Capitolo quarantaquattro

638 66 64
                                    

Kaminari's pov

Girovagai nelle stradine intorno al fast food per un tempo indeterminato, giungendo in qualche modo fino alla vicina periferia. Era incredibile con quale velocità fosse possibile passare dal pieno centro alle stradine abbandonate a se stesse.
Lungo la strada chiesi informazioni anche a qualche passante, ma Hawks sembrava essere scomparso nel nulla. Probabilmente, mi dissi, svoltando l'ennesimo angolo, aveva spiccato il volo e se n'era andato chissà dove. Adesso mi trovavo in un vicoletto buio illuminato da una luce azzurra, probabilmente quella di un vecchio neon; la strada era piena di sporcizia e bottiglie di birra rotte e abbandonate sui bordi del marciapiede. Mi erano sempre piaciuti i posti che sapevano di abbandono; al contrario di quanto si pensa, sono proprio le stradine piccole e poco frequentate ad avere più storie da raccontare. Chissà cosa direbbero i vecchi palazzi che avevo intorno, se potessero parlare. Probabilmente narrerebbero storie di coppiette, litigi, e magari la vita di qualche criminale.

–Cosa significa che te lo sei dimenticato?!– sbottò una voce non troppo lontana. Era di un uomo adulto, fredda ed alquanto frustrata. –Ti avevo esplicitamente detto di portarlo! Lo sai che ne ho bisogno!
–Vuol dire che l'ho lasciato sul comodino– rispose un'altra voce, sempre maschile. –E non è colpa mia! Entra in un bar e caricalo come tutte le persone normali!
–Ti sembro una persona normale, razza di pollo?!– strillò il primo, la cui voce mi sembrava stranamente familiare.

Allungai leggermente l'occhio per vedere meglio dietro un muretto, e mi ritrovai davanti ad una delle scene più assurde e inquietanti che una persona normale avrebbe mai potuto vedere.
–Ah... cazzo– sussurrai, indietreggiando lentamente. Non dovevo farmi trovare lì o non sapevo come sarebbe andata a finire. Nella fretta di andarmene, non feci caso a dove stessi mettendo i piedi e calpestai quei dannatissimi vetri rotti.
Mi voltai, pronto a correre via, ma quello che riconobbi come Hawks parlò al suo compagno. –C'è qualcuno– disse.

Mi portai le mani sulla bocca, spingendo il più forte possibile per non permettermi di emettere alcun suono. Cercai di allontanarmi senza farmi notare, ma con una rapidità ai limiti dell'umano, una persona mi si parò di fronte.
Era un uomo sui venticinque anni, capelli neri, occhi blu e aveva metà del corpo bruciato.
–Ma guarda un po' chi abbiamo qui...– disse, un ghigno stampato in faccia. –Tu spunti sempre al momento perfetto, amico mio!
–Ehi, Dabi!– esclamai. –Scusa bro, volevo salu-
Senza troppe cerimonie mi infilò il cavetto del suo cellulare in bocca. –Ti prego caricarmi questo coso che sono allo zero per cento.
Io lo spostai un po' più di lato, per riuscire a parlare meglio. –Okay, ma secondo me faresti prima a rubarne un altro. Il tuo telefono ormai è un po' vecchio, non trovi?
–Ci stavo pensando, in tutta onestà– disse lui, facendomi cenno di seguirlo. –Magari vado a derubare uno di quei figli di papà, uno di questi giorni... Vieni anche tu?
–Ma sì, facciamo nel fine settimana?
–Andata– disse, accompagnandoli fino a dove c'era pure Hawks.
–Sicuro che sia saggio farmi vedere con te?– gli chiesi, e lui annuì.
–Non mi fido di lui, ma sa che se prova ad aprire bocca gli farò fare la fine del pollo che abbiamo mangiato per cena. Quindi puoi stare abbastanza tranquillo.
Due secondi dopo, spuntammo nel vicolo dove Hawks era rimasto da solo.

–Okay, facciamo le presentazioni– disse il ragazzo bruciato, accompagnando le sue parole con uno stanco gesto della mano. –Denki, Hawks. Hawks, Denki.
–Siete entrambi due doppiogiochisti, deficienti e perditempo– aggiunse. –Andrete un botto d'accordo.
–Ma tu non sei quello di prima?– chiese Hawks, che si stava fumando una sigaretta. Accanto a lui c'erano i resti della sua cena del KFC. –Lo studente dello U.A.? Come fai a conoscere Dabi?
–Potrei farti la stessa domanda, piccione– ribattei con non poco sarcasmo. –Non sei l'eroe numero due?
–Irriverente– disse il pennuto. –Mi piaci.
–E sti cazzi– gli dissi, non curandomi particolarmente della sua simpatia nei miei confronti.
Dabi sogghignò, divertito. –È il ragazzetto più irriverente sulla faccia della terra.
–Tomura me lo dice sempre– confermai con un certo orgoglio.

–Vuoi?– mi chiese il più vecchio, offrendomi una canna.
Hawks si intromise nella conversazione. –Dabi, è solo un ragazzino... Non penso che sia il caso di farlo fumare.
Lo guardai con gli occhi socchiusi. –Ma è serio?– chiesi a Dabi.
–Temo di sì– rispose.
–Eh?– fece Hawks.
–Cioè, pensi davvero che io non mi faccia di già?– gli dissi, accettando di buon grado la canna già accesa con il fuoco blu, fumando alla faccia sua.
Il fumo non avrebbe dovuto dare alcun fastidio, ma preferii comunque spostare il cavetto dalla bocca all'orecchio per non rischiare di danneggiarlo.
–Confermo– disse Dabi. –La prima canna gliel'ho fatta fumare io quasi un anno fa.
Risi al ricordo. –Madò, bro, Tomura ti ha fatto una gran cazziata... te la ricordi?
–Minchia, non me la posso dimenticare!– anche lui si lasciò andare a una grassa risata. –Tuo fratello era proprio fuori di sé!
–"Ti polverizzo il cervello e te lo faccio sniffare, pirla di sto cazzo"– lo imitai con una risata, richiamando alla memoria una delle sue frasi più celebri. Io e Dabi scoppiammo a ridere un'altra volta.
–Voi avete dei problemi– disse Hawks, forse un po' sconvolto.
–Sempre avuti– garantii, allargando le braccia. –Sempre.
–Fate un po' come vi pare– disse infine l'altro biondo, tornando a fumare la sua normale sigaretta.

–Allora, qual buon vento ti porta qui?– Dabi cambiò discorso, creandosi un fuocherello blu sul dito per accendere una canna anche per sé.
–Stavo al KFC con il mio ragazzo e un'altra coppia di miei compagni di classe, quando è spuntato il pennuto– raccontai, accennando a Hawks. –Praticamente mi hanno incaricato di andarlo a cercare perché non ha avuto il tempo di fare un autografo per Bakugou, quello che avevamo cercato di rapire qualche tempo fa.
–Ah, sì... quella specie di porcospino esplosivo– disse, ricordandosi di chi stessi parlando. –Peccato per com'è finita, ci sarebbe tornato utile.
–Eh già– sospirai, buttando fuori il fumo con naturalezza. –A proposito, Hawks, me lo fai quest'autografo? Sarebbe strano tornare indietro a mani vuote dopo ben venti minuti d'assenza.
–Nessun problema– disse. Gli porsi un foglietto che mi aveva lasciato Hitoshi poco prima di buttarmi fuori dal locale; lui lo prese, ci scarabocchiò sopra un autografo e me lo restituì.
–Grazie– dissi, con un cenno del capo.
–A te.

–Tu invece?– chiesi, rivolto al mio vecchio compagno di fumate delle due di notte. –Che ci fai qua?
–È San Valentino anche per me, dopotutto– ghignò, con lo sguardo rivolto al pennuto biondo. –Io e Hawks avremo da fare, stasera.
–Figo, state insieme?– chiesi.
–No– fece Dabi.
–Sì– disse invece Hawks, chiamato in causa.
–No!
–Sì, invece!
Il ragazzo bruciato gli lanciò un'occhiata omicida e il biondo si zittì per un attimo.
–No, io e il pollo non stiamo insieme– dichiarò con risolutezza.
Il pennuto mi fece l'occhiolino. –È solo restio ad ammetterlo in pubblico.
–Hawks ti do fuoco se non smetti di sparare stronzate– lo minacciò. –Non sei il mio compagno.
L'eroe girò gli occhi. –E cosa, allora? Il tuo scopamico con cui uscire a San Valentino? Il tuo uccello preferito?
–Questa è fraintendibile– dichiarai.
Hawks abbozzò una risata, e anche Dabi trattenne un sorriso.
–La mia puttana abituale, al massimo– disse.
–E allora pagami– propose Hawks.
–Fottiti.
–Fottimi– gli fece l'occhiolino.
–Con piacere.

Non riuscii più a trattenermi e scoppiai a ridere. –Cazzo fra, Hawks è di gran lunga la miglior puttana che tu mi abbia mai presentato.
–Ma io non sono davvero una put...– iniziò a difendersi il diretto interessato ma Dabi gli parlò addosso, ignorando completamente.
–Beh...– lanciò un'occhiata maliziosa all'altro ragazzo, ed io ebbi la netta sensazione che gli stesse fissando il fondoschiena. –Diciamo che ci sa fare, sì.
–Non lo metto in dubbio– dissi, dando una gomitata al mio amico. –E quindi lui è l'unico nei tuoi pensieri?
Hawks e Dabi arrossirono quasi simultaneamente.
–Non pensi che si stia facendo troppo tardi?– fece Hawks, pur di sviare il discorso. –Il tuo ragazzo e i tuoi amici ti staranno aspettando.

Finii di fumare e buttai il mozzicone per terra. –Hai ragione. Io vado, allora.
Dabi annuì, riprendendosi il telefono. –Ci vediamo, amico.
–Ciao ciao!– esclamò Hawks, dandomi il cinque per salutarmi. –È stato un piacere!
–Buona scopata, piccioncini!– gli augurai, per poi svanire dietro l'angolo prima che il più grande potesse decidere di incenerirmi le mutande.
Detto ciò, tornai di corsa sui miei passi, l'autografo ben stretto tra le dita, fino a giungere da KFC, dove gli altri ragazzi stavano ancora attendendo il mio ritorno.

______________________________________

Spazio me!

Non vedo l'ora di vedere i vostri commenti lel

Nikita

The Void Behind Your Eyes‐ShinkamiWhere stories live. Discover now