Capitolo Uno

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26 marzo 1579

Il Maglev procedeva a velocità costante, sospeso sulle sue rotaie, in direzione dell'Accademia di Neza. Nonostante la rapidità del treno, il viaggio era lungo, e non si sarebbe giunti a destinazione prima della mezzanotte.

Il paesaggio notturno fuori dal finestrino incantava Kerol. Gli infiniti bagliori che si susseguivano nel nero più profondo davano vita al mondo che la giovane aveva da tempo abbandonato. Il cielo di Zena e le luci della città di Neza erano più gradevoli di quanto ricordasse.

Ma di certo non era gradevole venire scortata come una prigioniera, mentre era costretta a viaggiare insieme al suo nuovo partner – Endris Larenc. Più tempo passava a contatto con lui, più riusciva a odiarlo.

L'ultima decina di giorni si era tramutata per lei in un interrogatorio continuo. Era stata costretta a calpestare il suo orgoglio più di una volta, e dopo tutte le bugie e i giuramenti che aveva sputato addosso agli Orsem e ai Paranx, si chiedeva che cosa le rimanesse. Kerol era composta da orgoglio, bellezza e rabbia. A quanto pareva, ora aveva solo bellezza e rabbia.

Larenc, invece, aveva passato quei giorni a dare ordini ai suoi nuovi sottoposti. La Squadra 812 non esisteva più, ed era stata sostituita da una quindicina di giovani Tesrat Semplici, che andavano a formare la Squadra 831.

Di che fine avessero fatto gli altri numeri, Larenc ne aveva un'idea, ma non osava chiedere informazioni specifiche.

Alcune squadre erano rimaste, e altre erano alquanto longeve. La 817, ad esempio, non cambiava i suoi membri da molto tempo. Tutti altolocati, ovviamente, o le perdite sarebbero state a ciclo continuo. Era capitanata da Khilents Chayon, un Halosat. E non uno qualsiasi.

La famiglia Khilents era in contrasto con gli Endris, e talvolta sembrava che la guerra fosse più tra di loro che tra Zena e Noomadel, ma il fine comune li portava a competere per ottenere più onore sul campo di battaglia, piuttosto che impegnarli in faide famigliari. L'Imperatore lo sapeva, e sfruttava questo punto di forza e debolezza delle due famiglie militari.

Ogni pensiero che potesse distrarre Larenc, alla lunga, lo riportava sul sentiero che conduceva alla sua situazione attuale – il ritorno all'Accademia, al fianco della Djabel del Dragone. Disonorevole, aveva detto suo padre, ma a quanto pareva si trattava di un ordine dell'Alto Imperatore. Impossibile da contrastare. Se l'Imperatore lo aveva detto, non si trattava di una decisione, né di un ordine. Si trattava del destino.

Larenc distolse lo sguardo dal paesaggio al di fuori del finestrino. Era sempre lo stesso, da anni. Vi era un'aria di familiarità, nel vagone del Maglev, in quel sedile rivolto all'indietro.

Cercava sempre posto in quella parte del treno, quando viaggiava verso l'Accademia. Un sedile rivolto all'indietro, verso il campo di battaglia, verso ciò che si stava lasciando alle spalle. Forse per ricordare a se stesso che, volente o nolente, avrebbe dovuto tornarci. Perché quello aveva detto l'Imperatore. Quindi quello era il suo destino.

Gli occhi del giovane Comandante si posarono sulla figura seduta di fronte a lui, che ovviamente non gli rivolgeva lo sguardo. Anche lei guardava fuori dal finestrino, forse il paesaggio, o forse la sua immagine riflessa. Vanitosa e narcisista come era sempre stata, come avrebbe potuto, Lanes Kerol, trovare qualcosa di meritevole del suo sguardo al di fuori della propria figura?

All'inizio non si accorse di essere osservata, o semplicemente non vi badò. Quando però gli occhi di Larenc divennero, a suo avviso, troppo insistenti, la giovane rivolse lo sguardo al soldato. Ed era uno sguardo severo, infuocato, colmo di odio, che stonava con l'eleganza dei suoi lineamenti.

«Che hai da guardare?»

Le prime parole che gli rivolgeva da quando si erano ricongiunti, dopo forse quattro o cinque anni, erano queste? Larenc sospirò, sconsolato. Non aveva speranza di instaurare una relazione pacifica con lei.

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