Capitolo 36

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29 Novembre 2017, Londra.

Quella notte mi illusi del fatto che quello, per noi, potesse essere un nuovo punto di partenza, un episodio che ci avrebbe fatti pian piano riavvicinare e che avrebbe riportato il nostro rapporto alla normalità, o comunque a quel che di normale ci saremmo potuti ancora permettere.

Ed in effetti, la settimana seguente le cose non andarono poi tanto male: quando non doveva lavorare, Harry mi veniva a prendere dopo il lavoro e passavamo la serata insieme, andando al cinema, a cena, o anche solo facendo una passeggiata. Avevo dormito quasi tutte le notti a casa sua, tanto che ormai avevo guadagnato un intero scaffale nella cabina armadio, il mio accappatoio, spazzolino e profumo erano fissi nel suo bagno, e nel cassetto del comodino posto dal mio lato del letto erano presenti molti miei orecchini, anelli e collane che spesso vi poggiavo per la notte solo per poi dimenticarli lì.

Era ormai diventato un accordo - nonostante non l'avessimo mai deciso verbalmente - il non parlare della gravidanza e di qualunque cosa ad essa legata: sapevo bene che non avremmo potuto continuare a girare intorno all'argomento per sempre e che prima o poi avremmo dovuto affrontarlo, ma sapevo anche che, nel momento in cui l'avremmo fatto, la poca pace e tranquillità che avevamo ritrovato in quei giorni sarebbe svanita come se non fosse mai esistita. Per questo avevo pensato che avremmo potuto rimandare ancora per un po', dedicandoci intanto a noi due e a solidificare il nostro rapporto per far sì che, nel momento in cui avremmo dovuto fare i conti con la realtà, questo non avrebbe rischiato di sgretolarsi nuovamente com'era quasi successo nelle ultime settimane.

Il mio era un piano all'apparenza perfetto e che, per la prima settimana e mezzo, sembrò anche funzionare, ma quando un mercoledì sera ci ritrovammo nel bar situato nell'attico di uno degli edifici più alti di tutta Londra, con una vista notturna spettacolare della città, ed Harry pronunciò si e no due parole nella prima mezz'ora mentre io le provavo tutte per avviare una conversazione o tenere su il morale, capii che qualcosa doveva essere andato storto.

«Okay, mi dici cosa c'è?» sbottai infine, poggiando il mio bicchiere - contenente tassativamente solo acqua - sul tavolino ed incrociando le dita delle mani sulle mie gambe.

Harry dovette captare il tono leggermente più serio ed accusatorio di quello che avevo tenuto fino ad allora e sbatté le palpebre, distogliendo lo sguardo rivolto verso il panorama per poterlo focalizzare su di me.

«Niente.» rispose semplicemente, scrollando le spalle.

Lo vidi prendere un sorso del suo Daiquiri mentre io prendevo invece un respiro profondo.

«Perché devo sempre tirarvi le parole di bocca? - mormorai a me stessa, ma lui mi sentì e sollevò un sopracciglio; questa volta mi rivolsi direttamente a lui - E' ovvio che c'è qualcosa che non va. Perché non mi dici direttamente di cosa si tratta senza che io lo venga a scoprire in qualche altro modo?»

Questa volta fu Harry a sospirare, ma quel suo gesto risultò molto più esasperato del mio; si passò le dita tra i capelli, spostando lo sguardo sull'alcolico che, intanto, si muoveva lentamente da un lato all'altro del bicchiere con cui stava giocando distrattamente.

«Oggi ho avuto una giornata pessima a lavoro.» confessò, ma dal suo tono capii che non era solo quello che voleva dirmi.

«Perché?»

Afferrò saldamente il bicchiere e ne prese un lungo sorso, non saprei dire se perché ne aveva bisogno per continuare a parlare oppure per prendere tempo; in ogni caso, quel gesto mi mise in allerta.

«Ho dovuto dire ai manager che sei incinta.» sparò tutto d'un fiato, prima che potesse ripensarci.

Ci misi qualche secondo a realizzare sul serio ciò che aveva detto, ma quando lo feci sentii le mie sopracciglia aggrottarsi e la mia bocca spalancarsi in automatico.

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