Capitolo 57

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Pov's Martina
Gaia si allontana a salutare gli altri, e, mentre si sta organizzando con Marco per gli orari di domani, io prendo il mio cellulare e apro le note per scrivere ciò che mi passa per la mente.
Per scrivere della me del passato che non avrebbe mai immaginato di avere la possibilità di vivere un amore così bello, puro e grande,
della me del presente che ora sorride per davvero, il buio quasi non lo intravede più, e a cui, nonostante tutto, non manca proprio niente,
e alla me del futuro, già malinconica di un amore che finirà ma che ancora è qua con me. Alla me che sarò e che porterà per sempre una parte di Gaia con sé, e che la ricorderà sempre come il viaggio più bello che sembra finire sempre troppo presto.
In quel luogo a cui dici sempre "se ci sarà occasione, ritornerò".
È una cosa che solitamente faccio su un quaderno, o comunque su dei fogli, perché mi piace rileggere ciò che scrivo e percepire e ricordare lo stato d'animo che mi avvolgeva, e che sembra investirmi ancora a seconda del tipo di scrittura. Solitamente scrivo in corsivo, una scrittura veloce e confusa come i miei pensieri. Ho sempre ritenuto che, chi scrive, poesie, canzoni o romanzi, ha la necessità di farlo perché, evidentemente, la realtà non è all'altezza dei suoi desideri.
Senza tutto quel buio, non sarei qui a parlare dei quaderni terminati pieni di parole che spero, un giorno, di poter cantare e sentir cantare.
Per quanto riguarda il corsivo, lo uso perché mi piace che le parole non saltino agli occhi di chi legge, anche se alla fine nessuno ha mai letto niente di ciò che c'è scritto, al di fuori di me, ma mi piace pensare che, se un giorno dovesse accadere, dovrebbero impegnarsi per comprenderle, prestare loro attenzione, analizzarle.
Solitamente cancello con una sola riga decisa e un po' più lunga della parola scritta, quello che non mi piace più, perché adoro tornare indietro, rileggere tutto e vedere la trasformazione del testo, la crescita di un pensiero che, a fine pagina, è quasi sempre concluso, ma non abbastanza da non poter essere riutilizzato e sviluppato ancora.
Stavolta scrivo sul cellulare, non è molto ma è tutto quello che ho, e per non far scappare via ciò che penso, scrivo velocemente toccando quasi con prepotenza lo schermo illuminato.
Mentre scrivo faccio una sorta di promessa a me e alla ragazza dagli occhi blu che si sta avvicinando di nuovo al mio corpo.
Ci sarò, Gà.
Sarò un punto fermo, un pilastro nella tua vita, la consapevolezza di avere un porto sicuro in cui tornare, e la certezza di avere un faro che ti ci condurrà.
Sarò tutto ciò di cui avrai bisogno, le luci che ti hanno spento, le canzoni che non hai cantato, i complimenti che non ti hanno fatto, le carezze che non ti hanno dato e i sorrisi che non ti hanno rivolto.
Sarò, Gà.
Sarò e basta.
<Che stai scrivendo?> da dietro si avvicina curiosa a me, per poi circondarmi i fianchi con le sue braccia, poggiare il suo mento sulla mia spalla, e cercare di captare e comprendere le parole che sto scrivendo.
<Niente> cerco di dirle, ma lei non demorde, credo abbia capito.
<È una canzone, vero?> mi chiede, quasi retorica, comprendendo il perché di tutto.

Gaia, io non lo so come facevo prima di te, prima che qualcuno mi comprendesse dai silenzi, dai respiri.
E non voglio saperlo, né ricordarlo.
Dimmelo, che non mi servirà tornare indietro a scavare e a rivivere una vita in cui non ci sei.

<Per ora sono solo parole, però potrebbero diventarlo> le confesso, sperando davvero con tutto il cuore che queste emozioni uscite di getto e scritte velocemente su un telefono, possano trovare posto sopra giri di accordi non banali né scontati.
<Non sono mai solo parole, Bì. È il tuo cuore che parla, e sarà la tua anima a cantarle, a prescindere da cosa c'è scritto lì. Se ti serve una mano ti aiuto io, possiamo provarla appena arriviamo a casa, tra pochi minuti tanto dobbiamo andare> mi sussurra con dolcezza, cercando, forse, di farmi ottenere quella sicurezza che non ho mai avuto e che a nessuno è mai importato che io avessi.
Sei la prima Gà, la prima in tutto.
<Va bene Gì, grazie> le rispondo, sussurrando anche io le mie parole, come a non voler condividerle con nessuno se non con lei.
Ti sarò riconoscente a vita, per tutto quello che sei e che mi stai facendo diventare.
Mi giro verso di lei e la stringo delicatamente a me, rilassandomi al contatto con il suo corpo e bramando un bacio che, però, ora non posso darle.
<Non vedo l'ora di baciarti> le confesso, dando voce ai miei pensieri, e rimanendo ancora con la mia testa nell'incavo del suo collo.
Rabbrividisce forse al suono delle mie parole, forse per l'amore palpabile che metto nel dirle, forse per il contatto così poco carnale eppure viscerale, o magari per il mio respiro su di lei, che le accarezza la pelle chiara.
Non lo so, Gì, quando ci sei tu mi sembra di non capire niente, ma al tempo stesso di avere in mano le sorti del mondo e di ogni cosa bella.
Mi sembra di poter decidere di scegliere il bene e farlo durare per sempre, così come di allontanare il male, oppure di esorcizzarlo fino, quasi, a non sentirlo più.
<Anche io Bì> mi risponde in un sussurro, per poi lasciarmi un delicato bacio sul collo. Un bacio quasi impercettibile che non pretende di essere niente di più di una materializzazione del bene che mi vuole, che però sento forte come un pugno nello stomaco. Uno di quelli che fa male, ma che ti ricorda di vivere, di smettere di pensare e di far agire quella parte irrazionale che conduce all'amore.
Sarà che ogni cosa, anche la più stupida e piccola, se viene fatta da te, ha il sapore dell'immenso.

Ecco a voi il capitolo! Avrei voluto partecipare alla diretta di Shades, ma purtroppo sto avendo dei problemi con internet a casa. Spero ci sarà un'altra occasione!
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo❤️

Un giorno, se ti vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora