1-Non mi accontento mai

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A volte penso a quanto è strano il mio modo di approcciarmi alla vita. Odio i pregiudizi ma allo stesso tempo non parlo con nessuno perché "non sei il mio tipo". Mi rendo conto di essere senza amici eppure il primo che si avvicina lo mando via, anche solo incenerendolo con lo sguardo.
Odio il chiasso eppure ogni qual volta mi capita di stare in silenzio mi infilo le cuffiette nelle orecchie per sovrastare il volume dei pensieri con quello della musica.
Adesso, per esempio, non vedo l'ora di uscire da questa casa ma quando arriverò tra le mura della scuola di sicuro vorrò tornare qui.
L'essere umano non si accontenta mai.
Io, non mi accontento mai.

"Buongiorno papà" mi alzo dalla sedia nel vedere mio padre ancora in pigiama che entra in cucina.

Mi avvicino e gli stampò un bacio sulla guancia prima di avviarmi verso l'uscita.

"Vai di già?" chiede in uno sbadiglio.

"Non voglio fare tardi il primo giorno" sorrido cercando di essere il più sincera possibile. La verità adesso è che vorrei fare di tutto tranne che ridere.

"Che hai?" nota subito che qualcosa non va.

"Non ti si può nascondere niente a te vero?"

Poggia i gomiti sul tavolo in attesa di una mia parola che non tarda ad arrivare.

"C'è un ragazzo che è stato rimandato l'anno scorso e quest'anno si trova in classe mia" spiego cercando di evitare una possibile descrizione. Non lo conosco, ma quel poco che so mi basta e avanza.

"Posso intuire che non ti vada a genio"

"Per niente" affermo guardando verso il basso.

"È l'ultimo anno, vedrai che nemmeno ci farai caso" cerca di tranquillizzarmi guadagnando un mio sorriso.

"Ora va, che se no arrivi veramente in ritardo" mi fa cenno con il capo verso la porta, allora lo saluto di nuovo ed esco.

Le cuffiette schiacciate nelle orecchie, immancabili per la vita di tutti i giorni, e lo zaino in spalla. Abito a fianco alla mia scuola, perciò ho il dramma o la fortuna di non dover percorrere nemmeno un chilometro con nessun mezzo pubblico.
In poco tempo infatti arrivo davanti al grande portone blu, che è già spalancato. Tanti dei ragazzi sono già dentro, altri ancora invece stanno fuori, come me.

"Russo! Bentornata" si avvicina un ragazzo, Michael mi pare. Cerco di ignorarlo il più possibile ma ciò non fa altro che aumentare i suoi lamenti.

"L'estate non ti ha resa meno acida noto" aggiunge prima che io stessa non mi scocci, girandomi infastidita.

"A quanto pare no caro. Ah e per informazione, è lunedì ed è mattina, gradirei non sentire alcun rumore, soprattutto se è insopportabile come la tua voce, grazie" lo blocco con una mano prima che possa avvicinarsi un solo centimetro di più. Lo vedo rimanere a bocca asciutta mentre si fa spazio un 'uooh' di sottofondo da parte dei suoi amici.

Scuoto la testa, trovando quel gesto infinitamente inutile ed infantile. Possibile che non esista un ragazzo della mia età che non dimostri la mentalità di un bimbo di quinta elementare?

Entro dentro nell'edificio scolastico chiedendo al bidello dove si trova la mia classe quest'anno.
Terzo piano, la prima a sinistra, come l'anno scorso.
Appena varco la soglia trovo un ragazzo seduto all'ultimo banco, il mio per eccellenza.

"Scusa, puoi spostarti perfavore?" chiedo facendo segno con la mano.

"Per quale motivo dovrei farlo?"

"Perché quello è il mio banco"

"Non mi sembra ci sia scritto il tuo nome"

"Senti, se ci tieni tanto te lo firmo pure il banco, basta che alzi il tuo culo da quella sedia prima che lo faccia io a pedate" sorrido sarcastica per poi vederlo prendere la sua roba e spostarsi una fila più avanti, alzando gli occhi al cielo.
Sono finalmente sola, fino a quando l'amata professoressa non irrompe in classe.
Si sente un 'buongiorno' generale susseguito dalla voce della Pezzoli, colei con cui ho instaurato un rapporto d'odio per eccellenza fin dal primo anno.

"Buon inizio anno a tutti, quest'anno sarà l'ultimo, avrete la maturità ragazzi, perciò non voglio perdere neanche un minuto, per potervi preparare al meglio agli esami a cui vi sottoporrete"

Mi guarda fissa negli occhi mentre io distolgo lo sguardo e torno a dormire con le testa sul banco.

"Anche tu Russo, potresti dormire un po' di più la notte e di meno durante il giorno, così da riuscire a passare gli esami"

Sbuffo contrariata facendo un cenno con la testa per terminare la conversazione mai iniziata.
Non appena comincia a fare il suo bel discorsetto preparato, tutto viene interrotto dalla porta spalancata mostrando l'immagine dello stesso ragazzo per il quale questa mattina non riuscivo a sorridere.
Per un attimo ero pure riuscita a dimenticato il fatto di avere in classe Niccolò Moriconi, invece adesso sono tornata con la consapevolezza di doverlo sopportare e vedere tutti i giorni fino alla fine dell'anno.

"Buongiorno anche a te, Moriconi" lo saluta la professoressa. Lui dal canto suo non la degna di uno sguardo, viene a sedersi in ultima fila, esattamente nel banco opposto al mio dall'altra parte dell'aula. Lo fisso attenta fino a che non accascia la testa sul banco, proprio come me poco fa.

"Ho l'impressione che avremo da divertirci quest'anno"

Afferma la professoressa alternando lo sguardo tra me e il moro che non si è accorto ri nulla. Probabilmente avrà notato lo stesso atteggiamento da parte di entrambi, anche se io la penso diversamente.
A quello non gli rivolgerò nemmeno la parola.

Suona la campanella e mi affretto ad uscire da queste mura, nelle quali già mi sento troppo stretta. Essendo sovrappensiero però, non mi accorgo di avere davanti una ragazza davanti alla quale vado a scontrarmi inconsciamente, facendole cadere tutti i libri che aveva in mano.

"Mio dio scusa" cerco di rimediare al mio danno chinandomi ad aiutarla ma lei in risposta mi sorride, rassicurandomi di stare tranquilla. 
Io al posto suo mi sarei sicuramente mandata a quel paese, penso.

"Piacere, Desirè" mi tende la mano sistemandosi i capelli rossi dietro l'orecchio.

"Emma" la stringo ancora un po' confusa.

"Emma? Quella Emma?" la sua espressione cambia subito nel sentire il mio nome.

"Ehm, non lo so, quante altre Emma ci sono a scuola?" chiedo cercando di essere il meno rozza possibile.

"Non pensavo fossi così" ammette un po' stupita facendomi alterare leggermente.

"Cioè, in giro si dice che sei arrogante, presuntuosa, stronz..."

"In giro si dicono troppe cose" la interrompo prima che possa elencare tutti gli infiniti difetti, che vagano per le bocche di tutti dal momento in cui sono entrata qua dentro la prima volta, cinque anni fa.

"È stato un piacere conoscerti" afferma solamente guadagnandosi un mezzo sorriso da parte mia. Allora torno sui miei passi verso la via di casa.

Una volta aperta la porta, l'unica cosa che riesco a fare è correre verso camera mia e rinchiudermi dentro, in quella stanza piena di pensieri mai espressi e di parole mai dette, nella quale sta nascosta la mia anima. Mobili semplici e insignificanti, pareti bianco latte, così pure, ma che sembrano parlare di me, in ogni loro particolare. Quella stanza che racchiude in quattro mura, tutto quello che non voglio che gli altri vedano di me. Quella stanza in cui c'è quella parte di me che non esiste in nessun'altro posto.

SPAZIO AUTRICE
Nuova fanfiction❤ che ne pensate?

Ho bisogno di amarti||ultimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora