Il rapimento

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AUTORE: StarComms

PACCHETTO: Giorno 12

GENERE: Commedia


CAPITOLO 1

Tum. Tum. Tum.

La vista ostruita gli impediva di individuare la fonte del rumore, ma sapeva che si stava avvicinando.

Diversi passi si poterono percepire. Era spaventato, si, ma il mistero lo incuriosiva troppo.

Sentì che la corda che lo teneva appiccicato a un palo arrugginito venne stretta. La sua sete di conoscenza sarebbe presto stata saziata. Ne ebbe la conferma quando una voce femminile che partì da davanti a sé pronunciò: -Il cappuccio- con una certa arroganza

La stessa mano che aveva stretto la corda stappò via dal suo volto il sacco.

L'uomo finalmente poté respirare a pieno, il che non fu molto positivo dato che una polvere ignota e la ruggine del capannone in cui si trovava impedivano all'aria pulita di raggiungere i suoi polmoni.

Impiegò parecchi istanti per abituarsi al buio della sua prigione, illuminata solo da un paio di lampade ad olio ai suoi lati. La loro luce era troppo debole per poter illuminare bene la faccia dei suoi rapitori.

Riuscì finalmente a dare una buona occhiata alla donna che aveva parlato solo quando essa si avvicinò al suo volto. La osservo bene; era sicuro di non conoscerla. Si sarebbe sicuramente ricordato di quella cicatrice che le divideva il labbro superiore a metà. La pelle color terracotta la rendeva ben evidente. Gli occhi, come due perle nere, erano intrappolati in uno sguardo crucciato di incredulità e vaga delusione. Perché lo fissava in quel modo?

Si girò di scatto verso un uomo alla sua destra -Ma chi mi hai portato?- disse dopo qualche istante.

-È..lui, Nuvia.- rispose, come se comprendesse il suo stupore nel vedere quel volto.

Il prigioniero finalmente realizzò. Non era la prima volta.

Nuvia, quindi, si voltò verso di lui ancora una volta, incredula. Non aveva più di vent'anni. Il bagliore della lampada più vicina si rifletteva nei numerosi piercing che alloggiavano sulle sue labbra e sulle orecchie a punta. I capelli a spazzola, schiacciati da un cappello da elfo rosso, sembravano fatti di fili di rame misti a cenere. Gli occhi talmente scuri e vitrei da sembrare finti.

Abbassò lentamente il bavaglio.

-Quindi...tu sei Babbo Natale?- domando ancora esitante.

Lui sorrise. -Il solo e unico. Ma, per favore, chiamami Claus.- con tono quasi divertito. -Temo di aver lasciato la barba e il pancione nel mio ufficio, sai, quello da cui mi avete prelevato senza preavviso. Ma devo ammettere che siete stati bravi. Non mi succedeva una cosa del genere da minimo duecento anni.- abbassò lo sguardo, ripensandoci. -O forse cento cinquanta? Ah beh, il tempo vola quando ci si diverte!- L'innocenza nella sua voce era indiscutibile.

L'espressione incredula della donna mutò in uno sguardo sprezzante. Il tono arrogante tornò. -Oh sì. Su questo hai proprio ragione.- gli afferrò la felpa di una band rock, facendo risuonare le catenine attaccate, e lo avvicinò al sé con tutta la rabbia che non poté contenere. -Se per te cinquanta anni non fanno la differenza, allora due settimane saranno uno scherzo per te.-

-Uh?- Claus sembrava confuso. -E allora qual è lo scopo? Mi prelevate per due settimane e poi posso tornare a casa tre settimane prima di Natale? Di certo non siete la concorrenza.-

La risata compiaciuta della donna rimbombò. In quel momento il ragazzo si rese conto di quando fosse grande il capannone. -La tua coerenza è spettacolare.- la presa si fece più forte. -È proprio vero che il tempo non è il tuo forte. Oggi siamo al 12 Dicembre.-

Dodici giorni di NataleWhere stories live. Discover now