Capitolo 29. (parte uno)

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Eva

Guardare in faccia la realtà era una di quelle cose che possedevo fin da piccola. Non mi facevo illusioni, non speravo in cose che sapevo poi non sarebbero mai accadute.

     Ma io, stare davanti alle mie migliori amiche e dire loro che molto probabilmente questa sarebbe stata l'ultima volta che ci vedevamo, era uno di quei momenti in cui speravo di poter dire "Ehi, sto scherzando!", ma non era così.

     I volti dei ragazzi, per quanto io mi fossi affezionata a loro, in particolar modo a Leo, non mi stavano trafiggendo il cuore come gli sguardi delle ragazze.

     Natalia aveva ascoltato tutto ciò che stavo dicendo in assoluto silenzio, sgranando gli occhi di tanto in tanto. Emma, invece, come Anita, mi era corsa vicino e dopo aver parlato, mi strinse forte.

     Sapevo che Eva era lì con noi, ma anche lei non riusciva a trovare le parole esatte da dire. Ci pensò Kyros, però. <<Ma... è sicuro che sia tuo padre? E se si fossero sbagliati?>>

     Scossi la testa, tirando su col naso per evitare di piangere. <<Sì, è sicuro>> risposi, deglutendo. <<Io... vado a fare i bagagli, okay?>>

     Prima di entrare nella mia stanza, Natalia mi raggiunse e mi strinse forte in un abbraccio. <<Torniamo con te>> mi aveva detto, mentre respirava pesantemente.

     <<No!>> Esclamai io. <<Avete altri sei giorni. Pensate a divertirvi e... non voglio far finire la vacanza a tutte.>>

     <<La vacanza è finita quando il coglione ha varcato la porta>> commentò Mirko, incrociando le braccia al petto.

     Insistetti per farle restare, poi andai in camera senza riuscire a guardare Leo negli occhi.

     Una volta nella stanza, mi guardai intorno e sentii le lacrime salirmi agli occhi.
Non mi importava andare via prima, se avessi avuto la certezza di rivedere tutte le ragazze. Sapevo che Luna se ne sarebbe andata, finita la vacanza. Aveva un biglietto di sola andata per un college americano; Emma sarebbe andata a studiare a Barcellona; Natalia e Anita sarebbero rimaste a Roma, ma i miei pieni erano di andare a Napoli per studiare Informatica e stare con i miei parenti.
Ma a questo punto, non sapevo più se potessi andarci e permettermi una cosa del genere, con papà nei guai.

     Mi passai una mano sul volto, facendo un respiro spezzato, e mi avvicinai all'armadio, mettendomi in punta di piedi per raggiungere la valigia.

     <<Ti aiuto>> la voce di Leo mi raggiunse dalla porta e quando si avvicinò, allungò un braccio e sorresse la valigia per poi lasciarla sul letto. <<Ecco fatto.>>

     Abbassando la testa per asciugarmi gli occhi, dissi: <<Grazie.>>

     Notai che avesse chiuso la porta, ma preferii restare in silenzio. Aprii la valigia e poi mi voltai, di nuovo, verso l'armadio per iniziare a togliere i vestiti. In silenzio, Leo si avvicinò e mi aiutò, piegando i panni su sé stessi e mettendoli accanto alla valigia. <<Come stai?>> Mi domandò poi, di punto in bianco.

     <<Bene>> risposi di getto, come ero solita fare.

     Mentre piegavo una felpa e la mettevo nella valigia, Leo mi afferrò dolcemente le mani e mi sorrise. <<Come stai davvero, Eva?>>

     Non sapevo se fosse stato il suo calore o semplicemente un bisogno istintivo, ma lo abbracciai forte. Leo mi strinse le braccia intorno al corpo e mi accarezzò la schiena. <<Ho paura>> confessai. <<Non so come reagire a questa cosa di papà e...>> mi spostai da lui, mettendomi alcune ciocche di capelli dietro le orecchie. <<... non credo che verrò a Napoli all'università, Leo.>>

The Last Wave. Cavalca l'Onda IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora