- racconto del passato - (sesta parte)

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Tromos, la splendente fortezza.
Reggia del grande Omega, quarta per importanza, dopo le casate dei tre Signori Oni della Guerra. Prosperava, formando futuri guerrieri pronti alla battaglia.
Cinta da mura era coperta da un mistero, che da anni a questa parte, da quella muraglia non ancora era scappato...

Correvo, più veloce del vento. Correvo, per le vie del mercato, quanta gente che c'era; qualcuno bisbigliava, altri quasi lo gridavano, ma sempre la stessa cosa dicevano "guardate, è arrivato l'umano!".

Ero felice di essere chiamato così, come venivano chiamate le persone importanti, con nomi non propri; per esempio comandante o addirittura Signore. Non sapevo veramente il significato di "umano", ma sicuramente voleva dire qualcosa di speciale e magari era per quello che mi puntavano il dito ogni volta che le persone mi vedevano.
Mi fermai attratto dai vari odori che circondavano la piazza in festa; avvicinandomi ad una bancarella piena di polveri colorate, sentivo tanti vari odori che si mescolavano nell'aria, per lo più piccanti. Un piccolo starnuto mi scappò; il mercante, mezzo addormentato scattò sul posto, mostrando la sua voce profonda e le terrificanti zanne:
"Hey, tu! Umano, stai lontano dalle mie spezie e non ti permettere mai più di starnutisci sopra!"
"M-ma io... io non"
Si alzò dallo sgabello con un'espressione infuriata e subito mi diedi alla fuga sussurrando un "mi spiace". Il bruto mi seguì cogli occhi mentre scappavo infilandomi tra la gente raggruppata; poi con un sospiro roco si riappisolò sullo sgabello scricchiolante.
I mercanti erano sempre così: molto scorbutici. Non mi piacevano, ma tutti quei colori e odori mi attiravano ogni volta a quel dannato mercato pieno di persone e vita, ed ero felice; felice di poter uscire da quel palazzo oscuro abitato solo da ombre e occhi accusatori.

Ancora correvo, senza una meta, in cerca di scoperte e svago. Trovai qualche sasso, un bastoncino e iniziai a giocare all'angolo di un bivio. Mi stavo divertendo quando un singhiozzo poco lontano mi incuriosì. Alzai la testa e dall'altra parte dell'incrocio vidi una bambina piangere, con la schiena contro una parete e le mani a coprirle gli occhi; mi avvicinai timidamente, cercando di non spaventarla:
"Cosa succede, perché piangi?"
"Chi sei? Lasciami sola!"
"Volevo solo..."
"Vattene!"
Mi allontanai, ma solo per prendere una cosa. Le porsi qualche sassolino:
"Cosa vuoi fare con quei sassi?" Chiese
"Giocare con te" risposi
"E perché?"
"Così magari ti sentirai meno triste"

Ci divertimmo per un po', inventando storie e scherzando, poi lei mi chiese una cosa:
"Perché sei così gentile? È strano"
Quelle parole mi sorpresero, ma non ci diedi peso:
"Io sono fatto così"
"Sai mantenere un segreto?" Chiese sottovoce
"Penso di sì"
"Prima stavo piangendo perché... ora non ho più un papà. Un giorno è uscito da casa e non è più tornato, mi hanno poi detto che era morto".
Una piccola lacrima bagnò il terreno:
"Che cos'è un papà?" Chiesi confuso.
Alzò il capo verso di me con un'espressione ancora più confusa della mia, ma poi capì:
"Tu non hai un papà... vero?"
Alzai le spalle, non sapendo cosa rispondere, lei continuò:
"Un papà è qualcuno che ti vuole bene e che si prende cura di te, perché tu non lo hai? Tutti ne hanno uno"
"Non lo so"
Rimanemmo un attimo in silenzio:
"Scusa, ora devo andare. È stato bello giocare con te, magari ci rincontreremo un giorno; grazie per avermi ascoltato" e scappò via prima che potessi dirle qualcosa.
Alzai gli occhi al cielo il sole era già alto, dovevo sbrigarmi a tornare sennò non avrei mangiato.

