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Il cellulare squilló improvvisamente, segnalando l'imminente arrivo di un messaggio. Frugai nella borsa alla sua ricerca, fra vecchi scontrini, cuffie aggrovigliate e fazzolettini.
Riuscii a recuperarlo e sullo schermo notai il nome della mia coinquilina, nonché migliore amica, Ji eun.
Che fai oggi pomeriggio? Tempo per un caffè?
Sapeva bene quel giorno dovessi lavorare al "Le fleur", il negozio di fiori in cui trascorrevo il mio tempo da ben quattro anni, ad aiutare mia nonna.
Mi spiace, sono a lavoro. Puoi passare di qui più tardi, se ti va. Risposi, terminando la frase con un emoticon che sorride.
Quindi ti perderai la serata con le ragazze anche questa volta?
Le ragazze in questione erano le mie compagne di corso all'università. Ogni fine settimana davano una festa o uscivano per locali. E anche se il giorno dopo c'era lezione, quasi tutte si presentavano, pur rasentando la modalità zombie il mattino successivo.
Io al contrario, cercavo sempre di evitare questo genere di situazioni. Non amavo particolarmente le occasioni mondane: party, locali pieni di gente che si spintona da tutte le parti così ubriaca da non reggersi in piedi, e soprattutto odiavo non riuscire a sostenere alcun genere di conversazione a più di un centimetro di distanza.
Inoltre tenevo alla mia carriera scolastica più di qualsiasi altra cosa, tanto da essermi privata di qualunque tipo di svago negli ultimi quattro anni.
Sospirai posando i gomiti sul bancone. Afferrai il solito grembiule verde scuro con la scritta del negozio e lo allacciai, creando un piccolo fiocco sulla schiena.
Mi dispiace. Digitai. Dovrai cavartela senza di me, come sempre.
Ancora faticavo a credere come fosse possibile la nostra amicizia. Eravamo due tipi di persone completamente diverse, eppure la nostra amicizia amdava avanti da anni.
Ci conoscemmo all'orientamento matricole del primo anno. Da quel momento ci eravamo sorprese di scoprire gli innumerevoli corsi che avremmo frequentato insieme e perciò quanto questo potesse aiutarci a livello scolastico.
Spesso se una delle due mancava, ci scambiavamo gli appunti oppure capitava che studiassimo insieme nella biblioteca del campus dividendoci un cappuccino con panna di Starbucks.
Ji eun era una persona molto espansiva e ogni settimana era sempre la stessa storia; lei che cercava di convincermi ad uscire ed io che declinavo l'invito. Di qualsiasi genere fosse. Sapevo questo la infastidisse un po', ma non avevo alcuna intenzione di farmi distrarre da certe frivolezze. Quindi mentre lei se ne stava in giro a bere e a divertirsi fino a notte fonda, io trascorrevo le mie serate nel negozio di mia nonna, con un libro davanti e una matita infilata fra i capelli.
Non volevo passare per la ragazza più sfigata di tutta Seoul ma diciamo che la realtà dei fatti era questa. La mia vita consisteva in studio, lavoro e di nuovo studio. Non c'era spazio per nient'altro.
Non che lo volessi.
Avevo deciso, precisamente all'età di quattordici anni, che da grande non avrei fatto la fine dei miei genitori. Sposati a diciannove e separati a quaranta.
Per il mio futuro avevo un obiettivo preciso. Volevo qualcosa che, nessuno della mia famiglia prima di me, era mai riuscito a raggiungere.
Avrei frequentato l'università e mi sarei laureata in Architettura.
Motivo per cui, a ventiquattro anni, ancora non avevo mai baciato un ragazzo, non ero mai stata ad una festa o ad un ballo scolastico.
Ji eun mi inviò una fila di emoticon con la faccina triste.
Le risposi con un cuore ed uscii dalla chat.
Dopo essermi sentita una pessima amica, per l'ennesima volta, mi decisi ad aprire la mia app di musica, scegliendo una delle tante playlist.
Partí una qualche canzone kpop vecchio stile - qualcosa che mia sorella avrebbe sicuramemte amato - Perfect man degli Shinhwa.
Iniziai a canticchiare a voce bassa, ballando e cercando di tenere il ritmo mentre controllavo i vari ordini al computer per il giorno successivo.

Dieci bouquet di peonie e gigli per un diciottesimo.
Ore 18 del giorno 25/01

Mi misi subito all'opera, confenzionando i vari bouquet con estrema cura.
Nastri, brillantini e decine di carte da regalo. Ne ero letteralmente immersa.  Lavorando al "Le fleur" però avevo imparato moltissime nozioni sui fiori. Mia nonna era solita dire che a volte
i fiori raccontano meglio delle parole stesse.
Ogni singolo bocciolo aveva un suo profondo significato, il quale variava anche a seconda del colore del fiore stesso.
La peonia ad esempio, nell'antichità ribattezzata rosa senza spine dalla cultura occidentale, era simbolo di purezza e timidezza.
D'altro canto invece il giglio, di colore bianco, era considerato da sempre sinonimo di innocenza.

Flower boy/Kai Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora