Gattopardo.

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Quella giornata era iniziata veramente male per Alessia.
Le luci nella sua camera si erano rotte, lasciandola così dormire al buio. Quando si era recata verso la doccia per scaricare la tensione sotto l'acqua bollente, aveva ricevuto solo una tiepida acqua semi-gelida, dato che la caldaia aveva scelto di abbandonarla quella mattina.
Si era recata in università senza aver fatto colazione, con lo stomaco che brontolava e la pioggia che aveva distrutto il suo piccolo ombrello nero. Si era dimenticata il pranzo, sperando che Marta portasse un tramezzino in più da poterle scroccare, ma Marta aveva chiamato pochi minuti dopo quell'idea informandola che non sarebbe andata in università quel giorno perché era distrutta dai dolori causati dalla palestra, e quindi si era dovuta arrangiare mangiando un tramezzino dalla macchinetta, facendola pentire amaramente della scelta.
Quella giornata faceva esattamente schifo.
Eppure lei sorrideva guardando il suo cellulare durante l'ora più noiosa di diritto del lavoro.

"Sono già fuori" le aveva scritto Charles, mezz'ora prima che terminasse la lezione. Alessia tornò a guardare il professore anche se non aveva capito granché di quello che stava dicendo, anzi si ritrovò a ringraziare Marco che le avrebbe passato la registrazione di quella lezione. Gli ultimi rintocchi dell'orologio sembravano andare a rallentatore, lei aspettava solo una parola magica per afferrare la sua borsa già pronta e correre fuori alla ricerca di una Ferrari.

«Bene, per oggi abbiamo finito qui. Ci sono dubbi?» La domanda finale del professore fu sentita appena dalla ragazza che già si trovava nel corridoio e camminava a passo svelto verso l'uscita. Poco prima di oltrepassare il cancello si diede un contegno, aggiustandosi la maglia che indossava ed i capelli, poi si mosse verso il parcheggio e cercò la macchina di Charles.

«Chérie!» Una voce inconfondibile la chiamò e si voltò. Charles sventolava la mano per farsi vedere, dato che era abbastanza lontano da lei. Era rimasto in disparte, sperando che nessuno in quel momento lo riconoscesse anche se il parcheggio era quasi semi vuoto. Alessia sorrise e con calma si avvicinò al ragazzo, scrutando con attenzione la macchina.

«Ma non era nera?» Domandò spontanea, indicando la Ferrari rossa a cui il ragazzo era poggiato. Charles alzò le spalle ridendo, lasciando intendere che l'aveva semplicemente cambiata, poi si avvicinò alla ragazza per lasciarle un bacio sulla guancia. «Quella è una brioche?» Continuò poi, guardando il sacchetto bianco che il ragazzo teneva stretto. Lui annuì, porgendolo verso di lei che subito lo afferrò.

«Ero in un bar quando mi hai commentato il favoloso tramezzino che stavi mangiando, non potevo portarti un cornetto dato che sono le sei del pomeriggio, quindi ho pensato alla brioche.. ti piace?» Chiese mentre faceva il giro dell'auto per poter salire al posto del guidatore. Alessia annuì mentre si gustava la brioche fuori dall'auto, facendo poca attenzione alle briciole che cadevano. Sapeva bene che se fosse salita in macchina il ragazzo avrebbe dato di matto, così terminò la brioche, gettò nel bidone le carta e poi entrò in macchina.

«Deliziosa, grazie mille!» Disse sporgendosi verso di lui per lasciargli un bacio sulla guancia. Charles continuò a sorridere e mise in moto l'auto, sfrecciando via prima che il resto del corso di Alessia potesse uscire dall'università. La Ferrari rossa non passò inosservata per le strade di Milano, infatti tutti si voltarono verso di loro, ma sembrava che gli occhi di Alessia fossero attratti da altro, precisamente dal ragazzo alla sua sinistra. Charles aveva gli occhi fissi sulla strada, una mano sul manubrio - che spesso poggiava vicino al finestrino se si trovavano a dover aspettare il semaforo - e l'altra sul cambio. Indossava una polo bianca con un piccolo alligatore verde sul petto, - Lacoste - un jeans blu scuro e delle Puma bianche. I capelli erano più corti di quelli che ricordava, probabilmente li aveva appena tagliati. Erano ben rasati sui lati, mentre lasciava il ciuffo libero sulla fronte. Sul cruscotto c'era una bandana rossa che Alessia subito si sporse a recuperare ed indossare così per tenere i suoi ricci lontani dai suoi occhi. Charles la guardò per qualche secondo mentre il semaforo era ancora rosso, aveva abbassato lo specchietto per aggiustarsi la bandana. Si prese qualche istante per guardarla meglio e quasi rise quando si rese conto che erano vestiti in modo identico. Anche lei indossava una maglia bianca, dei jeans scuri a vita alta e delle sneakers bianche. «Dove mi porti?» Interruppe finalmente il silenzio.

«Dato che devi lavorare questa sera avevo pensato a casa tua, te la senti di andare da qualche parte?» Chiese lui, tornando di nuovo con l'attenzione sulla strada. Stava odiando Milano, ogni due metri c'era un semaforo e li detestava a morte.

«Per me va bene, anche perché devo assolutamente cucinare qualcosa o svengo. Ho bisogno di cibo!» Affermò impaziente, rubando anche gli occhiali da sole del ragazzo che erano posato in modo maldestro nel contenitore per le bibite vicino il cambio.

«Vuoi prendere qualcos'altro di mio?»

«Non essere così noioso, guarda come sono carina!» Lo riprese la ragazza aspettando che lui si voltasse verso di lei. All'ennesimo semaforo, si voltò. Si, le stavano davvero bene le sue cose. Charles annuì sconfitto e lei tornò con la schiena contro il sedile, tirando un pò la cintura di sicurezza per sistemarla meglio sul petto. «Che hai fatto oggi?»

«Ho dovuto sbrigare delle cose di lavoro.. ah, poi mi sono tagliato i capelli, si vede?»

«Si, ti stanno bene.» Rispose lei. «Non sei italiano, vero? Hai uno strano accento..» Chiese poi dopo minuti di silenzio, volendosi togliere quella domanda che da giorni le frullava per la testa.

«No, no. Sono di Monaco.»

«E perché parli italiano?»

«Per lavoro ho dovuto studiare italiano e inglese. Parlo male oppure dall'accento?» Chiese poi preoccupato.

«L'accento, e poi parli quasi sempre francese e si nota che quella è la tua lingua.» Spiegò lei, recuperando le chiavi dell'appartamento dalla borsa dato che si trovavano già sotto il suo palazzo. «Poi dici che ti sfrutto ma sono arrivata a casa in venti minuti, con la metro ed i mezzi ce ne metto quaranta!»

«La mia piccola Ferrari potrebbe risentirne se ti ascoltasse!» Commentò lui ironico, parcheggiando nell'apposito Garage sotto il palazzo. «Comunque dato che resto a cena da te posso ordinare qualcosa, non voglio che ti stanchi a cucinare..» Propose poi, quando entrarono nell'appartamento. Alessia lanciò - letteralmente - la cartella sul divano, poi si stese a peso morto.

«Va bene, ma decidi tu cosa. Ho voglia di pasta!» Affermò sistemandosi gli occhiali da sole sul naso per poter chiudere gli occhi. Charles prese posto al suo fianco ed in meno di due secondi le sue gambe furono occupate da un cuscino e dal viso della ragazza. «Ragù, ecco cosa voglio.»

«Va bene capo, ai suoi ordini.» Disse lui, afferrando il cellulare dalla tasca. «A che ora devi stare a lavoro?»

«Alle nove devo arrivare lì. Non so se lo conosci, è un pub tema Irlanda, O'Connell Irish Pub.» Rispose lei, sistemandosi sulle gambe del ragazzo che non tardò a portare una mano tra i suoi capelli, accarezzandole i ricci. «Lì vado solo quando mi chiamano, per esempio sta sera c'è una festa, invece poi il sabato e la domenica vado alla Terrazza Aperol, sta proprio in piazza del Duomo e oltre a pagarmi bene, non faccio nemmeno molto tardi, solo che lì alle tre del pomeriggio inizio a lavorare..»

«E per che ora finisci domani sera?»

«Alle dieci, massimo dieci e mezza.. è un locale più da aperitivo, la folla arriva alle cinque o alle sei massimo.» Rispose tranquilla con gli occhi chiusi, mentre la mano di Charles si districava tra i suoi capelli. «Perché?»

«Domani andiamo al locale.. ma non avevo tanta voglia comunque.»

«Il Gattopardo vero? Marta lo adora. Se mi passi a prendere possiamo farci un salto..» Propose la ragazza, spostando gli occhiali da sole per guardare meglio il viso di Charles.

«Va bene, allora!» Rispose Charles, sorridendo agli occhioni che gli stava rivolgendo la ragazza. Entrambi sorrisero, poi Alessia chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò cullare dalle carezze del ragazzo verso le braccia di Morfeo.

Per uno come me, c'è un'altra come te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora