33.Febbre d'amore

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Se qualcuno glielo avesse chiesto, Marinette avrebbe saputo descrivergli fin nei minimi dettagli le sensazioni che aveva provato il giorno in cui Adrien era entrato in camera sua e: - Hai programmi per venerdì prossimo? - aveva esclamato di punto in bianco. Questo perché, nel momento in cui lei aveva scosso la testa, le labbra dell'altro si erano aperte in un bel sorriso, e lui se ne era uscito con una frase del tipo: "Meglio così, perché avevo intenzione di invitarti ad uscire fuori". Allora i suoi occhi azzurri si erano illuminati di gioia. - Dici davvero? E dove mi porti? - la corvina gli si era avvicinata, e con sguardo malizioso gli aveva allacciato le braccia attorno al collo. Adrien però l'aveva guardata a lungo, prima di rispondere: - Ad un'asta di moda. - inutile dire che a quelle parole Marinette fosse andata completamente in tilt. - O mio dio! Non dirmi che sei riuscito a procurarti gli inviti?! - era saltata in aria per la sorpresa. - Eccome: guarda qui! - li aveva tirati fuori dalla tasca dei propri jeans per sventolarglieli davanti al viso in segno di vittoria. - Non ci posso credere! - in risposta, lei gli si era buttata addosso con la forza di un uragano, quasi rischiando di fargli perdere l'equilibrio. Dopodiché aveva iniziato a lasciargli centinaia di baci lungo tutto il viso. - Grazie, grazie, grazie, grazie! - aveva continuato a strillare, facendolo ridere. - Per te questo ed altro, Puuur-incipessa. - le aveva mormorato ad un orecchio, per poi fiondarsi sulle sue labbra e assaporarle con avidità. Marinette si era sentita al settimo cielo: aveva assillato Adrien per settimane e settimane, da quando aveva saputo che ci sarebbe stata quell'asta. Si trattava di un evento privato e particolarmente elitario, dal momento che vi avrebbero partecipato alcuni fra gli stilisti più noti di Parigi. Ma non per questo si era lasciata scoraggiare, anzi: si era data ancor più da fare di prima per cercare di infiltrarsi tra quella stretta cerchia di invitati senza destare sospetti. Ovviamente non ci era riuscita, e così era intervenuto il suo ragazzo, che aveva compreso quanto fosse importante per lei parteciparvi, e così aveva smosso mari e monti pur di renderla felice. Ciò che però ancora non immaginava, era che si sarebbe ammalato proprio in vista di quell'occasione. In quel momento infatti, la corvina era seduta sul lato sinistro del suo letto con sguardo crucciato, mentre gli posava l'ennesima pezza fredda sulla fronte. - Oh, Adrien... - sussurrò, rattristita. Lui invece, con le palpebre semi abbassate e le guance rosse per la febbre: - Mmmh... Sto bene... - borbottò, la voce impastata. - Sì, certo. Guardati: non ci credi neanche un po'. - gli scostò dal volto qualche ciuffo di capelli bagnato, e gli nascose le spalle scoperte sotto al lenzuolo. Ma: - Smettila di coprirmi, ché sto morendo di caldo! - mugugnò lui, tirandolo giù per l'ennesima volta e facendola sbuffare di conseguenza, esasperata: - Se continui a fare così stai pur certo che non guarirai mai. - lo rimproverò. - Mmmh... - allora Adrien si rigirò dall'altra parte, sperando di addormentarsi al più presto possibile per non sentire più la sua voce. Infatti, nonostante tutto l'amore che provava per lei, se fosse stato anche soltanto un minimo più lucido di com'era, molto probabilmente si sarebbe affrettato a mettere in guardia tutti i ragazzi della sua età dalle loro fidanzate, perché una volta che fosse presa loro la cosiddetta "sindrome da infermierina indemoniata", non avrebbero avuto più alcuno scampo. - Dai, Adrien, non fare così: sto solo cercando di farti stare meglio... - "Ah, adesso fa la dolce, ma ricordiamoci che fino a pochi secondi fa mi voleva far ingerire a tradimento quell'orribile medicina!". Ma non aveva le forze necessarie per spiccicare più di un paio di parole, perciò si stette zitto ancora per un po', e Marinette lo imitò, incominciando ad accarezzargli un braccio con fare materno, seppur distrattamente. Sospirò, di tanto in tanto, mentre continuava a guardare il profilo del suo corpo avvolto solo per metà dalle coperte. D'improvviso però: - Mi dispiace. - se ne uscì il biondo, riscuotendola dai propri pensieri. - Eh? - domandò a quel punto lei, confusa. - Ho detto. - si voltò finalmente a guardarla. - Che mi dispiace. Per stasera, intendo. - ripeté, i suoi occhi lucidi puntati in quelli tristi dell'altra. - Sì, anche a me. Ma non devi fartene una colpa... - gli fece un piccolissimo sorriso, per poi riabbassare lo sguardo sulle proprie mani e continuare a torcersele per il nervosismo. Ma ecco che, proprio allora, Adrien gliene afferrò una e la strinse assieme alla propria, sentendola quasi gelida al contatto con la sua. - Dai, coraggio... Sono sicuro che farai un figurone anche senza di me... - e alla sue parole Marinette non potè che sbarrare completamente gli occhi azzurri. - Che cosa? - domandò, tornando con lo sguardo puntato nel suo. - Mari, tu devi andarci: è la tua occasione, e non puoi di certo lasciartela sfuggire così per un idiota qualunque che finisce sempre per ammalarsi nei momenti meno opportuni perché non si copre mai quanto dovrebbe! - la fece ridacchiare. - Ma tu non sei un idiota qualunque! Sei il mio idiota. - - E tu sei la mia ragazza, e per quanto mi piaccia averti qui al mio fianco tutto il giorno, - "Pff, che idiozia!" - Be', voglio che tu ci vada, perché desidero venirti a trovare nel tuo studio stilistico un giorno. Siamo intesi? - lei si morse il labbro inferiore in un gesto di profonda insicurezza. - Tu credi davvero che potrei riuscirci? - domandò, forse più a se stessa che a lui. - Ma certo! Tu sei Ladybug: puoi fare qualsiasi cosa tu voglia! - e la corvina non poté trattenersi dall'arrossire, sebbene fosse ormai piuttosto abituata ai complimenti che era solito rivolgerle l'altro.

