44. ᴊᴜɴɢᴋᴏᴏᴋ

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Abituare le mie pupille alla luce del sole che filtra dalla finestra, di questo nuovo giorno, sta risultando piuttosto difficile e traumatico dato che questa non è neanche la mia stanza.
Fatico a tenere le palpebre schiuse perché oggi è una di quelle giornate in cui vorrei soltanto dormire e svegliarmi quando il mio umore sarà migliorato. Oggi non ho nessunissima voglia di affrontare la vita e nemmeno la persona che stanotte ha avuto il coraggio di riapparire nella mia vita.

So inoltre che questa stanza, in cui mi sono lasciato cullare dolcemente, appartiene a mio padre perché le pareti sono blu e lui ha sempre amato il blu e perché in quel quadro appeso alla parete veniamo raffigurati io e mio fratello insieme a nostro padre.

Di questa nottata, ricordo vagamente ch'ero terribilmente sfinito, ma non volevo tornare a casa da lei, mia madre. Avrei seriamente preferito dormire per strada perché ciò non mi spaventava in nessun modo, ma lui mi ha supplicato, la sua voce impastata dal pianto mi ha supplicato di seguirlo in modo che io potessi riposare comodamente e al caldo.
Cavolo, non so neanche perché ho accettato di restare nella casa dell'uomo che più ho odiato in vita mia.

Sospiro profondamente e il mio pensiero vola lungo centinaia e centinaia di chilometri verso Jimin.
Mi chiedo cosa stia facendo, se mi stia pensando almeno un po' e se Juyeon stia meglio, lì a Seoul dovrebbe essere quasi sera.

Impulsivamente afferro il cellulare e digito il suo numero. Probabilmente non dovrei farlo, ma al diavolo! Ho bisogno di ascoltare la sua voce, quella voce dolce che riesce ad infondermi tranquillità e amore, anche se nell'ultimo periodo non è andata esattamente così, non abbiamo fatto altro che discutere e ferirci.

L'attesa mi incute ansia e ancora ansia perché temo che possa rifiutare questa mia chiamata. Dio, sto sperando con tutto me stesso che lui risponda.

«Jungkook, ehi.»

Mordo le mie labbra, ma non posso nascondere il sorriso che sorge spontaneo sul mio volto come il sole sul suo cielo azzurro.

«Che stai facendo?»

«Sono uscito ora dal bar, tu?»

Sembra abbastanza sereno e ciò rasserena anche la mia anima nonostante tutto.

«Mi sono appena svegliato.»

«Ti sento un po' strano. È successo qualcosa?»

Il fatto che qualcuno, che lui soprattutto, si preoccupi ancora per me fa in modo che il mio cuore riprenda a battere calorosamente.
Era come se si fosse raffreddato.

«Stanotte ho rivisto mio padre e ora sono a casa sua ma lasciando stare quest'argomento, io volevo sentire la tua voce e perciò ti ho chiamato. Grazie per non aver rifiutato malgrado la situazione in cui ci troviamo.»

«Sai che non devi ringraziarmi.»

«E Juyeon? Va tutto bene con lui?»

«Sì, si trova abbastanza bene anche con gli altri coinquilini. Dorme nella tua stanza.»

Vorrei che non fosse così freddo e breve nelle sue risposte, ma che continuasse a parlarmi fino all'infinito.
Vorrei che fosse soltanto una mia impressione e che lui la smentisse ora, ma è la realtà, quella che posso solamente udire.
Ci ritroveremo?

«Tu come stai?»

«Sto.»

Il silenzio inizia a prolungarsi più del dovuto ed è come se potessi sentire nella mia testa il tic tac incessante e perturbante dell'orologio, del tempo che scorre, lo stesso che non tornerà più indietro. Mi fa impazzire.

𝑷𝒉𝒐𝒆𝒏𝒊𝒙 | 국민Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora