CAPITOLO 4

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                                  -Clara-

«Astilbe» sussurra al mio orecchio una voce roca, che a mio malgrado non riesco a dimenticare. Sento i brividi salirmi sulla spina dorsale e le sue mani prendendomi per i fianchi girano il mio busto, facendomi sbattere sul suo petto e cadere il libro sulla piccola mensola sotto alla finestra. Sgrano gli occhi e cerco di divincolarmi poggiando i palmi delle mani sul suo petto muscoloso per allontanarlo dal mio corpo, che in questo momento è appiccicato al suo.

I nostri corpi combaciano perfettamente nonostante la sua altezza e sento i miei capezzoli sfregarsi contro il suo petto; mi maledico per aver indossato il top senza reggiseno, sciocca, sciocca, sciocca!

Alzo lo sguardo incontrando due buchi neri che sembrano risucchiarmi e so perfettamente che non potrò sfuggirvi, più cercherò di scappare più lui vorrà risucchiarmi nella sua voragine ed io come un'ingenua mi lascerò trascinare con lui. No, questo non deve accadere.

Mi riprendo dai miei pensieri sentendo la rabbia montare dentro di me: è uno sconosciuto ed è pure un maniaco mafioso, che ha ucciso e torturato persone con le stesse mani con cui mi sta toccando, devo allontanarlo da me il più possibile. Ora.

Cerco di spingerlo via con tutte le forze che ho, ma l'effetto che ottengo è il contrario dal momento in cui le mie mani scivolano sulla sua camicia bianca sbottonata nei primi quattro bottoni da cui posso intravedere i muscoli, e vanno a finire dietro alle sue spalle, slitto in avanti anche con la testa e mi ritrovo a pochi centimetri dalle sue labbra. Il mio cuore batte forte nella cassa toracica, sto tremando dalla paura e dalla rabbia che provo, il mio respiro diventa irregolare ed affannoso, le mani sudano e mi sento improvvisamente accaldata.

Tiro indietro le mani, ma prima che io possa farlo una delle sue prende con facilità i miei polsi, trattenendoli contro la mia volontà; l'altra mano, precisamente la sinistra, si appoggia sulla mia schiena spiaccicando il mio petto a contatto con il suo. Emette un ringhio e chiude gli occhi quando sente i miei capezzoli turgidi a contatto con i suoi pettorali, le mie guance si tingono di rosso per l'imbarazzo ed ansimo mentre sento la sua erezione spingere tra le mie cosce prepotente.

«Lasciami, ti prego» mi trovo a pregarlo per lasciarmi andare, mi sento umiliata e sporca per essergli così vicino, anche se sento le mie mutandine fradice ed una voglia irrefrenabile di baciarlo e sentire la morbidezza delle sue labbra su tutto il mio corpo, anche in parti in cui non dovrei.

«Non sei contenta di rivedermi, Astilbe?» mi dice lui, riaprendo gli occhi e sfregando il suo naso contro il mio. Se non fosse lui a compiere questo gesto, lo prenderei come una carezza, ma so che lui non lo farebbe mai, anche se non lo conosco.

«Io si, mi è mancato il tuo corpo, Clara» nel sentire il mio nome uscire dalle sue labbra, i miei occhi si spalancano più di quanto già sono e sento la paura impossessarsi del mio corpo nell'avere la consapevolezza che una volta saputo il mio nome, sicuramente avrà ottenuto il mio indirizzo e saprà già molte cose su di me. Ho paura di quello che potrebbe farmi sapendo la mia identità e sono terrorizzata all'idea che possa fare qualcosa a mia madre per avergli mancato di rispetto.

Il mio corpo comincia a tremare visibilmente e lui corruga la fronte; libera le mie braccia dalla sua morsa ferrea, spingendomi dalle spalle al muro dietro di me, vicino alla finestra su cui sono posati il libro e il caffè che ormai sarà diventato gelido. Appoggia i palmi delle mani vicino alla mia testa imprigionandomi tra il suo corpo e il muro e avvicina la sua mano destra, appoggiando il pollice alle mie labbra, passandocelo sopra come se fosse un rossetto. Traccia il profilo delle mie labbra e poi lo appoggia al centro del mio labbro inferiore, spingendolo verso il basso toccando la parte interiore del labbro, vicino ai denti.

MOSTROWhere stories live. Discover now