12. L'omicidio di una folle

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Robert Ashton era sveglio, e fissava le braci spente nel camino cercando di controllare i propri incubi. Sua nipote era fuggita.
Da qualche parte, in qualche modo, Sarah se n'era andata. E lui non aveva idea di dove andare a cercarla. Da principio aveva creduto che la servitù potesse aver giocato qualche ruolo nella sua scomparsa, soprattutto Mrs Carter, la cameriera di Sarah; ma quando la donna era scoppiata in un grido agghiacciante ed era finita in lacrime alla notizia della scomparsa di Sarah, Robert aveva compreso che lei non poteva essere implicata in alcun modo.
Nessuno poteva fingere un tormento simile come quello di Mrs Carter. Li aveva interrogati tutti, ogni membro della servitù, ma nessuno di loro gli era stato di alcun aiuto. Sarah sembrava essere svanita nel nulla.

Ma la cosa che più turbava Robert, quel giorno, era ancora l'odore degli abiti bagnati di pioggia. Quella ragazza, la sorella di lord Charters, gli si era accasciata tra le braccia sotto la tormenta di pioggia molti mesi prima, e tutt'ora Robert percepiva il suo odore, la sua paura, gli ultimi istanti di vita mentre le dita della giovane gli stringevano invano il bavero del cappotto. Robert Ashton non aveva potuto salvarla. Ma aveva scelto di insabbiare l'accaduto, sotto lo sguardo terrorizzato di un altro uomo che, con il pugnale che tremava nella mano, guardava quella giovane donna perdere la vita a causa sua.

Dopo quel momento, in circostanze tanto misteriose, Robert aveva cercato di conoscere quell'uomo. Non l'aveva mai visto a Londra; quella era la prima volta. E nei sobborghi vicino a Whitechapel, l'uomo che aveva scoperto chiamarsi Mark Thomson gli aveva rivelato che l'assassinio della giovane non era stato intenzionale. Lei gli si era avvinghiata contro e lui, che per natura era attratto dagli uomini, l'aveva rifiutata più di una volta. Ma la ragazza non aveva voluto saperne di cedere e così, in un momento che Mark Thomson aveva definito di pura follia, aveva cominciato a spogliarsi e a strofinargli addosso i seni.
E in un momento di altrettanta pura follia, l'avvocato appena trasferito a Londra aveva estratto il pugnale e lo aveva avvicinato alla sua gola.
— Se non ve ne andate subito io sarò costretto a farvi del male.

La ragazza aveva cercato di baciarlo. Sembrava ubriaca. Sembrava una sanguisuga, gli aveva confessato Mark. Così, trattenendo un grido, le aveva squarciato la gola e i suoi tentativi di seduzione si erano interrotti.

In quel momento, alle sue spalle, era arrivato Robert. Lui non aveva compreso subito cosa fosse accaduto, ma quando lentamente la ragazza era stata sul punto di crollare al suolo si era precipitato a sorreggerla.

Aveva cercato di dirgli qualcosa, ma Robert non aveva capito nemmeno una parola. Così gli era morta tra le braccia mentre l'uomo che l'aveva assassinata, tremante, balbettava che non poteva davvero essere accaduto.

— Sembrava una pazza!— aveva mormorato.
— Io non volevo....

— Il vostro nome — gli aveva chiesto Robert adagiando al suolo la ragazza. —Come dite?

— Ditemi il vostro nome.

L'uomo aveva commesso il passo falso di rivelarglielo. Di raccontargli tutta la sua storia. Era stato a causa dello shock. In un momento come quello si rivelavano cose anche troppo personali, e Robert aveva afferrato tutto nei minimi particolari. Era stato allora che il piano aveva preso vita nella sua testa. E la smania, il desiderio per sua nipote, all'epoca ancora diciannovenne, erano esplosi con impeto sommergendolo completamente. Mark Thomson, in cambio del silenzio di Robert, aveva accettato di sposare Sarah per permettere a suo zio di infilarsi nel suo letto.

