Capitolo 9

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-Per quanto tempo è per sempre?
-A volte, solo un secondo.
(Da Alice nel paese delle meraviglie)

CANDICE

La musica assordante preme sui miei timpani che vibrano senza sosta, le onde sonore attraversano furiose la carne, che pulsa a ritmo dei bassi. Mi guardo intorno, ormai da ore le pupille non fanno altro che spostarsi convulse tra il marasma di persone che affolla la pista. Orde di corpi su corpi che si muovono,  macchiati dalle luci stroboscopiche che rendono impossibile distinguere volti, colori. La speranza di poterlo riconoscere, tra questo sciame di persone, sbiadisce, lasciando solo apatia, sconforto.

Spigoli di ossa mi investono ad ogni inflessione dei muscoli, lembi di viscosa pelle mi strusciano sulle braccia, fomentando radicalmente il mio astio verso le discoteche. Mi sento una sardina compressa dentro una scatoletta, per di più, impigliata ai capelli di Stella, che sfrenata scuote la testa, frustando chiunque le passi accanto, compresa  me che le sto di fronte.

Scosto nervosamente le sue ciocche bionde dal viso, ormai al limite della sopportazione «Vado a bere» alzo il tono, per sovrastare la musica perforante.

Lei, affievolisce le sue movenze selvagge, fissandomi stranita «Ancora?» chiede corrucciata e non posso darle torto. Da quando sono arrivata ho scandagliato tutti i banconi degli alcolici sperando di vederlo fare cocktail, servire champagne, ignara di altri lavori possibili da fare dentro questo girone infernale.

«Sì, sto morendo di sete» mi giustifico.

«Okay ti aspetto qui» sgrana le palpebre, indicando con la coda dell'occhio un ragazzo che le balla vicino. Le sorrido comprensiva, passandole accanto per uscire da questa trappola mortale. Mi faccio strada a fatica tra lo sciame di persone che ballano, ciondolano scompigliati da una parte all'altra. L'aria è ricolma di nuvole criogeniche bianche, che continuano a sparare senza sosta offuscando la vista e i polmoni. Inspiro a fatica, superando una coltre di corpi, per uscire dalla pista.

Ho bisogno di respirare ossigeno.

Svolto a destra, inoltrandomi nell'androne che dovrebbe condurre all'esterno della discoteca. Passo accanto ad una coppia di ragazzi che si baciano focosamente, abbassando esitante lo sguardo. Cammino incerta lungo lo stretto corridoio asettico, bagnato dalle luci al neon attaccate alle pareti. Mormorii lontani mi stuzzicano le orecchie, le onde sonore perdono potere attraversando le mura.  Svolto l'angolo, e il pensiero di essermi persa, diventa una certezza, un muro sterile piantato dinanzi a me.
I piedi si fossilizzano all'istante, lo sguardo  si riempie di due  sagome chinate con il viso sul davanzale di una finestra, dove sottili solchi bianchi risaltano sulla roccia scura.

Il rumore di ispirazioni intense sfrega sui miei timpani, le mie gambe indietreggiano d'istinto, ma la suola calpesta qualcosa che si accartoccia sotto il mio peso facendomi gelare il sangue nelle arterie.  Lo scricchiolio calamita i loro sguardi, che saettano su di me come schegge roventi. 
Occhi che conosco inchiodati addosso, l'immobilità dei secondi a premere sulle spalle, non permettendomi di muovere un muscolo.

Loro guardano me, ma io guardo solo lui, che sorride ammanierato, scorrendo le sue pupille sul mio corpo. E quei tratti atteggiati a beffa, li ho visti crescere insieme ai miei.

Sussulto trepidante.
Il silenzio frantumato dal suo respiro.
Tira su col naso.
Forte.
Cosi tanto da graffiare l'aria, arricciarmi la pelle scoperta delle braccia. La musica è sussurro lontano, offuscata da troppe pareti, dal battito pulsante del  mio cuore che sento nelle tempie.

Tu sei velenoWhere stories live. Discover now