Capitolo 77

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Connor
Svegliarsi in un posto che non è il letto cigolante ed una camera grigia della base, è una sensazione strana per me.
Ormai svegliarsi in quel posto è diventata una sorta di abitudine, una sorta di prima vita che non potrei mai abbandonare.
Ed invece, da ormai due giorni, il letto della mia piccola casa nel centro di New York mi accoglie con lenzuola fresche e profumate.

Dopo la partenza di Emma, ho chiesto subito una settimana di ferie al comandante, che dapprima non voleva darmi ma che poi è stato convinto anche da Blue che ha messo una buona parola sul fatto che avessimo portato a termine la nostra missione più importante.

La mia casa è un piccolo appartamento che appena comprato aveva soltanto le pareti e le finestre, senza infissi. Ci ho impiegato un anno per far sì che fosse come l'avevo sempre desiderata, per far sì che parlasse di me e non che fosse soltanto una casa con qualche mobile e con una bellissima vista sugli edifici di una delle città più illuminate del Paese.
Il letto enorme si posa dietro ad un muro colorato di verde chiaro, menta; un armadio a muro è situato dalla parte opposta ed un enorme comodino a tre sportelli è poggiato al muro poco prima che le vetrate inizino a mostrarmi la luce del sole che oggi pare sia più forte del solito.

Scosto le lenzuola bianche e mi stiracchio leggermente, poggiando i piedi sul marmo freddo del pavimento che mi costringe ad arricciare le dita.
Mi alzo e con solo un paio di boxer neri mi dirigo in cucina che si trova a sinistra.
Essa è collegata al salotto: i mobili sono tutti interamente bianchi, con qualche piccolo dettaglio in verde scuro e nero...mi piace questo contrasto.
Un divano ad isola occupa metà del salotto mentre sul dietro si estende la cucina con un'isola al centro che fa anche da tavolo.
Essendo solo ed avendo poco tempo da trascorrere qui, ho preferito comprare una casa che fosse adatta ad un uomo come me; una casa che non avesse bisogno di tante attenzioni, che non avesse bisogno di tanti fronzoli con cui litigare e soprattutto pratica da pulire ogni qual volta sarei tornato.

L'odore del caffè appena preparato aleggia per tutta la cucina, mentre sposto le tende da davanti la finestra per vedere un po' cosa succede al di fuori di queste mura: mi sono sempre soffermato davanti al vetro per osservare quello che gli altri facevano inconsciamente senza sapere di essere osservati.
Mi capitava spesso anche di osservare il cielo per ore, mi ha sempre allettato tutto quello che riguarda il cosmo e l'universo.
Adesso che guardo il cielo azzurro, mi torna in mente la strana parola che Emma mi ha detto quella mattina, proprio il giorno della partenza...non la ricordo con precisione, ricordo solo la sua spiegazione e come l'ha collegata a me.

Il beep della macchina elettrica mi sveglia dallo stato di trance e mi riporta con la mente qui, nella mia casa.
Adesso che la guardo dopo tanto tempo, mi sembra così vuota, così silenziosa.
Riempio la tazza gialla fluo e mi siedo davanti l'isola per gustare questa bevanda nera bollente che spero mi dia un po' di energia.

Emma
<Sono felice di averti rivisto>.
Sorrido e vedo andare via una delle amiche di mia mamma.

Da quando sono tornata, sono stata un oggetto da mostrare per tutti i conoscenti dei miei genitori.
Appena mi hanno vista, dopo settimane, non si sono sbilanciati nemmeno in un abbraccio o in una parola carina...a dir la verità non mi aspettavano nemmeno in casa.
L'ho trovata vuota come sempre, l'ho trovata silenziosa come la mia testa, l'ho trovata senza un'anima, l'ho trovata esattamente come l'avevo lasciata e non mi è mancata affatto.
Come avevo immaginato, sono stata completamente sommersa da cene e da pranzi a cui non volevo assolutamente prendere parte, alzarmi dalla sedia e scappare è sempre stata la prima opzione...ma sentire sempre i miei genitori lamentarsi di me, quasi mi obbliga a tenere la mente annebbiata dalla loro presenza.

Schiena dritta, gambe unite, capelli sempre a posto e legati, vestiti perfetti, poco trucco sugli occhi e sulle labbra, tovagliolo sulle gambe, gomiti posati non sul tavolo, vista di tante posate, tanti bicchieri, tanti sorrisi di convenienza, poche parole, troppe poche cose da dire, silenzio...non mi era mancato tutto questo. Pensavo di aver piano piano superato questa specie di soppressione da parte loro, il modo con cui hanno il potere di farmi zittire e di farmi sentire inferiore mi sorprende ogni giorno di più. Credo di noi riuscire più a sopportare queste cose.

Un pezzo di noiWhere stories live. Discover now