Capitolo 2.

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-...Gli ultimi avvenimenti a Lagos, in Nigeria, hanno sconvolto il mondo intero. È chiaro ormai che gli Avengers non hanno interesse in ciò che si lasciano ovunque vadano a risolvere la situazione, nascondendosi dietro la finta e ipocrita immagine dei "salvatori". Come possiamo continuare a vivere nel terrore di essere salvati? Forse è il caso di ridurre le libertà dei Vendicatori, cercando di trovare un modo per...
Il televisore, davanti al materasso, trasmette notizie del telegiornale. Io, con un bicchiere di vino bianco dal cartone in mano e una susina nell'altra, sono seduta su un bancone della cucina e ascolto le notizie. Bucky, seduto sul materasso davanti allo schermo, scrive sul suo quadernino qualcosa.
-Che fai? - gli chiedo.
-Stanno parlando di Steve.
Getto il nocciolo della susina nella spazzatura, poi mi accendo una sigaretta e vado a sedermi accanto a lui, con la sigaretta e il bicchiere di vino in mano. Una volta accanto a lui, gli passo il bicchiere e lui dà qualche sorso.
-... il presidente della Romania ha deciso di astenersi da questi accordi, che prenderanno il nome di "Accordi di Sokovia", perché ha dichiarato...
-Non mi manca il tempo in cui eravamo noi responsabili di questi "incidenti" - commento.
-Neanche a me.
Riprende a scrivere delle cose, in inglese.
-Ti è tornato alla mente qualcosa?
-Sì.
-Che cosa?
-Piccole cose.
-Del tipo?
-Mi ricordo di quando eravamo dei ragazzini, a Brooklyn. Non si tirava mai indietro quando sapeva di aver ragione, di essere nel giusto. Odiava i bulli, odiava i prepotenti ed era sempre pronto a far giustizia e a difendere chi ne avesse bisogno. Ma era mingherlino e nelle risse per lo più finiva col farsi prendere a pugni. Ha sempre voluto fare la cosa giusta, malgrado questo potesse significare lividi, sangue e dolore.
-E tu che facevi?
-Lo tiravo fuori dai guai il più delle volte. E gli pulivo il sangue se necessario.
Bucky abbassa lo sguardo sul suo quaderno, guardando una foto ritagliata da un giornale. Una foto sua, di Steve, di Capitan America. Quel quaderno è molto importante per lui. Ha iniziato a tenerlo da quando si trasferì qui a Bucharest per la prima volta, dopo gli avvenimenti di Washington, a quanto mi ha raccontato. È rimasto così tanto sconvolto da ciò che è successo che ha sentito questo bisogno di informarsi e sapere sempre di più su quella persona che per lui era familiare ma non capiva il perché. Piano piano ha messo insieme i pezzi. Ha capito chi era quell'uomo. Ha capito chi era James Buchanan Barnes. Si è ricordato del suo passato.
-Ti deve mancare molto.
-Un po'...
Silenzio.
-Pensi che ti stia cercando?
-No. Non credo. Ma meglio così. Dopotutto, dobbiamo restare nell'ombra.
Silenzio.
-... molte altri rappresentanti di varie nazioni hanno manifestato interesse nel firmare questi accordi, tra cui anche il re di Wakanda...
-Mi dispiace - dico.
-Non devi. Va bene così.
Silenzio.
-... si ipotizza una firma collettiva a Vienna, il giorno...
-Buck?
-Dimmi.
-Perché di me non ti sei dimenticato?
-Di cosa parli?
-Perché ti sei dimenticato di te stesso, del tuo passato, di Steve e invece quando ci hanno catturati, l'anno scorso, non ti sei dimenticato di me? Eppure sono certa che ti abbiano ipnotizzato anche quella volta per convincerti a fare le cose...
-Non mi hanno ipnotizzato, quella volta. Ero cosciente sempre, al cento per cento.
-Perché? Eppure sapevano come fare per farti ubbidire. E poi, non si sono fatti scrupoli a frullare il cervello a me.
-Penso che per te avessero dei progetti.
-Cosa intendi dire?
-Credo che volessero liberarsi di me definitivamente. Quando sono venuti qui, prima che venissi da te a Vienna, hanno cercato di uccidermi, non di catturarmi. E poi, una volta che ci hanno catturati entrambi, vedendo che ero venuto da te e che quindi eravamo insieme, avranno pensato che farmi uccidere da te sarebbe stata la punizione giusta per entrambi. Ma non ne sono sicuro. Sono solo supposizioni.
-Perché avrebbero voluto perderti? Forse hanno provato a ipnotizzarti, ma è passato del tempo...
-Nessuno può togliermi dalla testa le cose che mi hanno messo lì dentro. Posso solo sperare che nessuno venga a conoscenza di questo e riaccenda la miccia.
Prendo il bicchiere ormai vuoto dalla sua mano e dando l'ultimo tiro alla sigaretta ormai finita, mi alzo dal materasso e vado verso l'angolo/cucina, mettendo il bicchiere nell'acquaio e spegnendo la sigaretta nel posacenere. Improvvisamente, sento una fitta alla testa. Sta ritornando il mal di testa. Allora apro subito il freezer, prendo il solito pacco di pisellini e me lo premo sulla fronte. Il respiro si fa sempre più difficile, il dolore aumenta sempre di più e una nausea si fa strada. Vomito il vino e la susina e tutto quello che nelle ultime due ore avevo mangiato o bevuto nell'acquaio. Sento Bucky venire verso di me e mi poggia una mano alla schiena, mentre con l'altra mi prende il pacco di pisellini e continua a tenerli premuti sulla fronte. Una volta vomitato, la nausea sparisce, il mal di testa piano piano va via e il respiro torna normale.
-Va meglio?- chiede.
Apro il rubinetto, per far mandare via dall'acqua corrente il vomito verso la scarico. Con le mani, prendo un po' d'acqua e me la porto alla bocca, bevendo e sciacquandomi la faccia.
-Sì, va meglio.
-Dovremmo andare in farmacia, magari hanno qualcosa che possa farti stare meglio.
-E cosa? Antidolorifici? Droghe? E chi ci dice che possano aiutare e non peggiorare?
-Non può dirlo nessuno finché non proviamo. Non puoi continuare a star male così. E il vomito, poi? Da quand'è che ce l'hai? Qualche settimana?
-Sì, il vomito è nuovo. Non preoccuparti, Bucky. Sto bene. È passato.
-Ma tornerà.
Silenzio. Lo guardo. È seriamente preoccupato, lo vedo anche solo dallo sguardo. Gli accarezzo una guancia e accenno un sorriso.
-Grazie.
Sorride. Mi avvolge le braccia ai fianchi e mi tira a sé, stringendomi.
-Se non ci prendiamo cura l'uno dell'altra che senso ha stare qui insieme? Devi lasciarmi prendere cura di te.
Gli do un bacio sulle labbra, poi ci stacchiamo. Vado per pulire per bene l'acquaio e mi accorgo dal vassoio della frutta vuoto, proprio lì accanto, che la susina che ho mangiato era l'ultima.
-Sai cosa potresti fare per me?
-Andare in farmacia?
-Andare a comprare un po' di frutta.

