.1. una nuova vita .1.

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-giratevi,mettete le mani contro al muro e divaricate le gambe.

Questa fu l'unica frase che sentí la mia testa quel giorno.
Ero finita in carcere, io che sognavo un futuro brillante, magari su un'isola sperduta, lontana da tutti, e adesso mi trovo chiusa in un posto buio e umido, con gente che ha commesso di tutto, dalla semplice rapina allo stupro e all'omicidio.
Indossavo una divisa gialla che mi faceva pizzicava tutto il corpo, mi sentivo quasi torturata.
Camminavo lentamente dietro altre detenute, nel vano tentativo di rallentare il più possibile l'effettiva entrata in carcere, ma venni subito richiamata dalla guardia ad aumentare il passo, esitai ma alla fine aumentai il passo.
Vidi delle grate in ferro, l'entrata del carcere mi fece spezzare il fiato e quasi mi sentivo svenire.

-207.

Disse la guardia nella radiolina scandendo la propria voce ed immediatamente quella porta di ferro nelle grate si aprí.
Era tutto finito, la mia libertà,  la mia tranquillità,  la mia salute finivano in quell'istante.
La mia vita non sarebbe più stata la stessa.
Un sacco di urla, fischi e risate accolsero me, le 3 detenute e le guardie, che cercarono in tutto il modo di far stare zitte quelle che urlavano.
Non mi guardai attorno, ero terrorizzata, non sono mai stata una persona forte.
Le guardie iniziarono a dividerci per darci una cella.
La guardia che mi stava accompagnando era un uomo di mezza età, di nome Fabio, almeno, mi ricordo questo nome, anche perché perché lo disse in modo veloce e senza ripeterlo due volte.
Mi trascinò su per le scale perché evidentemente si era accorto della mia espressione terrorizzata.
Arrivammo davanti ad una cella e poggiando una mano sulla mia schiena mi "spinse" all'interno.

-Revi, questa é la tua cella, fatti il letto.

Guardai velocemente le altre detenute, che sembravano meno aggressive rispetto alle altre e mi avvicinai al letto, ormai quella guardia se ne era già andata.

-Ehi ciao, benvenuta!

Una ragazza bassina si era già affiancata a me e mi sorrideva come un ebete.

-Tere, così la spaventi dai, piacere io sono Monica.

Rispose un'altra e allungò la mano verso di me.
Mi girai a guardarla e presi la mano.

-Cecilia...

Mi feci il letto e intrapresi una conversazione con loro che mi spiegavano un po' le regole del carcere.

-Non chiedere favori, a nessuno, a meno che tu non sia in grado di ricambiare in qualsiasi maniera , fisico ed economico. Devi mangiare tutto quello che ti danno. Nelle docce non prendere mai oggetti che non sono tuoi e non scambiarli con nessuno. Ma cosa più importante, non infastidire mai, e poi mai, Zulema Zahir.

-e chi sarebbe?

-Presto lo scoprirai.

El veneno del escorpión |Zulema Zahir|Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt