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Non pensavo che quella materia potesse essere più inutile di così.

Mi arrivò un bigliettino appallottolato. Mi guardai intorno e vidi un ragazzo sorridermi.

Portai lo sguardo sulla palla di carta. Esitai prima di decidere di aprirla. La stesi sulla mia gamba e lessi il contenuto del messaggio.

"come ti chiami?" c'era scritto.

"sai, una conversazione si dovrebbe iniziare salutando. Comunque, Chiara." scrissi sul foglio stropicciato, per poi lanciarglielo dritto in testa.

Bingo.

Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sorridere. Mi fece segno che alla fine dell'ora ci saremmo parlati.

————————

Dopo quarantacinque instancabili minuti, quella pazza della professoressa lasciò l'aula, andando a prendere il suo caffè.

Ci alzammo tutti, chi sbuffava, chi si strofinava gli occhi per aver dormito e chi prendeva il cellulare.

Presi il mio zaino e fui pronta ad andare verso l'armadietto, ma quel ragazzo mi fermò.

- ehi, ciao. Comunque, io mi chiamo Dylan. - disse con uno strano accento.

- sei francese? - gli chiesi ignorando la mano che mi porse.

- oh, sì. Mio padre è francese. Sono nato lì. - disse e io mi resi conto che stava ancora tenendo la mano a mezz'aria. Gliela strinsi e sorrisi.

- dopo ho matematica, com'è l'insegnante? - chiesi mentre mi incamminavo verso gli armadietti con lui al mio fianco.

- oh, se hai quella strega della Brown, la tua vita è finita. Non sopporta i novellini. - disse marcando l'ultima parola per prendermi in giro.

Gli diedi una delle mie migliori facce da stronza e aprii il mio armadietto molto violentemente.

- ehi, non intendevo offenderti. - disse raggiungendomi. Mi girai di scatto e scoppiai a ridere, mentre lui mi guardava con una faccia confusa.

- se mi vuoi essere amico, devi conoscermi. Non mi sono offesa. - dissi tranquillamente. Lo vidi sospirare di sollievo, mentre i suoi lineamenti si rilassavano.

Mentre stavo prendendo i libro di matematica, sentii il vociare dei ragazzi farsi sempre più alto.

Mi girai e notai un ragazzo moro, con i capelli lunghi e ricci avvicinarsi ad un armadietto poco distante dal mio. Guardai Dylan.

- chi è quello? - chiesi indicandolo.

- Finn Wolfhard. È...diciamo...uno di quei ragazzi nerd, che è diventato popolare dopo che la sua ragazza, popolare da prima di lui, si è innamorata di lui. - disse guardandolo dall'alto in basso.

- oh...mi sa di stronzo. - dissi chiudendo l'armadietto.

- lo è...dopo la sua "conversione" - disse mimando le virgolette con le dita - ha cambiato gruppo di amici e li ha lasciati marcire da soli. Eccoli sono loro. - disse indicando tre ragazzi che lo guardavano male da lontano.

- ma perché li ha lasciati da soli? - chiesi guardandoli.

- perché loro non volevano far parte della popolarità e lui non voleva far parte dei mediocri.

- mediocri? - chiesi non capendo.

- devi sapere che qui in America, nelle scuole, ci sono dei...come dire...dei gradini. - mi disse.

- oh, come nella civiltà egizia? - chiesi alzando entrambe le sopracciglia.

- si, una specie. Esistono i popolari, come Wolfhard, che sono conosciuti da tutta la scuola. Poi ci sono i mediocri, come loro e anche noi, che...ci facciamo degli amici e poi i perdenti, che si riconoscono da come camminano. Sempre soli. - disse con un tono di delusione.

those damn eyes.Where stories live. Discover now