Mio buon Dio misericordioso!

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Alessia buttò giù il secondo caffè che aveva ordinato, decidendo che per quella sera basta alcol. Anche se non aveva perso lucidità, preferiva stroncare la sbornia sul nascere.
Intanto Charles era ritornato a sedersi sul divanetto del privé da solo, con un grosso problema nei pantaloni. L'alcol l'aveva spinta a pensare di proporsi per eliminare quel problema, poi si era resa conto che era troppo anche per lei.
Aveva trascorso più di mezz'ora a ballare con lui, godendosi quei leggeri sospiri che emetteva ogni volta che si avvicinava di più.

«Écoute, tu veux me tuer?» le aveva chiesto il ragazzo quando avevano ballato, e anche se non ne aveva capito il senso, aveva riso. A quella risposta però, Charles l'aveva stretta meglio a se e le aveva baciato la guancia, percorrendo poi tutto il suo profilo, fino ad arrivare al collo. Alessia si era voltata di nuovo verso di lui, allacciando le braccia dietro il suo collo e lo lasciò fare, godendosi le labbra contro la sua pelle. La lingua tracciò il contorno, poi afferrava lo strato di pelle con i denti lasciando il segno, per poi soffiarci sopra. Era un marchio che non sarebbe mai riuscita a togliersi, nella sua mente si sarebbe ripetuta quella scena molto più spesso di quanto avrebbe voluto. La mano di Charles era corsa sulla sua gamba, anche se coperta dal vestito aveva sentito i brividi lunga la schiena. Anche se lo aveva richiamato - più un sussurro che un vero richiamo - lui non si era fermato, anzi continuò fino a raggiungere lobo dell'orecchio. «Ne jouez pas avec le feu.» aveva sussurrato con voce roca, lasciando che la ragazza venisse scossa dai brividi. Si erano stretti e stuzzicati, poi si erano ritrovati seduti - a distanza di sicurezza - sul divanetto.

«Figa raga, sono distrutto.» commentò un ragazzo, sedendosi tra i due, portando poi le braccia sullo schienale. «Forse è il momento che mi ritiro con qualche ragazza. Che dici Charles, mora o bionda?»

«Bionda.» rispose il ragazzo, dando una veloce occhiata alla ragazza che il suo amico aveva indicato. Lui sorrise e si alzò dopo avergli lasciato una pacca sulla spalla.

«Bionda?» domandò curiosa Alessia, anche se era leggermente invidiosa. Si voltò verso Charles e lui alzò le spalle. «Che ha la bionda?»

«Mi ha chiesto chi tra le due, la bionda mi piaceva di più.» disse lui cercando di giustificarsi, ma Alessia si voltò di nuovo incrociando le braccia al petto. «Se avessi dovuto scegliere tra te e loro, avrei scelto te!»

«Mi avresti consigliata al tuo amico che vuole trascorrere una notte di sesso?!»

«Cosa? No! Nel senso- andiamo, hai capito!» si corresse, pizzicandole il braccio quando notò che lei scoppiò a ridere. Alessia scosse il capo e si avvicinò a lui, poggiando il viso contro la sua spalla. Aveva un buon profumo, era sicuramente qualcosa di famoso perché lo aveva già sentito eppure non riusciva a ricordarlo. «Mi stai annusando?» domandò poi, quando il naso della ragazza si piazzò contro il suo collo. La sentì sorridere poi annuire.

«Che profumo hai?» chiese lei, sporgendosi verso di lui. Posò una mano sulla sua gamba, poi le labbra strofinarono contro il collo del ragazzo.

«Armani.» rispose sincero, sentendo di nuovo qualcosa muoversi nei suoi pantaloni. Maledizione. «Che ne dici se ti accompagno a casa? Sono stanchissimo.» disse, alzandosi di scatto dal divano. Alessia rise sotto i baffi ed afferrò la mano di Charles per seguirlo. Salutarono i loro amici senza dare troppa retta. Raggiunsero la Ferrari rossa e senza aggiungere una parola si misero in marcia verso casa della ragazza. Charles sfrecciava tra le strade di Milano con facilità, dovuto alle pochissime macchine presenti che si lasciavano sorpassare per poter ammirare la macchina. Intanto Alessia guardava il suo cellulare per leggere alcuni messaggi. Il suo compagno di corso le aveva mandato la registrazione che lei aveva chiesto, mentre sul gruppo dell'università si dannavano per la prova intercorso di inglese. Per fortuna lei aveva già dato quell'esame prima che il professore cambiasse, non dovendo riseguire il corso per dare l'esame con il nuovo professore. Un messaggio di Marta poi l'avvertiva che quella sera sarebbe stata a casa con Riccardo.

