quarantadue

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"Tenerti addosso e poi lontano, forse non ci capiamo ma al mondo noi appariamo più forti"

Dammi Un Motivo- Izi

Erano due giorni già che ero tornato a Milano, non avevo mai fatto così tanti viaggi in vita mia in così poco tempo, e soprattutto per una ragazza.

Fra le mani avevo quel bigliettino con il nome della città dove stava, lo rigiravo fra le mie dita magre senza sapere esattamente cosa fare. Andare da lei? Perché mi aveva lasciato questo biglietto? 

Se lo aveva fatto era perché voleva che io andassi da lei, o forse era soltanto una città messa a caso per far sì che non la trovassi? Non penso lo farebbe mai, per quanto possa essere stronza, per quanto mi possa odiare, sarebbe l'ultima cosa che farebbe. Ne sono certo, dovevo andare? Sbuffai posando la testa sul divano, ero stanco di essere così indeciso in questa situazione, le avevo fatto del male e andare da lei, voleva dire farle nuovamente del male. E se invece di desse l'opportunità di ricominciare? Di farci una vita lontano da tutto e da tutti, solo noi due, e la nostra felicità. Per quanto possa esistere davvero.

Presi il cellulare, dopo averlo sbloccato andai sulla chat con Mario.

You: vado ad Oslo.

Mowgli🐵: non fare cazzate.

Sorrisi a quel messaggio, finalmente anche lui lo aveva capito che avevo bisogno di stare con lei. E spero che anche lei abbia bisogno di stare con me. Lo speravo davvero. 

Raccolsi, tutto ciò che potevo prendere, ero sicuro che in quel posto ci sarei rimasto per molto, ero sicuro che non avrei lasciato perdere come ho fatto a Napoli, non potevo permettergli di allontanarsi da me ancora, era già troppo lontana così, e stavo male. Dovevo pensare a dove stare, cosa fare, come muovermi, io sapevo soltanto la città. Ma non casa sua.

E se provassi a chiederlo?

Scossi la testa, e finì di sistemare le mie cose, prenotai l'aereo per il giorno dopo, e mi sentì quasi meglio. Mi sentivo quasi realizzato, stavo facendo la cosa giusta.

[...]

-Mario...- dissi avvicinandomi al moro che assieme a me attendeva l'arrivo del mio aereo. -dimmi frate.- disse -tu sai dove si trova?- chiesi, il moro scosse la testa, l'ho sentita appena era arrivata. Ha detto che alloggiava in un hotel nel centro, non so esattamente se è ancora lì...potresti provare.- disse alzando le spalle. -sì, ormai non ho più nulla da perdere.- sorrisi leggermente -grazie frate, davvero.- dissi abbracciando mentre la voce metallica annunciava l'arrivo del mio aereo. Lo salutai e mi avviai verso il check-in.

Era la prima volta che non vedevo l'ora di arrivare, volevo soltanto cercarla, non ne potevo più di vivere senza la sua presenza, lo avevo capito dal primo momento in cui lei non era più in casa mia, non vederla girovagare con una sigaretta alle labbra, non vederla più fare quelle smorfie, quelle battute stupide, che solamente lei sapeva fare mi mancavano, non potevo più vivere senza di lei. E per la prima volta ero davvero convinto di quello che volessi.

[...]

Arrivai ad Oslo, mi guardai attorno, il freddo era pungente, un venticello freddo colpiva il mio volto raffreddando le guance, recuperai il mio bagaglio e guardandomi attorno uscì fuori da quel grosso edificio.

Aveva detto che si trovava, o almeno speravo, in uno degli alberghi in centro. E io sarei andato lì. Camminai, l'aeroporto da quanto mi aveva detto un abitante della zona, non era distante dall'aeroporto, e per mia fortuna era davvero così. Il primo albergo sembrava davvero di lusso, non mi sarei stupito se non avesse scelto quello, ma tentare non nuoce, mi avvicinai a testa bassa maledicendo il freddo che regnava in quella nazione, per colpa del raffiche fredde che provenivano dal polo nord. Alzai la testa e dei capelli scuri catturarono la mia attenzione, stava entrando all'interno dell'albergo, velocizzai il passo.

Dovevo vederla.

Lei entrò e dopo poco entrai anche io, stava parlando con un ragazzo dietro al bancone, che le passò le chiavi e le sorrise, mi avvicinai e cercai di vedere il numero della sua stanza, e appena riuscì a vederla mi avvicinai anche io. Dopo aver fatto tutta la registrazione, e aver recuperato i miei documenti, chiesi il numero della stanza accanto, e anche se sembrava infastidito il moro dietro al bancone mi allungò le chiavi. Le presi velocemente e senza salutare andai verso l'ascensore, schiacciai il secondo piano, e salì.

Non vedevo l'ora di rivederla, dovevo farlo immediatamente. Non potevo aspettare altri giorni, altre settimane, io volevo lei adesso. Ne avevo bisogno.

Le porte dell'ascensore si aprirono ed uscì velocemente, con la scheda che mi era stata data in precedenza, aprì la porta, lasciai la valigia all'interno e la richiusi, non mi interessava la stanza, non mi interessava dove ci trovassimo, a me interessava soltanto parlarle.

Mi morsi il labbro inferiore, le mani sudavano, l'ansia mi assaliva e il nervosismo fece la sua parte, sospirai, e mi decisi a bussare, speravo solo che non mi chiudesse la porta in faccia. Dopo poco dalla porta si sentì uno scatto, per poi aprirsi di poco, il quanto bastava per permetterle di vedere chi fosse. Appena i suoi occhi chiari si fecero vedere, feci un passo avanti, Martina era paralizzata. Ne approfittai per aprire la porta ed entrare nella stanza, sorrisi dolcemente. -che ci fai qua?- domandò guardandomi infastidita -eri troppo lontana da me.- risposi, sapendo di star mano mano sciogliendo la sua corazza di odio e indifferenza nei miei confronti -se l'ho fatto un motivo c'era.- rispose continuando a tenere lo sguardo carico di sfida nel mio che ricambiava -ma se hai lasciato il bigliettino, qualcosa vorrà dire.- sorrisi, lei sorrise -sì, voleva dire qualcosa.- ammise -e vedo che hai fatto il contrario di ciò che pensavo.- disse andandosi a sedere sul letto -cosa?- chiesi -credevo che non saresti venuto.- disse, scossi la testa -Martina, ho fatto l'errore più grande della mia vita, e me ne sono pentito. Ma ti giuro che sono qua, è perché... perché ho capito che anche se dici di non saper amare, anche se dici di avere mille difetti e tutto. Io ti amo per quello che sei, perché sì, ti amo.- dissi, lei rimase in silenzio spiazzata da ciò che avevo detto. Mi avvicinai a lei, posai le mie labbra sulle sue, in un bacio pieno di amore, tutto quello che provavo, tutte le emozioni che non avevo mai sentito. 

Mi era mancata, mi era mancata davvero tanto.

Ci sdraiammo, lei rannicchiata sul mio petto, mentre io ero lì a giocherellare con i suoi capelli, stupendomi di ciò che stava accadendo in quella stanza. -Marti...- dissi interrompendo il silenzio. -mh?- risposi senza staccarsi da me -vogliamo ricominciare una nuova vita? Qua, ad Oslo, lontano da tutti.- dissi, lei rialzò il capo, mi guardò cercando di capire se fossi serio o meno. Ma non desideravo altro, se non quello di vivere assieme a lei -sei pazzo?- disse confusa, scossi la testa -voglio passare la mia vita assieme a te.- sorrisi, sistemandole i capelli. Lei sorrise, distolse lo sguardo, mentre io continuavo a guardarla. Per me era la più bella ragazza che avessi mai visto in vita mia. Rialzò lo sguardo, mi sorrise -ci sto Diego, ricominciamo.- sorrise, per poi posare le sue labbra sulle mie.

L'amavo, e più niente avrebbe cambiato la mia idea.





























SIAMO ARRIVATI ALLA FINE.

Premetto che questa storia si è persa, alcuni capitoli non c'entravano nulla, ma la mia mente è bella perché è così. Doveva essere qualcosa di pesante, per colpa di ciò che mi circondava ed invece è stato tutto il contrario, tranne in certi momenti. Spero che vi sia piaciuta, spero che vi abbia fatto capire alcuni lati di me, e di quello che davvero penso. 

Presto arriveranno altre novità, nel frattempo però seguitemi nelle altre mie storie.

A Diego, e non solo, ormai non c'è nemmeno più bisogno che lo dica.

Zorba|| IziDonde viven las historias. Descúbrelo ahora