13. Posso sedermi sopra le tue gambe?

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Jamie:

Ogni giorno provo a convincermi che tra me e Jillian, non ci può essere niente e infatti cerco di non toccarla per non cadere in tentazione, ma quando l'ho vista tra le braccia di un altro mi è venuta voglia di portarla via con me.

Se fossi un vero amico, sarei stato felice se lei avesse trovato un ragazzo adatto a lei, ma evidentemente non lo sono, perché la sola idea, mi urta il sistema nervoso.

«Non mi parli più?» A interrompere i miei pensieri è proprio lei.
Siamo in ufficio e finora non le ho detto neanche una parola.
Carly è già andata via e noi due siamo rimasti soli.
In realtà, credo siano andati via tutti.

Punto i miei occhi verdi su di lei e la guardo serio in viso, incrociando le braccia al petto.
«Non ho niente da dirti».

Solleva gli occhi al cielo e poi si alza dalla sua sedia e chiude la porta dell'ufficio che è rimasta aperta, poi viene verso di me e io rimango con la stessa espressione impassibile.

«Ti dà fastidio se io ballo con qualcuno, ma tu sei il primo a comportarti in modo strano» le sue guance diventano rosse, mentre si ferma di fronte a me. «Non ti sei più avvicinato».

Sollevo il mento con aria di sfida e inarco un sopracciglio. «Non mi sembra che anche tu lo abbia fatto. Per adesso sono solo io ad aver fatto qualche mossa verso di te».

Non voglio complicare le cose tra noi, e invece eccomi qui, a dirle di avvicinarsi a me.
Il mio autocontrollo sta andando decisamente a farsi fottere.

Lei schiude le labbra e mi guarda con un imbarazzo evidente.
«Co-cosa dovrei fare?»

Sciolgo le braccia e le lascio andare lungo i fianchi, poi allargo leggermente le gambe e la guardo serio in viso.
«Vieni qui. Siediti sulle mie gambe»

Spalanca gli occhi e deglutisce rumorosamente, ma rimane ferma senza fare neanche un passo.
«Non ti mangio». Faccio un sorrisetto malizioso. «Forse» aggiungo.

Oh. Invece la mangerei eccome.

Queste parole la fanno sentire ancora più a disagio, ormai non mi guarda più negli occhi. Continua a guardare le mie gambe, indecisa sul da farsi.
Il suo respiro è diventato più corto ed è terribilmente bella.
«Robert mi sta sicuramente aspettando» sussurra con un filo di voce.

«Se vuoi puoi andare, oppure stare ancora un po' con me e vedere cosa succede» dico con voce roca.
Lascio a lei la scelta.

Sto decisamente superando ogni limite possibile, eppure non riesco a resistere senza provocarla.
L'aria si è fatta carica di aspettativa, malizia, desiderio.

Sposto gli occhi sulla mia scrivania e la voglia di buttare tutto a terra per mettere lei sopra, è sempre più alta, ogni secondo che passa.
Nella mia mente sto pensando a tutto quello che potrebbe succedere se venisse davvero a sedersi qui sopra di me.

Non sarei più capace di resistere e inizierei a baciarla ovunque, assaporando la sua bocca e ogni centimetro della sua pelle.
Le toglierei tutti i vestiti e la farei sedere sopra la scrivania per poi...

Okay. Stop alla fantasia.

Ector è cresciuto a dismisura e ora sta premendo contro i miei pantaloni che in quel punto sono più stretti.

Riporto lo sguardo su di lei che però scuote la testa e respira a fondo prima di darmi la sua risposta: «ci vediamo domani».

Detto questo si allontana ed esce dall'ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
Faccio un respiro di sollievo, ero sicuro che alla fine sarebbe andata a finire così.
Ed è meglio.

Io, tu e uno stage. (Primo libro)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora