Un ariete ed un bilancia.

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«Carino, vero?» chiese Marta pizzicando il braccio della sua amica, beccandola a guardare Charles che intanto, poggiato alla ringhiera, parlava con Riccardo.

Si. «No!» rispose di getto, spostando lo sguardo dal ragazzo. «È solo un altro ragazzo con l'abito di Armani e la Ferrari.»

«Che ne sai che è Armani?»

«Di certo non è di H&M!» ribatté Alessia, stringendo tra le mani il bicchiere ormai vuoto. «E non metterti strane idee in testa! Non lo trovo carino, punto.» specificò incrociando le braccia al petto. Marta sorrise e si portò il bicchiere alle labbra.

«Lo stavi guardando con un certo interesse.» commentò poco prima che i due ragazzi si sedessero sul divanetto accanto a loro. Charles prese posto al fianco di Alessia e Riccardo accanto alla sua ragazza.

«Quindi andate tutti alla stessa università?» domandò Charles, recuperando un altro bicchiere di Martini dal tavolo. Riccardo annuì rispondendo alla sua domanda, anche se il moro si rivolgeva ad Alessia, che non lo degnava nemmeno di uno sguardo. Si era carino, ma era sicuramente come tutti gli altri che aveva conosciuto!

«Tu invece cosa fai?» chiese ironica Alessia, aspettandosi la solita risposta che riceveva ogni volta: 'lavoro nell'azienda di papà' che tradotto in parole povere significava 'non faccio nulla oltre che spendere soldi non miei'.

«Diciamo che.. lavoro con le macchine.» rispose, cercando di rimandare la scoperta del suo vero lavoro a data da definirsi. Voleva godersi quella breve sensazione di poter essere apprezzato - oppure odiato - per quello che veramente era.

«Certo, immagino.» commentò ironica sotto voce, cercando di trattenere un sorriso. Subito intervenne Marta, dandole il gomito sul fianco cercando di limitare la sua acidità.

«In che senso, scusa?» insisté Charles, facendo scuotere la testa a Riccardo. Alessia si voltò verso il moro, che tra le mani aveva ancora le chiavi della sua adorata Ferrari nera. La ragazza lo squadrò velocemente da testa a piedi, poi alzò gli occhi al cielo.

«Immagino il tuo lavoro con le macchine. Forse è testarle finché un sabato sera non ti schianti contro un muro troppo ubriaco e poi corri da papino piangendo per avere l'ultimo modello Ferrari?» rispose con un tono ironico e strafottente, lasciando Charles con la bocca secca. La ragazza ebbe un altro spintone dalla sua amica, ancora più visibile, tanto da spingerla a doversi alzare ed andare via.

«Charles mi dispiace per..» cercò di rimediare Riccardo, ma il moro fu più veloce e si alzò per avvicinarsi alla ragazza che si era poggiata alla balaustra.

«Ottima analisi.» commentò, interrompendo i pensieri di Alessia. Si voltò verso di lui, che ormai l'affiancava. Ora poteva anche sentire leggermente l'essenza del suo profumo. Riuscì a vederlo da più vicino e anche se sotto la fioca e colorata luce della discoteca, capì che gli occhi del ragazzo non erano del tutto scuri e marroni come aveva pensato. Verso l'esterno sembravano molto chiari, forse verdi o azzurri, non riuscì a definirlo. Però riuscì a vedere bene il fisico che si nascondeva sotto quella polo nera. Da in piedi la maglia risultava molto più stretta e lo fasciava perfettamente. Forse era molto più che carino. «Studi psicologia?»

«No.»

«Già, infatti si vede. Mio padre è morto nel 2017, la Ferrari me la copro da solo. Se vuoi ne prendo una anche a te.» disse con velocità e freddezza, per poi allontanarsi senza lasciarle il tempo di aggiungere altro. Salutò velocemente il suo amico promettendo che si sarebbero sicuramente rivisiti prima dell'inizio delle corse, poi indossò gli occhiali da sole ed uscì dalla porta di sicurezza sul retro. Alessia rimase immobile poggiata alla balaustra, con gli occhi spalancati, le guance rosse dall'imbarazzo ed un groppo alla gola che non riusciva a mandare giù.

«Quando sono diventata così stronza?» chiese appena i tre ragazzi misero piede sulla Mercedes di Riccardo.

«Da quando ti ho fatto conoscere troppi miei amici stronzi. Domani spiegherò tutto a Charles, capirà.» cercò di rincuorarla, ma aveva solo voglia di sotterrarsi e non uscire più. «E non piangere!» la rimproverò, ma era troppo tardi. Le lacrime le bagnarono le guance, guidate dal senso di rabbia che sentiva crescere dentro di se. Aveva trascorso l'ultimo anno a giudicare gli amici di Riccardo che non si era resa conto di essersi trasformata in loro. «Bene, adesso mi sento in colpa anche io.» commentò Riccardo, sospirando mentre tamburellava le dita sul volante in attesa che scattasse il semaforo verde.

