2

379 9 0
                                    

*

Quel mattino, il cielo era terso e così grigio da sembrare grafite. 

Passando tra gli alberi, verso la strada che la conduceva al suo liceo, attraverso il finestrino abbassato, Misty sentiva la brezza di fine settembre e l'odore della terra bagnata e della pioggia. 'Sta venendo a piovere' sentì. 

Parcheggió la macchina, riparata e lucidata dietro il parcheggio, più distante possibile dall'edificio. 

Fronteggió la strada vicino al bosco, per entrare dall'entrata laterale. 

La urtava mischiarsi a quelle testine di cazzo ogni mattina. L'unica cosa che accomunava lei e i suoi compagni era lo stesso spazio vitale che erano costretti a condividere ogni giorno per un anno, da 5 anni. 

' È l' ultimo anno Misty, non drammatizzare. ' sorrise tra se. 

Non aveva problemi di bullismo, o di bassa autostima, anzi; l' unica volta che quel coglione incosciente di Stephen Culligan aveva provato a fare il gradasso con lei davanti a tutti, facendola cadere per terra togliendole la sedia da sotto il culo, rischiando quasi di farle rompere l'osso sacro, era finito in ospedale con una costola rotta e lividi su tutta la faccia. 

Nessuno le si avvicinava più da allora. 

E lei non poteva esserne più felice. 

Semplicemente li odiava, li disprezzava. Odiava gli adolescenti e i stupidi, patetici teatrini drammatici che si creavano per illudersi di vivere una vita da film, una vita più interessante della loro, in una fase penosa della vita che è l'adolescenza.

L'adolescenza non vi rende liberi, ma più prigionieri del sistema. 

Con tutti gli stereotipi a cui mirare ad essere per sentirsi degni, il bullismo, per nascondere la propria misera fragilità, gli stupidi amori, che non significano niente, le oche starnazzanti cosi prigioniere del patriarcato da non accorgersi di auto oggettificarsi da sole e rendersi schiave di un ideale patriarcale, che le vuole così : sorridenti, accondiscendenti e fintamente stupide. 

Ma Misty non era così.

No, lei se la provocavi, ti prendeva a calci nei coglioni.

Ma neanche lei era libera, non ancora..

Forse anche questo l'accomunava a quei mocciosi.

Pur avendo la loro stessa età, si sentiva fuori luogo, come fosse un'adulta catapultata nel suo passato adolescenziale che non ricorda di aver mai avuto.

Si diresse alla sua aula, scandendo bene i suoi passi, con il ticchettio delle fibbie ai lati degli stivali.

Voleva che la sentissero quando attraversava i corridoi, voleva che si voltassero tutti, che smettessero di parlare per un secondo per guardarla intimoriti, che si scansassero spaventati per farla passare.

Si divertiva a immaginare di guardare dall'esterno quella scena; la figa truce e "schizzata" della scuola ( come l'avevano definita in un occasione) che, indifferente a tutti loro e alle loro patetiche vite, camminava da sola a testa alta.

In ogni caso, era solo un suo gioco mentale, per divertirsi con loro, un entrata in scena memorabile, ma di fondo non le fregava un cazzo.

Buttó lo zaino a terra, a fianco della sedia sui cui si sedette, incrociando una gamba sull'altra, annoiata, distendendo la schiena indietro e guardando con poco interesse l'insegnante di letteratura che aspettava di iniziare la sua lezione sulla rinascenza trascendentalista e Nathaniel Hawthorne.

Come se qualcuno lo avrebbe mai ascoltato. Povero sfigato, non sapeva nemmeno farsi rispettare e tenere una classe di venti mocciosi.

Misty si chiede se ti rammolisci diventando adulto, o è una caratteristica innata di un individuo.

The adventures of MistyWhere stories live. Discover now