La ghiaia scricchiolava sotto le suole dei miei calzari mentre correvo disperatamente verso il palazzo. Non mi piaceva quel posto, così scuro e con poca luce, di notte poi tutta sembrava prendere vita scricchiolando e stridendo, mentre le ombre si trasformavano in mostri famelici; ma ora non volevo pensarci, avevo solo voglia di mangiare.
Aprii una porticina scricchiolante secondaria a quella principale.
Una cucina in legno scuro illuminata da qualche torcia, mi diede il benvenuto come al solito. Al tavolo, seduta sui cuscini, mi aspettava Kalia, con il solito broncio, e le solite domande:
"Dove sei stato? Hai fatto tardi."
"Io... ho solo fatto un giro per la città e poi ho trovato una bambina che piangeva e l'ho consolata..."
"Muoviti. Il piatto si è già raffreddato, ma è ancora commestibile"
Mi sedetti sul cuscino, di fronte a lei. Mi ritrovai sotto il naso una piccola ciotola riempita di mistura rosastra:
"Che cos'è?" Feci quasi disgustano
"Non fare lo schizzinoso. È zuppa di barbabietole in salamoia."
Mi feci coraggio e diedi la prima cucchiaiata, cercai di non vomitare e mandai giù.
Mangiammo in silenzio, come di solito, poi Kalia mi richiamò:
"Eleos"
Alzai la testa dal piatto e lei continuò:
"Perché hai aiutato quella oni? La conoscevi?"
Che strano, aveva fatto la stessa domanda di quella bambina, risposi:
"Non la conoscevo, stavo giocando ad un angolo della strada e ho sentito dei singhiozzi, mi sono avvicinato e l'ho consolata"
"Le hai chiesto una ricompensa per il tuo aiuto, un ricatto, un favore da sdebitare?"
"No... l'ho fatto solo per..."
"Compassione..." disse sussurando, mentre la sua espressione esprimeva dubbio e perplessità:
"Comunque, non voglio che tu faccia più ritardi. Voglio che tu sia qui prima che il sole raggiunga il suo punto più alto. Inoltre come da regole, per il resto del giorno non potrai uscire dal palazzo, ma ti è concesso esplorarlo, sempre ovviamente con discrezione ed evitando il terzo piano. Se rompi qualcosa. Paghi"
"Si kal- signora" risposi intimorito.

Finì la zuppa, chiesi il permesso di alzarmi e inizia a vagare per il palazzo, osservando i quadri e le pareti decorate. Non c'era molto da fare, così la mia mente iniziava a pensare e un dubbio mi attanagliava. Dovevo assolutamente scoprirlo.
Corsi indietro e scorsi lentamente la porta:
"Ehmm signora... balia?"
Una smorfia divertita comparve sul suo viso e staccò gli occhi dal suo libro:
"Va bene, puoi chiamarmi Kalia, ma che non si sappia in giro."
Mi sedetti accanto a lei e mi strinsi tra le spalle:
"Qual è il problema?" Fece lei, capendomi al volo:
"...Ho un dubbio. Vorrei parlare con l'Ome-"
Mi tappò la bocca:
"Ne abbiamo già parlato non puoi chiamarlo così, lui è il tuo Signore"
"Allora vorrei parlare con il Signore Omega"
Kalia face un respiro profondo, massaggiandosi la fronte con due dita:
"Cosa gli vuoi chiedere di tanto importante?"
"...È un segreto" dissi, guardando per terra.
Mi accompagnò fino al secondo piano e scorse la porta dell'ufficio dell'Omega:
"Salve Signore, se non la disturba Eleos vorrebbe parlare con voi"
"Riguardo a cosa?"
"Non ha voluto dirlo"
"Fallo entrare" acconsentì.
Uno studio molto grande, illuminato dalla tenue luce del sole coperto dalle nuvole. I mobili, sempre scuri, avevano rifiniture eleganti, mentre i decori sulle pareti rappresentavano significati a me sconosciuti:
"Può lasciarci soli?" Chiesi.
Kalia guardò l'oni, che con un cenno del capo le diede il via libera. Chiuse la porta e la sentì scendere le scale.
Una figura imponente e quasi spaventosa si alzò dalla scrivania dove stava lavorando. Incrociò le braccia, mentre mi osservava scrupolosamente coi suoi occhi viola brillante, terribili. Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi:
"Omega..." si accigliò. Ebbi un sussulto. Ma non mi fermai; lo guardai dritto negli occhi di tenebra e la voglia di conoscere mi diede la parola:
"Sei tu il mio papà?"

To już koniec opublikowanych części.

⏰ Ostatnio Aktualizowane: May 14, 2021 ⏰

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