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Bologna, bar dell'Hotel Paradiso, luglio 1980, ore 2:30.

-Dunque, cara Sylvia. Come mai eri qui tutta sola al bar?
-Sai, la notte di solito mi prende la malinconia e non riesco ad addormentarmi. E scendere al bar per un drink mi è sembrata la scelta migliore. Il bicchiere della staffa per prendere sonno.
-Beh, vedo che anche tu soffri del mio stesso problema.
-La malinconia?
-Sì, quella ma anche la sindrome del bicchiere bucato.
Rido. Il mio bicchiere è vuoto, ho finito il mio martini.
-Sì, avevo proprio bisogno di un po' di consolazione.
-Lascia allora che ti offra il secondo, terzo e quarto giro, va bene?
-Ne sarei onorata, signor Diele.
-Ti prego, chiamami Gennaro. Non sono tanto più vecchio di te.
-Va bene, Gennaro.
Alza la mano verso il barista, gli fa un cenno e il barista risponde con un
-Subito, Signori.
-Sei stata molto gentile a lasciarmi sedere con te, Sylvia.
-Come poter rifiutare l'offerta di un po' di compagnia da una persona malinconica tanto quanto me? Dobbiamo stare vicini, altrimenti rischiamo di farci del male.
Il barista ci porta i drink.
-Ecco qua.
Gennaro prende il suo cocktail e mi porge il mio.
-Allora brindiamo alle nottate malinconiche. Senza queste, probabilmente non ti avrei mai conosciuta, mia cara.
Battiamo i bicchieri e beviamo. Dopo un po' di flirt vari, complimenti, arrossamenti, toccatine prima in posti innocui, come le mani, la guancia sinistra e i capelli, e poi in posti un po' meno convenzionali, come le cosce nude, il fondoschiena e il petto, riesco a portarlo nella mia stanza. La missione è semplice: seduzione, erotismo e rapimento. Se fa resistenza, uccisione sul posto. Lui è il nostro obiettivo. Non so chi sia e perché sia importante, ma non è compito mio saperlo. Dobbiamo portarglielo e faranno tutto loro. Ci hanno affidato due camere, una in cui si concluderà la missione, quella accanto in cui il Soldato d'Inverno sta aspettando il suo turno di agire.
Entriamo nella stanza, accendo la luce. Baciandolo e cercando di spogliarlo della giacca, cravatta e camicia, riesco a trasportarlo fino al letto, in cui lo metto sdraiato. Mi spoglio, davanti a lui. Classico metodo di eccitamento per l'altra parte. Una volta nuda, mi metto sopra di lui e gli lascio fare di tutto. E io gli faccio di tutto. Ma non riusciamo a concludere perché improvvisamente mi sento incapace di muovermi, cado a peso morto su di lui, iniziano le convulsioni, la bava alla bocca, digrigno i denti e svengo in pochi secondi.

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Eccomi qui! Nuovo capitolo! :)
Se riesco, mi piacerebbe pubblicare un nuovo capitolo a settimana... vediamo!
Un bacino
EggWoman1

Il Vuoto dopo il Tutto. || Bucky BarnesWhere stories live. Discover now