21. Lasciarti andare

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Aveva paura, non poteva negarlo. Aveva cercato più volte di convincersi che suo zio non le avrebbe fatto del male, ma quando aveva cercato di scostare le tende dai finestrini per capire da che parte fossero diretti, lui le aveva afferrato il polso con la mano libera e aveva stretto forte. Lo sguardo d'ira che le aveva lanciato avrebbe potuto incenerirla se ne avesse avuto il potere. Così Sarah era stata costretta a rimettersi al suo posto, convincendosi che se se ne fosse stata buona lui non avrebbe fatto del male né a lei né a Will.

Ogni tanto il ragazzo cercava un contatto visivo con lei, ma non trovava riscontro. Non poteva guardarlo, perché era certa che anche in quell'ipotesi suo zio avrebbe usato l'arma contro di lui. Dovevano solo starsene al proprio posto senza porre domande, senza cercare di comprendere altro se non che erano stati entrambi sequestrati. Lei voleva solo che Will sapesse che non lo riteneva colpevole, che avrebbe fatto qualunque cosa pur di tenerlo al sicuro.

All'improvviso la carrozza impattò contro qualcosa, bloccando la corsa con un colpo violento. Sarah finì addosso a Will che la sorresse gentilmente. Fu la prima volta che si guardarono negli occhi da quando era stata rapita, e colse l'occasione per fargli capire che andava tutto bene, che aveva ancora la sua stima.

Ashton picchiettò bruscamente il tetto della vettura. Dall'esterno, poi, giunse la voce del cocchiere. Il tono era urgente e piuttosto preoccupato.

—Abbiamo preso una buca, milord. Il fango blocca le ruote.

Ashton bofonchiò qualcosa a denti stretti. Puntò la pistola contro sua nipote e poi su Will ordinandogli di restare dove erano, aprì la portiera e saltò fuori. Sarah sentì i due uomini discutere a bassa voce, e comprese che quello era il momento giusto.

—Will, te la senti di fare una cosa coraggiosa?

—Certamente, signorina Ashton— dichiarò sottovoce lui.

Sarah aguzzò l'udito per capire se suo zio stesse rientrando, e quando si fu sincerata che stava ancora discutendo con il cocchiere, puntò lo sguardo sul finestrino. Lentamente scostò la tendina e inorridì. Dal vetro opaco riconobbe il profilo di un bosco, sterpaglie e alberi che impedivano la visuale su qualunque altra cosa.
—Ma dove ci stanno portando... — non poté fare a meno di mormorare.

Dovevano essersi lasciati la città alle spalle da almeno mezz'ora; lei non avrebbe potuto riconoscere dove si trovavano in quel momento.

—Cosa dobbiamo fare?— la esortò Will seguendo la traiettoria del suo sguardo incerto.

Lei si riscosse prontamente. —Dobbiamo fuggire. Ma mio zio ha una pistola, quindi sarò io la prima ad uscire. Non sparerebbe mai contro di me, ma tu... Dobbiamo trovare un diversivo...

Will parve rifletterci su qualche istante, poi parve illuminarsi. —So io cosa fare. Fingerò di essere svenuto, così vostro zio si insospettirà e voi potrete uscire, ma dovrete correre il più veloce possibile o sarà la fine.

Sarah si morse il labbro. Sarebbe stata la fine in ogni caso. Ormai aveva perso anche la speranza di rivedere Jon.

Non voleva che anche Will pagasse per le sue colpe.

Scosse la testa. — Non si discute. Non rischierò di mettere ancora in pericolo la tua vita, Will.

—Ma, signorina Ashton!— proruppe il ragazzo afferrandole d'istinto la mano. Quel gesto la lasciò interdetta, ma non si ritrasse al suo tocco. Will la fissava dritto negli occhi. —Sono stato io a ritrovare il vostro nastro, io ho rivelato a lord Ashton dove vi trovavate. E io... io non permetterò a nessuno, soprattutto a vostro zio vi faccia del male.

Sarah, sull'orlo delle lacrime, gli strinse la mano di rimando. —Sono io che sto scegliendo, Will. Sono la tua padrona, d'accordo? Ti ho messo io in questa situazione e sono io che devo risolverla. Devi lasciarmelo fare.

Peccato di mezzanotte Where stories live. Discover now