C'era voluto parecchio tempo ma, alla fin fine, Marinette si era lasciata convincere, e Adrien aveva finalmente avuto la possibilità di chiudere gli occhi e di lasciarsi sopraffare da tutta la stanchezza che provava. A dire il vero, aveva ancora la febbre alta e la testa che gli doleva in modo spaventoso, quasi come se si fosse popolata tutta d'un tratto di tanti operai provvisti di martello pneumatico, però, nonostante questo, aveva dormito indisturbato per più di un'ora, così tanto che gli risultò poi abbastanza difficoltoso risvegliarsi dal mondo dei sogni in cui era sprofondato. E di certo non aiutava molto il fatto che si trovasse in una sorta di luogo incantato fatto di lunghe distese di prati fioriti, creature alate dai colori sgargianti, e un cielo dipinto di un azzurro mai visto prima. Per di più, ad un certo punto, al canto dei passeri che popolavano gli alberi stracolmi di frutti succulenti, si aggiunse l'eco di una voce lontana che chiamava il suo nome: - Adrien! Adrien! - - Chi c'è? - le chiese lui, aggrottando le sopracciglia chiare: pur voltandosi di qua e di là, non riusciva proprio a vederla da nessuna parte. - Adrien, sono io! - rispose la voce, e in quello stesso istante, il ragazzo si sentì scuotere per una spalla. - Svegliati, Adrien! - furono le ultime parole che giunsero alle sue orecchie, prima che venisse brutalmente e definitivamente catapultato nel mondo reale. Dopodiché ci mise un po' per riaprire gli occhi, perché le luci che illuminavano la sua camera e gli oggetti presenti al suo interno lo accecavano a tal punto, da costringerlo a coprirsi il viso con una mano. Tra questi però, in piedi accanto al suo letto, avrebbe giurato di aver visto qualcuno, benché la sua aurea splendente non gli permettesse di capire di chi si trattasse realmente. - O mio dio... - incominciò, con voce assorta, una volta arrivato ad una sconvolgente conclusione dettata dai deliri dell'influenza. - Sono morto? - domandò, continuando a tenere gli occhi fissi su quella figura vestita di bianco, i cui contorni non accennavano a definirsi neanche un po'. - Cosa? No che non lo sei! - intervenne la stessa voce che aveva udito in sogno, questa volta con un tono alterato e preoccupato allo stesso tempo. - Ma allora... Che sei venuta a fare qui? - esclamò lui, ancora in preda alla confusione. - Sei un angelo, non é vero? -

Serena

Everything is paw-ssible with you #Wattys2022Where stories live. Discover now