A riparo da occhi e orecchie indiscrete, i due uomini avevano trasportato il corpo della ragazza fino all'entrata del Dash Club, il tugurio che Robert frequentava spesso ultimamente. E l'avevano lasciata lì, inerme e sola sotto quei gradini, mentre il temporale infuriava e la pioggia inzuppava i suoi abiti. L'indomani qualcuno avrebbe trovato il corpo, ma nessuno avrebbe potuto identificare il colpevole. Perché a quell'ora tarda, sotto a un temporale, non c'era nessuno per le vie. 

Robert si era comunque guardato le spalle allontanandosi, Mark Thomson lo seguiva a passo rapido e, insieme, si erano immersi nei vapori umidi della notte mentre il conte continuava a ripetergli che non doveva fiatare se non voleva attirare l'attenzione di qualcuno.

Mark Thomson era stato molto spaventato all'idea di aver appena ucciso qualcuno. Ma la sua ira, il suo folle gesto, non erano stati qualcosa che fosse stato in grado di controllare. Più tardi, nella taverna di Mrs Deegan, molto lontano dal punto in cui Claire Charters era morta, Mark gli aveva confessato di prediligere gli uomini alle donne.
Non solo, lui li amava, di un amore e una passione che andavano al di là del mero aspetto fisico, o della pura attrazione sessuale. No, Mark Thomson amava le anime degli uomini, ed era così sicuro di se stesso, così convinto di poter rendere propria l'anima di un uomo che non poteva tollerare il pensiero di giacere con una donna. O di baciarla. O di starle semplicemente accanto. E la sua folle passione per il sesso maschile lo aveva portato a commettere un omicidio.

—Per l'amor di Dio, Thomson— aveva sibilato Robert nel pieno delirio del suo tormento. — Siete completamente fuori di testa!

— C'è una natura passionale in tutto quello che faccio e in tutto ciò che sento — era stata la risposta tentennante di Thomson. Era ancora scosso, ma pian piano aveva cominciato a mostrare un aspetto di cui Robert era stato inevitabilmente colpito: macchinoso. In quel frangente, Thomson gli aveva dimostrato che poteva uccidere qualcuno e poche ore dopo averlo già dimenticato. E lui l'aveva considerato il candidato ideale per inscenare il suo piano. Sarah doveva trovare un marito, e quale miglior soggetto di un uomo che detestava le donne e che non si sarebbe mai opposto alla sua intromissione all'interno del talamo nuziale?

— Manterrete fede alla vostra promessa, signor Thomson, o io vi venderò alla legge— gli aveva detto guardandolo negli occhi. L'uomo aveva sollevato il mento come a voler ribattere, ma si era trovato messo alle strette. Aveva appena assassinato una ragazza. Una nobile a giudicare dal taglio degli abiti, e nulla poteva contro un ricatto simile.
— Molto bene — aveva risposto in quello che era assomigliato al ringhio di una bestia selvatica.
— Sposerò la vostra dannata nipote.

E così, per quasi nove mesi, Robert Ashton e Mark Thomson si erano incontrati di nascosto per discutere degli aggiornamenti, delle svolte che l'omicidio e il folle piano del conte avevano preso. E infine, era arrivata la notizia che li aveva messi entrambi in allarme: Jon Charters, quello che aveva scoperto essere il fratello maggiore della vittima nonché vicino di casa della famiglia Ashton, stava facendo ricerche in merito all'assassinio della sorella.

E quel giorno, mentre tentava in tutti i modi di placare i suoi incubi a cui si era aggiunta la scomparsa di sua nipote, Robert Ashton rifletteva sulla figura di Jon Charters. Che fosse in qualche modo implicato nell'ipotetica fuga di Sarah? E inoltre, cos'altro aveva scoperto sull'omicidio di Claire Charters? Decine di dubbi gli affollavano la mente, facendolo arrivare a un'unica ipotesi: la scomparsa di Sarah e le ricerche di Jon dovevano in qualche modo essere collegate.

Ma, quant'era vero che Mark Thomson aveva ucciso Claire Charters, lui avrebbe trovato il modo di porre fine a tutto.

Peccato di mezzanotte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora