13. Odalisca

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Corinna guardava il dipinto con un sorriso sulle labbra. Era stato l'oggetto dell'ultima domanda che le aveva fatto la professoressa prima di metterle trenta. Non riusciva a racchiudere il suo stato d'animo in una sola parola. Era felice che l'esame fosse andato bene, ci aveva messo tutto l'impegno possibile nel poco tempo che aveva avuto ed era stato ripagato, ma allo stesso tempo si sentiva triste e rassegnata.

Davanti a lei c'era l'Odalisca di Francesco Hayez. Chissà perché le ricordava tanto la sua situazione, il paragone con la natura del suo rapporto con Antonio, o almeno quello che lui voleva da lei. L'odalisca aveva un aspetto pudico, si teneva addosso un lenzuolo bianco, candido e teneva la testa china, quasi come se si vergognasse di farsi vedere, ed era stata una figura che aveva affascinato molto e acceso le fantasie di molte persone. Allo stesso modo Antonio la voleva per il suo aspetto candido e la sua natura sfuggente; lei era quella che meno di tutte aveva l'aspetto di una persona che lo faceva per professione e avrebbe sicuramente attirato l'attenzione di tutti quelli disposti a pagare per averla.

Il solo pensare a quel meccanismo le dava il voltastomaco. Osservò il quadro pensando all'ironia di quella domanda, a come per lei fosse impossibile smettere di pensare a Antonio. Mai. Senza tregua. Ci si era messo anche Carmine, sbucato all'improvviso, a tormentarla con i suoi soldi che lei non voleva. Doveva temporeggiare, cercare una soluzione.

E poi era arrivato Ante, inaspettato e provvidenziale così come la prima volta che si erano incontrati. Il sorriso appena accennato le si allargò pensando che l'aveva appena invitata ad una festa.

Ante Rebic voleva uscire con lei. Si guardò intorno temendo che qualcuno potesse averla vista ridere. Nella sala silenziosa c'era soltanto una signora, di spalle a lei. Poteva avere all'incirca l'età di sua madre. Le mancava molto. Sarebbe stata felicissima per il voto dell'esame. Doveva andare a trovarla, parlarle anche di Ante.

Quel ragazzo aveva degli occhi bellissimi. Erano di un azzurro intenso, con un cerchio più scuro che circondava l'iride, e la guardava sempre con un'intensità che la metteva in soggezione. Poverino, lo aveva portato in un museo e lo aveva fatto scappare.

Uno spostamento d'aria la avvertì di una presenza alle sue spalle. Il cuore cominciò a batterle forte. Possibile che non poteva stare tranquilla nemmeno in un museo? Aveva paura di voltarsi ma lo fece e in quel momento tirò un sospiro di sollievo.

«Ante.»

Lui incurvò le labbra verso l'alto, mostrando i denti dritti e bianchi. «Ho dimenticato di chiederti il numero di telefono.»

«Ah, già» rispose fissandolo.

Adesso il cuore le batteva per un altro motivo, i suoi occhi si persero in quelli di lui che la guardava come se volesse farla sua da un momento all'altro. Ante tirò fuori il cellulare e lei lo prese, digitando il suo numero.

«Grazie.» Ripose il cellulare e tornò a fissarla. «Sono andato via senza nemmeno chiederti se hai bisogno di un passaggio a casa.»

Corinna scosse la testa. «Mi trattengo un altro po'.»

«Allora ci sentiamo.» Le strizzò l'occhio.

«Aspetta, Ante. Di chi è la festa? Devo portare un regalo?»

«No, a quello ci penso io. È il compleanno di Isotta, la fidanzata del mio amico Rade Krunic. Probabilmente avrai sentito parlare di lei.»

Forse il nome le diceva qualcosa, ma non era sicura di aver capito di chi si trattava. «Non credo di conoscerla» disse infine, sentendosi un poco imbarazzata.

Ante ridacchio. «Sei adorabile. Ti chiamo.»

Lo seguì con lo sguardo fino a quando non varcò l'entrata della sala e scomparve, lasciandole una sensazione di vuoto dentro. Corinna andò a sedersi sul divano al centro della sala. Che cosa le stava succedendo? Si stava prendendo una cotta per quel ragazzo? Perché quello non era proprio un buon momento e aveva cosa importanti da risolvere.

Eppure ogni volta che era stata con lui, in quei pochi momenti con lui accanto, aveva dimenticato tutto. E voleva sentirsi così, voleva sentirsi libera.

Il cuore le batteva ancora forte quando uscì dal museo, aveva ancora nella mente gli occhi di Ante e il suo meraviglioso sorriso. Forse stava facendo una cazzata, ma ne aveva bisogno.

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