XI. Amica

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L'invito di Veronica ha indispettito Natalie più di quanto lei sia disposta ad ammettere.

Quando lei si è allontanata, avendo ottenuto ciò che voleva -ovvero l'attenzione di Ander- Natalie ha digrignato i denti, borbottando e masticando insulti rivolti a chiunque si palesasse sul suo cammino: Mike che era arrivato in ritardo, Ben che la intralciava, un paio di matricole ferme a chiacchierare sulle scale.

Una furia sarebbe sembrata più amichevole di lei, i capelli color pesco che le sbattevano cadenzati dietro le spalle mentre scendeva le scale pestando ogni gradino come a volerlo rompere -non mi sarei stupita se li avessi visti disintegrarsi al suo passaggio.

Dire che ci ha rapite non è un eufemismo: ha afferrato me con un braccio, Loren con l'altro e ha travolto Lara Jin costringendola a camminarle davanti -la poverina non ha nemmeno potuto salutare Mike, sbigottito e inerme di fronte allo slancio di Natalie.

Ha aperto la sua auto e ci ha costretto a salire; nessuna ha fiatato quando ha girato la chiave e il quadro si è illuminato mentre le note di una canzone a me ignota si diffondevano ad alto volume nell'abitacolo.

La voce del cantante è roca e graffiante mentre urla "This is it, the apocalypse" e potrebbe davvero avere queste sembianze, l'apocalisse di cui canta. Nuvole morbide e rosa -del colore acceso del pesco in primavera, appena fiorito, pronto a risplendere e avvolgere col suo tono deciso- e un cielo azzurro -apparentemente calmo ma irrequieto, pronto a esplodere e distruggere il mondo sottostante con una pioggia di dardi infuocati.

"I'm waking up, I feel it in my bones enough to make my system blow" continua la canzone mentre Natalie sgomma uscendo dal parcheggio. Loren, dal sedile anteriore, si morde il labbro in un gesto nervoso mentre para le mani davanti a sé a mo' di airbag. Lara Jin, accanto a me, respira profondamente e rivolge un compassionevole sguardo il tettuccio dell'auto.

Bene, forse è il caso di cominciare a preoccuparci.

«Sai, Natalie, mi sono sempre piaciuti gli Imagine Dragons» biascica la ragazza accanto a me, senza tuttavia aprire gli occhi, «Ma non mi sembra la band adatta per crepare».

Di fronte a quell'evidenza Natalie si riscuote, rendendosi conto che la sua guida alquanto spericolata è un pericolo per se stessa e per noi -diamine, nemmeno a me sembra la band adatta per morire, ci hanno appena dato il benvenuto nella nuova era. La sua automobile assume una traiettoria più rettilinea mentre la carreggiata scorre velocemente sotto di noi.

Il viaggio prosegue tranquillo ma silenzioso fino a casa sua. Parcheggia di fronte a un palazzo dall'aria antica, quasi una di quelle dimore storiche che si vedono nei film ottocenteschi, poi insieme scendiamo e lei ci guida verso la sua abitazione.

Attraversiamo l'androne in cui un paio di bambini si lanciano annoiati la palla, poi imbocchiamo la tromba delle scale e saliamo fino al secondo piano, dove Natalie infila le chiavi in un portone blindato accogliendoci in casa sua.

«Papà, sono tornata» urla, mettendo piede nel corridoio dopo aver abbandonato le chiavi sul mobiletto d'ingresso, «Ci sono le mie amiche con me, andiamo in camera».

«Salve ragazze» un uomo grosso entra di slancio nella nostra visuale, apparendo da una stanza che deduco essere la cucina. È calvo ed ha due occhi azzurri dello stesso colore della figlia.

«Sto preparando il sugo per la cena, volete favorire?» domanda allegro mentre si pulisce le mani sul grembiule da cucina che indossa per poi posarle delicatamente sul viso di Natalie, lasciandole un tenero bacio tra i capelli che fa sorridere anche me.

«No, grazie, andiamo a una festa stasera» spiega celere. «Lei è la studentessa di scambio che sta da Ben, si chiama Hilda» mi introduce all'uomo.

Anche se non voglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora