Capitolo secondo

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Questo capitolo è stato a dir poco un parto. Mi sono arenata a metà per colpa degli esami e da lì è stata una lotta contro le parole.

Spero sia un capitolo soddisfacente (un po' meno lungo del primo, ma decisamente molto denso). Buona lettura!

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Akaashi non aveva mai avuto un grande interesse nella pallavolo. Aveva preso parte al club sportivo delle medie, è vero, ma non aveva mai ottenuto grandi risultati, lo aveva fatto così, tanto per, siccome gli capitava di avere molto tempo a disposizione e sua madre glielo aveva praticamente imposto:

"Devi fare sport, Keiji! Lo sport serve a temprare il corpo e lo spirito! E poi, chi lo sa, potresti farti un sacco di nuovi amici!" e così aveva fatto. Si era iscritto, aveva iniziato gli allenamenti, poi le amichevoli, poi i tornei. Eppure non sentiva niente.

"Sei cresciuto cinque centimetri in tre mesi?! Cavolo, Akaashi, sei altissimo!"
"Cavolo, ormai sei alto un metro e ottanta! Fantastico!"

"Già, fantastico..."

Eppure non brillava.

Giocava bene per essere solo in terza media, certo.

Eppure la sua squadra aveva appena perso.

"AHA! Eccolo lì, il futuro asso del liceo Fukurodani!"
"Ha fatto un altro punto, è incredibile!"
"Per essere solo al primo anno, è degno del torneo nazionale!" Akaashi era appena uscito dallo spogliatoio quando sentì delle grida dagli spalti della palestra: era appena finito il torneo invernale delle medie in cui la sua squadra era stata eliminata, e nella stessa palestra erano iniziate le prime fasi del torneo per le scuole superiori.

"HEY HEY HEYYY!!!" una voce rauca e particolarmente rumorosa proveniva dal campo sottostante gli spalti e subito tutto il pubblico esplose in un tifo assordante: "BOKUTO! BOKUTO! BOKUTO!".
Quando Akaashi finalmente si decise a osservare meglio il campo da gioco sotto di lui, lo vide: il ragazzo che stava facendo esaltare tutto il pubblico, il numero sulla sua maglietta era il 4, i capelli acconciati in un modo che ricordava lontanamente un gufo cornuto e quelle... ginocchiere? Pensò fosse quasi ridicolo.

Poi spiccò il volo.

"E' una stella" pensò, e nella sua testa si accese qualcosa: c'era una pinza che gli stringeva il cuore, si sentiva la testa leggera ma le gambe pesanti.
Sentiva la vergogna di aver appena perso ma allo stesso tempo il suo cuore ardeva di rivincita.

"Mamma, andrò al liceo Fukurodani."

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Dopo essere uscito dalle scuole medie con dei voti eccellenti, Akaashi passò gran parte del proprio tempo a cercare di migliorare il più possibile nelle alzate, sognando il momento in cui avrebbe avuto la possibilità di alzarla a Bokuto.
Ma appena immaginava di averlo davanti, sentiva tutto il suo corpo scaldarsi: le guance, le orecchie, persino il petto.

Quando arrivò la lettera che comunicava l'ammissione di Akaashi al liceo Fukurodani, si sentì pervadere per la prima volta nella sua vita da un misto di emozioni contrastanti: era emozionato perchè avrebbe potuto finalmente avvicinarsi a Bokuto ma allo stesso tempo era spaventato all'idea di non essere abbastanza bravo, abbastanza pronto, o di non piacergli.
D'altronde, Akaashi non aveva mai avuto amici, non dopo quello che gli era successo per colpa del suo migliore amico.

Dacchè ne aveva memoria, ad Akaashi non era mai importato particolarmente di avere tanti amici. Gliene era sempre bastato uno solo, Junichi, il bambino che abitava nella casa di fianco alla sua: avevano frequentato le elementari insieme, giocavano sempre insieme e avevano passato momenti magici in compagnia l'uno dell'altro. Gli sembrava di aver trovato molto di più di un amico. Passava i pomeriggi a pensare quanto avrebbe voluto stare sempre con lui, tutti i giorni: erano cresciuti insieme, le prime esperienze di vita le avevano vissute insieme, le prime gioie e i primi dolori che aveva affrontato aveva potuto condividerli con lui, e si riteneva fortunato ad avere un migliore amico come Junichi.
Erano soliti gironzolare mano nella mano per il giardino della scuola elementare una volta finite le lezioni, intenti a cercare qualche tesoro nascosto nel verde. Quando si emozionava o si spaventava il suo cuore batteva forte forte, così stringeva la mano di Junichi e si sentiva al sicuro: insieme, avrebbero affrontato tutte le avventure e tutti i mostri spaventosi che avrebbero incontrato. Il tempo passava, e più stavano insieme più Akaashi non sopportava di venire diviso da lui durante le ore di scuola: era stato assegnato alla classe più avanzata, mentre Junichi era rimasto nella sezione intermedia, quindi passavano gran parte delle loro giornate separati, a seguire lezioni diverse, con maestri diversi e classi diverse. Tuttavia, Akaashi lo aspettava sempre fuori da scuola, per passare con lui tutto il tempo che aveva a disposizione.
Quando lo vedeva sorridere, il suo cuore batteva di un ritmo allegro su cui avrebbe voluto danzare, mentre se Junichi era triste, il suo petto si accartocciava, gli faceva male come se lo stessero stritolando.
L'unica cosa importante era stare con Junichi, vederlo sorridente, farlo ridere, anche se questo significava fare dei sacrifici: da quando avevano iniziato le scuole medie, se si tenevano per mano nei corridoi o nel giardino, i ragazzi più grandi avevano iniziato a guardarli male, a ridacchiare maliziosamente quando passavano o a evitarli completamente. Ad Akaashi non importava, tanto quelli non erano i suoi amici, solo Junichi lo era; ultimamente però il suo amico si comportava in modo strano: non gli teneva più la mano quando andavano in giro, aveva iniziato a diventare taciturno quando stavano insieme e lo ignorava quando era insieme ai suoi compagni di classe, con cui aveva iniziato a vedersi anche dopo scuola. Akaashi soffriva molto la lontananza dal suo migliore amico, ma non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo.

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