«Ale dai, non fare così! Domani Riccardo gli spiegherà perché hai detto quelle cose, va bene?» cercò di rimediare Marta, accarezzando i capelli della sua amica. «Sei nervosa, sotto stress, hai solo cercato di sfogarti. Capirà sicuramente, è un ragazzo di ventuno anni anche lui!»

«Non mi dare della vecchia! Ho appena compiuto vent'anni!» sbottò la ragazza, anche se la sua voce uscì spezzata dalle lacrime.

«Ho già risolto, va bene? Verrà in piscina da me domani, puoi chiedergli scusa di persona.» interruppe Riccardo, posando il cellulare sul sediolino del passeggero libero, dato che la sua ragazza era seduta indietro accanto ad Alessia.

«Spero solo di non fare un'altra delle mie figure.» sussurrò scendendo dalla macchina. Salutò i due ragazzi con un cenno, poi recuperò le chiavi dalla pochette e si trascinò stancamente verso l'ascensore e poi verso la porta di casa. Si spogliò ed indossò una maglia bianca larga, per poi avvicinarsi alla cucina per prepararsi una camomilla. Il senso di disgusto che ancora provava per le sue stesse parole non l'avrebbe lasciata presto, avrebbe sicuramente trascorso la notte insonne, poggiata al bancone della cucina mentre guardava fuori dalla finestra le luci di Milano spegnersi sotto i suoi occhi.
Era sempre stata una ragazza che adorava stuzzicare, ma mai ricordava di aver toccato tasti dolenti per infastidire una persona. Non le piaceva ciò che stava diventando, aveva sempre dovuto combattere con caratteristiche che aveva sempre odiato. Non credeva molto all'oroscopo - soprattutto perché per lei era sempre un giorno no, non importava la posizione di Marte o del Sole - eppure ogni volta che leggeva una descrizione dell'Ariete, si ritrovava. La maledetta indole guerriera che la rendeva una combattente determinata, l'impulsività, l'impazienza e la propensione verso l'irascibilità e l'aggressività. Lei era quello e non le era mai piaciuto.
Invidiava invece le persone calme, più propense al discorso che all'aggressione verbale per poter nascondere i veri sentimenti, odiava non saper ragionare prima di prendere una decisione.
Le serviva un opposto per controbilanciare, oppure le serviva una seduta da qualche bravo psicologo.

Intanto dall'altro lato di Milano, Charles ascoltava la voce del suo amico al cellulare, anche se era profondamente arrabbiato si sentiva in colpa per averle detto quelle parole. Lui era sempre stato un ragazzo calmo, in caso di litigi o battibecchi era un mediatore nato. Nelle situazioni di conflitto soffriva anche se aveva ragione, gli piaceva essere socievole e trovarsi un muro - come quello di Alessia - davanti lo aveva spossato ed alterato.

«Non ti preoccupare, ho capito. Domani risolverò.» disse poggiandosi al tavolo fuori il suo balcone. Da quell'attico poteva vedere bene tutta Milano e ne rimase inevitabilmente incantato.

«Ti devo chiedere un piacere, però.» aggiunse con tono colpevole e portò Charles ad alzare gli occhi al cielo. «Domani potresti passarla a prendere? Io e Marta siamo già a casa mia ed Alessia non ha la macchina quindi..»

«Quindi devo sopportarla già di prima mattina?» domandò ovvio, ricevendo solo una risata come risposta. «Almeno divertiti sta notte.» aggiunse Charles prima di chiudere la chiamata. Prese posto sulla sedia al suo fianco e si poggiò contro lo schienale per alzare lo sguardo al cielo e godersi le poche stelle visibili, per rilassarsi prima di dover affrontare un'altra interminabile giornata con una ragazza fin troppo lontano dai suoi vecchi standard.
"Finché guiderai una Ferrari e guadagnerai un sacco di soldi tutte acconsentiranno a quello che dici" ed era assolutamente vero.
La sua vita era bella ed era quello che aveva sempre sognato, ma poteva fidarsi solo dei suoi vecchi amici e questo lo spingeva a chiudersi in se stesso rendendo i problemi ancora più grandi di quello che potevano essere.
Quella sera quindi cercò di rilassarsi guardando lo spettacolo che gli si presentava davanti, rimandando i problemi al giorno successivo.

Note:
Buongiorno ragazzi! Come state?
Per questa settimana aggiornerò ogni giorno, così per farvi conoscere la storia, poi mi regolerò a seconda dell'interesse che mostrate.
Spero vi piaccia, fatemi sapere!

Per uno come me, c'è un'altra come te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora