1.28 pov Clythia

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CLYTHIA

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CLYTHIA

Clythia storse il naso, guardando il corpo nudo e allenato sotto di lei, proiettandosi, con il pensiero, il più possibile lontano da quella stanza. Immaginò il bel volto di Darius, la pella costantemente baciata dal sole e le leggere efelidi sparse attorno a quel naso dritto, mentre delle mani, che tanto le erano sembrate affabili ed eleganti la prima volta che le aveva strette, molti anni prima, le stringevano le natiche in una morsa atroce.
Si morse la guancia per non urlare, mentre il dolore le si irradiava per tutta la pelle, continuando a muoversi su di lui, come sapeva gli piacesse.
Cercò di riportare la concentrazione su Darius, sulla lavanda che era solito regalarle, e su quel profumo che riusciva a tranquillizzarla, dandole l'illusione di essere una persona migliore. Una persona chiara e limpida, come una sorgente, priva di ferite, cicatrici e scheletri nell'armadio, come invece era.
La mano si spostò improvvisamente sul suo volto, schiaffeggiandola brutalmente e facendole ruotare la testa pericolosamente verso destra. Dalle fitte di dolore che percepiva e che s'irradiavano fino al collo, le sembrava di non poterla più muovere.
《Voglio che urli, puttana.》
La giovane principessa ricacciò indietro le lacrime, iniziando a fingere un gemito. Ormai sapeva perfettamente come sarebbe andata a finire, tutte le volte era sempre la stessa storia. Più dolore fisico le procurava, più sembrava eccitato e pieno di vitalità.
Lei doveva solo riuscire a resistere al dolore, e non lasciarsi travolgere da esso. Se si fosse accorto della sua sofferenza, sarebbe stato ancora più brusco e più malvagio.
La prima notte insieme, quando si era rifiutata di giacere con lui, non erano servite lacrime, o richieste d'aiuto. L'aveva presa con la forza, da dietro, come una bestia. Al pari di una cagna. Davanti agli occhi spettatori di tutti i presenti in quel tempio del peccato.
Da quella sera di molti anni prima, se lo ritrovava sempre nelle sue camere al calar delle tenebre. E non importava dove dormisse o a che ora tornasse, lui era ovunque ad attenderla.
C'erano delle volte che pensava di essere pazza, di immaginarsi tutto. Che fosse tutto frutto della sua mente, appositamente creato per punirla della vanità e dell' egoismo, che a volte mostrava. Eppure aveva perso la voglia di specchiarsi da tempo e la cosa più egoistica che faceva era fingere di essere la vecchia Clythia. Fingeva per mantenere una facciata di normalità, per avere il controllo su qualcosa.
Difficilmente riusciva a guardarsi allo specchio, le poche volte che lo faceva non riconosceva il corpo martoriato e segnato dai lividi e dai graffi che lo ricoprivano. Ma era solo guardando quei segni che capiva che quel dolore era reale. Che il male che riceveva era vero, come lo era lei.
Ovviamente sceglieva posti nascosti, cosicché nessun occhio indiscreto si fosse accorto di quello che avveniva ogni notte negli ultimi anni.
Lo schiaffo in viso era una novità, anche per lui. Non credeva le avrebbe mai toccato una zona così visibile, evidentemente doveva essere fuori di sé per averlo fatto. Era in momenti come questo che voleva farla finita.
Aveva provato a togliersi la vita, innumerevoli volte. Pensava che, forse una volta morta, lui non avrebbe trovato più il modo di tormentarla. Eppure, ogni volta che ci provava, vedeva i volti della sua famiglia. Erano nuovamente bambini presi a giocare e rincorrersi nei boschi. Vedeva Darius, con i capelli scompigliati al vento, incapace di tenere una spada in mano, Ash, con i suoi animaletti, e il suo sorriso sempre radioso quando aiutava qualcuno in difficoltà, Teti, che le rubava i fiori dalla cesta, per fare un bouquet più grazioso del suo, e Mira, che richiamava a sè i lupi per trovare il suo, studiandone i colori della pellicce e annotando tutte le scoperte su delle pergamene.
Quando pensava a com'erano stati felici da bambini, poteva quasi non sentire il rumore delle zampe che l'arpionavano al suo corpo freddo e ricoperto di peli. Si stava trasformando, perdendo ogni tratto dell'uomo affascinante che l'aveva incantata con i discorsi sulle divinità e sul loro ruolo nella vita scelta dagli dei.
Gettò la testa all'indietro, guardando la struttura che la circondava, le ricordava stranamente una di quelle tele di ragno che riempivano la biblioteca reale.

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