«Se vuoi puoi salire, c'è Riccardo con Marta ed ho il gelato.» disse lei, uscendo dall'auto. Mentre camminava nel corridoio del palazzo si teneva al braccio libero di Charles, appena oltrepassò la porta d'entrata si tolse i tacchi con un grande sospiro di sollievo. Alcuni rumori provenivano dal corridoio, ma non ci fecero realmente caso, Alessia si diresse veloce verso la camera per liberarsi del vestito. «Charles! Per piacere, aiutami!» urlò disperata, e quella veramente non era una tattica. La zip del vestito le si era incastrata con la collana ed alcuni capelli.

«Aspetta, ferma che ti fai solo male!» l'ammonì lui, allontanando le mani della ragazza dal vestito. Riuscì ad eliminare l'intoppo della collana velocemente, poi le afferrò la ciocca di capelli incastrata e li sfilò dalla zip, prima di lasciarla cadere verso il basso. Le diede un'occhiata molto accurata, studiando meglio le sue curve, poi dovette lasciarla andare.

«Grazie mille.» sussurrò imbarazzata, recandosi di nuovo in camera. Charles si guardò intorno, cercando di capire da dove arrivassero quei rumori - come se qualcuno stesse sbattendo qualcosa contro il muro - poi pensò al piano di sopra e lì lasciò andare. Alessia tornò con una tuta grigia e si fiondò verso il frigo, alla ricerca del gelato. «Prima o poi scriverò una lettera all'architetto sopra, impossibile che sono le quattro di notte e deve spostare i mobili!» disse spazientita, infilando il cucchiaino nella vaschetta di nocciola. «Vuoi?» propose poi, allungando il cucchiaino verso Charles. Senza farselo ripetere, si lasciò imboccare da lei, cercando di fargliela pagare per quello che era successo al locale. Si leccò le labbra mentre lei lo fissava confusa e sbalordita, poi Charles afferrò il cucchiaino e prese un altro pò di gelato. Alessia si avvicinò quasi ammaliata, mentre gli occhi lo studiavano con attenzione. Si ritrovarono a pochi passi dal bacio, ma un urlo li bloccò.

«Mio buon Dio misericordioso!»
Era Marta. E non aveva urlato perché i due si stavano per baciare. «Riccardo!» urlò di nuovo, facendo scoppiare a ridere i ragazzi.

«Ma stanno-»

«Piccola!» urlò Riccardo, ed Alessia si portò le mani sulle orecchie. «Si, così!»

«Come faccio a dormire con questi due?!» urlò esasperata, voltandosi di nuovo verso Charles. Lui scoppiò a ridere, poi chiuse la vaschetta di gelato e la poggiò nella parte inferiore del frigo.

«Prendi le tue cose, andiamo da me.» rispose lui, incitandola a muoversi prima che i due piccioncini si accorgessero di loro. Alessia si mosse veloce, intenzionata a non mettere piede in quella casa per un lungo periodo di tempo. Infilò nella cartella un paio di cambi, la divisa da lavoro ed il beauty-case, poi corse in cucina accompagnata dai gemiti di Riccardo. Uscirono di casa e scoppiarono di nuovo a ridere, poi tornarono alla Ferrari.

«Ormai passo più tempo su una Ferrari che in altri posti.» commentò ironica, sistemando la cintura di sicurezza sul petto. Quella macchina era creata con gli standard di persone troppo alte per la sua statura. Il viaggio fu silenziosi, forse perché ancora rimbombavano nelle loro orecchie i gemiti poco trattenuti dei loro due amici.
Come aveva immaginato, Charles viveva nel quartiere più ricco della città. Lo seguì senza emettere nemmeno un solo respiro, anche perché lui indossava ancora il suo bell'abito firmato, mentre lei una tuta malandata della Nike. Arrivarono fino all'ultimo piano, poi lui aprì la porta di casa e quasi non le cascò la mascella per terra. Era enorme, ed era solo la cucina ed il salone.
Per un secondo le ricordò l'attico di Christian Grey, ma forse i suoi ricordi erano offuscato dai gemiti sentiti poco prima.

«La camere sono di qua.» disse lui, indicando il corridoio infondo. «Questo è il bagno, quella camera mia e questa camera degli ospiti. Hanno un bagno all'interno quindi puoi sistemarti come vuoi.» spiegò, aprendo la porta della stanza. I colori chiari ed il design moderno e minimalista primeggiava nella camera. Aveva un letto matrimoniale con una testa marrone chiara, la finestra della camera era enorme ed affacciava sulle luci di Milano. Le tende bianche erano tirate e sembrava non averci mai messo piede nessuno in quella stanza.

«Grazie mille, Charles.» disse lei, abbracciandolo. Charles le lasciò un bacio sulla guancia, poi la informò che sarebbe andato a farsi una doccia e che se voleva lo avrebbe trovato nella porta difronte alla sua. Dopo essersi scambiati la buonanotte, ogni uno entrò nella propria camera.

Per uno come me, c'è un'altra come te; Charles LeclercWhere stories live. Discover now