Capitolo 5

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6 Settembre 2017, Londra.

«Pronto?»

Mi poggiai con la schiena contro lo schienale della sedia del mio ufficio, posando il panino che stavo mangiando nella busta.

«Louis, ciao, tutto bene? - non gli diedi nemmeno il tempo di rispondere - Non per farmi i fatti tuoi, ma dovrei chiederti una cosa.»

Immaginai chiaramente il ragazzo aggrottare le sopracciglia, ma sapevo anche che aveva capito benissimo che la mia non era una telefonata di cortesia.

«Ehm... Sì. - rispose, chiaramente titubante - Però ora non posso parlare, sono in riunione e...»

«Non so se l'hai notato dal mio tono di voce, ma la mia non era una domanda.» lo interruppi, questa volta più duramente.

Rimase qualche secondo in silenzio, poi sospirò. Sentii il rumore di una porta aprirsi, un chiacchiericcio interrompersi quando Louis parlò.

«Mi scusate solo cinque minuti? E' una telefonata urgente.» disse a chiunque fosse nella stanza in cui era appena rientrato.

Roteai gli occhi al cielo quando tutti acconsentirono all'istante, chiedendomi se nel caso fossi stata io a fare una cosa del genere nel bel mezzo di una riunione a lavoro, gli altri avrebbero reagito così. Probabilmente no.

«Cos'è tanto urgente da giustificare il fatto che mi hai appena fatto lasciare una riunione con dei rappresentanti della casa discografica?» mi chiese, adeguandosi al mio tono duro.

«Tanto se avessi chiesto ad uno di quei tizi di leccarti i piedi, probabilmente l'avrebbe fatto.» risposi tagliente.

Emise un lamento e probabilmente roteò gli occhi al cielo, ma non mi contraddisse.

«Okay, cosa c'è?» mi chiese invece.

Presi un respiro profondo, chiudendo per un secondo gli occhi mentre gli ponevo la mia domanda.

«Perché non me l'hai detto?»

Contai fino a tre, poi arrivai fino a cinque ed infine a dieci, ma la sua risposta non arrivò. Stavo per aprire di nuovo la bocca quando mi interruppe.

«Di che parli?» mi chiese, in tono seriamente confuso.

Roteai gli occhi al cielo «Lo sai benissimo, Louis.»

«No, ci sto pensando ma non mi viene in mente niente.»

«Oh, andiamo!»

«Non facciamo prima se mi dici a che ti riferisci?» tagliò corto.

Sbuffai nervosamente, non riuscendo a credere che dovessi davvero arrivare a questo per fargli confessare di avermi tenuto nascosta una cosa così importante.

«Perché non mi hai detto che l'anno scorso Harry è venuto a New York?» chiesi tutto d'un fiato.

Quella domanda mi aveva ossessionato per tutta la notte. Per quale motivo me l'aveva tenuto nascosto? Aveva forse pensato che non fosse una cosa importante? Che non me ne importasse? Era davvero stato così stupido?

«Beh Eveline, l'anno scorso siamo venuti a New York almeno quattro o cinque volte, e visto che Harry fa parte della band era normale che ci fosse anche lui, quindi...»

«No, no Louis. - sbuffai sonoramente, chiudendo gli occhi e sfregandomi la fronte con la mano libera dal cellulare - Intendevo quando è venuto da me.»

Silenzio, di nuovo. Per qualche secondo desiderai di poter infilare la mani nel cellulare e strozzarlo, per quanto si stava comportando da idiota. Ormai quel che era fatto era fatto, perché non confessare?

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