5. Caelie

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Rooler Cade era il fiore all'occhiello della famiglia Cade: ordinati capelli di un biondo scuro, occhi sorridenti, sempre cura nelle parole, gesti gentili a non finire. Quando era entrato, mi ero persa la sua espressione perché... Bè, stavo tentando di nascondermi sotto il tavolo. Credevo di poter reggere un pranzo con la famiglia Cade quasi al completo, nella loro splendida casa che odorava di cannella e fumo di tabacco, piena di foto ricordo, di tavoli imbanditi di cianfrusaglie e di quadri pittoreschi dal nessun senso apparente. Avevo quasi ceduto dentro la camera di Brooklyn, lo ammetto; così piena di luie della sua adolescenza. Mi pareva persino di sentire il suo odore addosso alle medaglie vinte da ragazzo. Con il cibo e il caffè, l'atmosfera si era alleggerita, i genitori si erano ritirati nel soggiorno e noi altri avevamo preso a giocare a carte: mi ero innervosita un po' davanti alla totale mancanza di fortuna delle mie, ma era una buona distrazione. E poi il citofono aveva squillato, Maddox aveva fatto entrare il fratello maggiore e io mi ero ritrovata sotto al tavolo, desiderando con tutte le mie energie di scomparire da lì. Ero certa di non poter reggere un altro fratello, specialmente se si trattava di quello per il quale avevo avuto una gigante cotta, non ricambiata ovviamente, e che era andato via troppo presto assieme a tutta la sua gentilezza e ai suoi occhi nocciola. A me era rimasto il nomignolo della postina, un altro Cade da baciare in una fontana e una sorella che non voleva proprio staccarsi da quella famiglia.

Sentivo dentro un'umiliazione tale da farmi pensare che correre a recuperare il mio cappotto e sparire di lì in pochi secondi senza dir nulla fosse un'ottima idea eppure, razionalmente, sapevo di dover gestire la situazione. Ero così disabituata alle emozioni forti che avevo perso la mano a gestirle. Il ritorno di Brooklyn in città e il nostro fortuito incontro in un bar, la naturalezza con cui i signori Cade mi avevano accolto per il pranzo, il sorriso che mi aveva rivolto Maddox e adesso pure Rooler, tornato single con più muscoli, meno barba e un certo nuovo atteggiamento che mi stava disorientando ancora di più. Controllavo le mie emozioni chiusa in un mutismo preoccupante che Alex stava riconoscendo e tacendo a tutti; certe volte mi lanciava occhiate tra il divertito e il preoccupato ma fingevo di ignorarla. Mi sentivo ridicola e catapultata a sette anni prima, nel mezzo di quegli stessi sentimenti appena sbocciati, quando li vedevo da lontano e sospiravo, a volte per frustrazione, a volte per desiderio.

«Tutto bene?»

All'inizio non capii come mia sorella avesse fatto a sussurrarmi la domanda all'orecchio quando si trovava dall'altra parte del tavolo, a ridere per qualcosa che aveva detto o fatto Maddox. Poi mi resi conto che era stata Fay a piegarsi sulla mia spalla, un dolce sorriso che tentava di ammonire la durezza del mio sguardo. Quelle due erano dannatamente simili, pur essendo tanto diverse. Crescere in simbiosi doveva averle unite sotto altri aspetti, più profondi. Un po' mi dispiaceva avere un così fievole rapporto con Fay, che non rivaleggiava con quello che invece sembrava avere Alex con tutti i fratelli dell'amica, e allo stesso tempo mi disturbava. Fay era una ragazzina apposto, tanto quanto Alex, era bella, intelligente, vivace e arguta, uno spirito eccitante e sempre in azione. In più, teneva sempre mia sorella allegra, sempre sorridente, e le volevo bene.

Per questo cercai di rilassare i muscoli della faccia quando mi rivolsi a lei.

«Sì, certo.»

«Non sembra. Devi andare al bagno per caso?»

Era ovvio che avesse ereditato l'inadeguatezza dei fratelli, non mi sarei dovuta sorprendere. Feci un profondo respiro e annuii, così, per non darla vinta al mio imbarazzo.

«In realtà sì, mi rinfresco volentieri la faccia.»

«In fondo al corridoio» m'istruì lei indicandomi la direzione.

«Grazie.»

Da sola, chiusa in bagno, mi sembrò di rivivere tutto il disagio del liceo. Se ero rimasta in quella casa, era solo per Alex, per farle festeggiare in modo decente il diploma, ma non sopportavo tutta quella pressione. Non riuscivo a gestire il mio disagio e stavo cominciando a darne i segni. Alex lo stava notando, Fay lo aveva notato. Presto, sarei diventata il disagio dell'intera combriccola e non ne avevo alcuna intenzione. Mi rinfrescai la faccia, bevvi un sorso d'acqua e rimasi a fissarmi davanti allo specchio per un po', senza vedermi sul serio. Avevo la vista appannata dai ricordi e da quel crescente senso di estraniamento che sembrava perseguitarmi. Lo chiamavo la mia maledizione e ne ero sopraffatta. Con il tempo, il lavoro e la vita di Alex, avevo imparato a gestire quel tipo di ansia semplicemente eliminando tutto ciò che avrebbe potuto crearmela: prendere contatto con la mia famiglia e barcamenarmi in una relazione amorosa. Finora era andato tutto liscio. E adesso invece qualcosa mi aveva travolto e non capivo bene cosa. Forse si trattava solo di quella giornata che mi aveva fatto ricordare un brutto momento nel passato collegato sia alla mia famiglia sia alle relazioni e tutte quelle orribili emozioni adesso mi stavano sopraffacendo.

Brade || 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora