gambe nude – o forse le mutandine blu? – avvampai per la vergogna. «Esci!»

Alzò le mani, in segno di resa, e mi diede le spalle. «A mia discolpa, posso dire che non avevo cattive intenzioni quando sono entrato. Credevo fossi già pronta, la cerimonia comincia tra mezz'ora.»

Sì, beh, non mi ero svegliata prestissimo. «Dove sono Alex e Fay?»

«Già in macchina» mi rispose lui, dignitosamente con la faccia verso muro. «Sono il vostra tassista personale.»

Mi agghindai in fretta e in furia, evitando grandi acrobazie con l'eyeliner perché non ero solita utilizzarlo.

«Perché tu?»

«Domanda bizzarra, Silly Mail, alla quale darò una risposta bizzarra: perché non io?»

«Smettila di chiamarmi Silly Mail, non lo sopporto.»

Lo superai e afferrai la borsa sul tavolo in soggiorno, correndo all'entrata. Brooklyn mi seguì senza emettere un fiato e raggiungemmo le ragazze sulla strada. Si erano già stipate sul retro dell'auto di Brooklyn, le loro toghe rosse lucide uscivano dai finestrini e il cappello sbatteva contro il tettuccio.

«Muovetevi!» gridò Fay, ridendo.

«Caelie, i capelli!» disse invece mia sorella, con gli occhi sgranati. Mi bloccai. Stavo per alzare una mano e controllare cosa avessi fatto di sbagliato con la mia chioma quando Brooklyn mi precedette, sciogliendomi le ciocche raggruppate dal mollettone. I capelli piombarono sul mio viso in una matassa disordinata e lievemente arricciata, perché non li avevo asciugati per bene.

Brade || 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora