𝕀𝕀. 𝙰𝚕𝚘𝚗𝚎 (𝟸)

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𝕀𝕀. 𝙰𝚕𝚘𝚗𝚎 (𝟸)

La settimana seguente fu la peggiore della sua vita. Alla fine lo avevano davvero trasferito di reparto: da pediatria ad ostetricia, più o meno come passare dalla padella alla brace, insomma. Quando lo portarono nella nuova stanza l'unica cosa a cui era riuscito a pensare era che avrebbe preferito mille volte che fosse stato cancro. Sarebbe stato meglio il cancro di quello.
Si era ritrovato a condividere la camera con tre donne decisamente incinte, che camminavano reggendosi la schiena sbattendogli in faccia l'orribile verità di ciò a cui sarebbe andato incontro di lì a pochi mesi. Le reazioni al suo arrivo erano state se possibile ancora più irritanti di quanto avesse mai potuto immaginare. In un primo momento avevano pensato fosse in visita, il figlio di qualcuna di loro magari, poi che fosse lì per errore. A questo era seguito lo sconcerto quando si era arrampicato sul suo nuovo letto, ed infine un coro di urletti degni di un gruppo di quindicenni, seguiti da abbracci e carezze alla sua pancia decisamente non richieste e non volute. Katsuki era avvampato per l'imbarazzo: non si era ancora concesso il tempo di elaborare la sua nuova condizione, e quei gesti erano stati come un pugno nello stomaco che lo aveva riportato alla realtà.

«Quindi sei un omega.» Katsuki aveva annuito. Gli sembrava ancora impossibile ricollegare quella parola a se stesso.
«Questo te lo ha fatto lui? Il padre del bambino?» gli aveva chiesto una di loro, sfiorandogli la guancia violacea.
L'aveva guardata sconvolto. «Ovviamente no! Sono solo caduto.»
«Di faccia?»
«Sono un eroe professionista, è normale cadere!»
«Oh, per fortuna! Mi ero così preoccupata! Chi potrebbe fare del male ad un ragazzo così dolce? Però sembra rischioso, fare l'eroe intendo, forse non dovresti farlo...»
Allora Katsuki aveva tirato con forza la tendina divisoria, chiudendole fuori dal suo mondo e lasciandole a discutere se fosse o meno il caso di svolgere una mansione così rischiosa nel suo stato, ma presto o tardi avrebbe dovuto farei i conti con la realtà. Che lo volesse o meno.

E quel momento era poi arrivato prima di quanto avesse sperato.

Aveva temuto quel giorno più di ogni altra cosa. Più di tutti gli esami a cui lo avevano sottoposto fino a quel momento. Avrebbe preferito farsi prelevare un secchio pieno di sangue piuttosto che distenderesti su quel lettino che aveva tutto l'aspetto di uno strumento di tortura medievale. Ma non aveva avuto alternative.
«Potresti sentire un po' di fastidio ma non sarà doloroso, vedrai.»
L'ostetrica gli sorrise e Katsuki si chiese perché mai lo avesse fatto spogliare completamente dalla vita in giù per fargli una semplice ecografia. La risposta arrivò come un fulmine a ciel sereno quando la vide infilare un preservativo su una sonda dall'aspetto molto ambiguo, per poi cospargerla di gel.
«Che diavolo vuole fare con quello!?»
«Questa? È la sonda per l'ecografia. Nel primo trimestre il feto è ancora troppo piccolo per un'ecografia esterna.»
«Sta scherzando?! Vorrebbe infilarmi quel coso nel... nel---» non riuscì a completare la frase. Il viso gli bruciava per l'imbarazzo.
«Purtroppo non c'è altro modo. Ma, come ho detto, non sarà doloroso. Coraggio.» Gli afferrò le caviglie senza dargli il tempo di replicare, oppure di scappare via dalla stanza. «I piedi qui, bene, vieni verso di me con i fianchi. Così, bravo.»
Katsuki sentì una pressione tra le natiche e avrebbe voluto morire per l'imbarazzo. L'ostetrica accese il monitor e spinse in profondità dentro di lui. Si tese sul lettino. Non faceva male, ma era così imbarazzante che avrebbe voluto poter strisciare in un buco tre metri sotto terra e morirci. Sperò con ogni fibra del suo essere che il suo corpo non reagisse a quella sensazione fin troppo familiare e solo il pensiero lo fece avvampare ancora di più.
«Bene, vediamo un po'... eccolo qui!» La dottoressa mosse la sonda e Katsuki si morse il labbro inferiore cercando di resistere all'impulso di alzarsi e scappare via a gambe levate.
«Sembra tutto nella norma.» Premette qualche tasto e l'ecografo emise un suono acuto «Le dimensioni sono buone, entro i parametri. Ora sentiamo il battito.»
La donna armeggiò con il macchinario per qualche istante, mosse ancora la sonda e Katsuki trattenne il fiato. Non sapeva perché. Se nella speranza di sentirlo o di non sentirlo. Ma poi eccolo, un rumore che non aveva mai udito prima, così veloce che pareva impossibile che fosse un battito cardiaco.
L'ostetrica ruotò lo schermo verso di lui.
«Abbiamo il battito. Congratulazioni.»
Sullo c'era schermo un'immagine grigia, confusa e tremolante. Al centro uno sfarfallio, che pareva un battito d'ali di colibrì per quanto era veloce, e sotto una banda colorata che correva svelta, inseguendo le pulsazioni di quel cuore minuscolo. Katsuki avvertì il suo stesso cuore perdere un battito per poi accelerare. Si sentiva stordito, quasi ubriaco. Una nuova emozione fiorì nel suo petto, come un fiore in primavera. Un amore incondizionato, che non aveva mai provato prima, senza forma, senza nome, ma così grande da soffocarlo. E in un secondo seppe che avrebbe fatto di tutto per difendere quella fragile vita che stava crescendo dentro di lui.
L'ostetrica sorrise. Katsuki sentì la pressione alleviarsi mentre la sonda scivolava fuori dal suo corpo. Lo schermo si spense e lui boccheggiò: voleva vedere di nuovo quell'immagine. Voleva sentire ancora quel suono.
Stava per dirle di riaccenderlo ma è troppo tardi, lei si era già alzata.
Gli consegnò dei fazzoletti per ripulirsi e si allontanò verso la scrivania e rassettò le carte su cui aveva scritto i dati dell'ecografia.

𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDekuWhere stories live. Discover now