3. Gattina selvatica

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Tienimi per mano.
Tienimela stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto...

Herman Hesse


Corinna era un fascio di nervi. 

Perché Antonio aveva cambiato idea? Le aveva dato tre settimane di tempo per restituirgli il denaro e queste non erano ancora scadute. Non riusciva a tenere a bada l'agitazione, stringeva forte le mani, si martoriava il labbro inferiore. Il fatto che fosse in macchina con uno sconosciuto e stesse andando a cena con degli sconosciuti non aiutava a placare la sua ansia. Per di più il ragazzo che aveva di fianco era un calciatore della serie A. Del Milan, addirittura. Non seguiva il calcio, non conosceva Ante, ma sapeva che il Milan era una squadra blasonata, una squadra importante.

Non osò spostare lo sguardo nella sua direzione. Era già tutto così imbarazzante. Sarebbe potuta tornare a casa, ma aveva troppa paura che Rocco fosse lì ad aspettarla.

Ante parcheggiò davanti a un ristorante dall'aria molto elegante. Corinna spostò lo sguardo sul suo abbigliamento, sentendosi improvvisamente a disagio. Non era vestita elegante ma neanche troppo male. Anche Ante per fortuna aveva un abbigliamento informale: un jeans, una maglia blu scuro e un cappotto che arrivava fin sopra alle ginocchia. Ai piedi, delle scarpe sportive.

Davanti alla porta del locale le sorrise. «Sei nervosa?»

«Un po'», ammise. E la cena era solo una parte insignificante di quel nervosismo.

La indicò con l'indice e aggrottò la fronte. «Corinna, giusto?»

Lei chiuse gli occhi per un istante. «Dio, sarà un disastro.»

«Devi solo fingere di conoscermi e cercare di goderti la cena.»

Aprì la porta, lasciandola entrare per prima. Corinna si guardò intorno, sentendosi subito avvolta dal tepore della sala. Il locale era molto bello, simile nei colori a quello dove lavorava lei nei fine settimana. Sale ampie, lampadari bassi di cristallo a forma circolare, tavoli in legno scuro con tovaglie color crema e divani semicircolari al posto delle sedie. Un cameriere si avvicinò a Ante.

«Signor Rebić, da questa parte, prego.»

«Te lo avevo detto che ero in ritardo» sussurrò all'orecchio di Corinna, facendola sorridere.

C'erano tre uomini seduti al tavolo dove li condusse il cameriere. Uno di questi si alzò. Poteva avere all'incirca quaranta anni, completo elegante e capelli leggermente brizzolati ai lati delle tempie. «Signori, ecco Ante.» Gli occhi scuri osservarono Corinna con curiosità quando si rese conto che stava insieme al ragazzo.

Ante strinse un paio di mani. «Buonasera. Scusate il ritardo ma ho avuto un piccolo contrattempo. Lei è la mia amica Corinna, spero non vi dispiaccia se stasera cena con noi.»

«Affatto.»

A parlare era stato un signore dalle folte sopracciglia bianche e sparuti capelli dello stesso colore, un viso pieno e ben rasato, ad eccezione di un paio di baffi brizzolati. Si alzò e fece segno a Corinna di accomodarsi accanto a lui. Lo sguardo che le fece scivolare su tutto il corpo la fece rabbrividire un poco ma si sedette, dopo aver ricevuto un sorriso di incoraggiamento da parte di Ante.

L'uomo a capotavola si rivolse al calciatore. «Allora Rebić, come va? Siete in un buon momento con la squadra.»

Il ragazzo si accomodò di fronte a Corinna. «È un buon momento. Stiamo bene, siamo carichi.»

L'uomo sorrise. «Vengo subito al sodo. La nostra è una nuova linea di abbigliamento per giovani ragazzi, accattivante, moderna.»

«Sei la sua nuova ragazza?» L'altro di fianco a lei si era avvicinato e le aveva parlato accanto all'orecchio.

SelvaticaWhere stories live. Discover now