9. UNA PROMESSA

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Avevamo cercato Giuseppe per tutta Napoli e l'avevamo finalmente trovato quasi fuori città più in periferia.

In quel momento stavamo cercando solo di entrare dentro casa sua senza troppo rumore, ma Ciro non era molto paziente, infatti sfilò la pistola dalla sua tasca e sparò.

"Tu si scem."

dissi entrando in casa guardandomi attorno e impugnando la mia pistola.

"Se nun foss ca stessm ca già stes mort nderr."
(Se non fossimo qui, già stavi stesa morta a terra)

mi guardò male riferendosi a come avevo detto quelle due paroline ma prima che potei controbattere trovammo Giuseppe che si nascondeva dietro ad un anta di una armadio tremante.

"Strunz e merd, ij t'accir t'avev avvisat."
(Stronzo di merda, io ti uccido ti avevo avvisato)

Ciro si avventò su di lui riempiendolo di calci e pugni. Guardai la scena in silenzio e cercai la valigetta che si trovava nell'armadio proprio dove si stava nascondendo.

"Fermati Ciro."

dissi avvicinandomi a loro, Giuseppe era pieno di sangue sul viso e Ciro sembrava indemoniato.

"Oh Ciro, bast."

mi inginocchiai vicino a loro e presi il viso del ragazzo tra le mani che appena fece scontrare i nostri occhi sembrò calmarsi e con un ringhio si alzò dal corpo sanguinante di Giuseppe.

"Allor? M ric c' cazz te venut a ment?"
(Allora? Mi dici che cazzo ti é vento in mente?)

chiesi guardando Giuseppe che piangeva e cercava di farmi pena per risparmiarlo ma non potevo farlo.

"Eri un re guardij fidat, si proprij nu scem."
(Eri uno dei fidati, sei proprio uno scemo)

dissi io puntando la mia pistola verso lui ma una mano afferrò la mia mano libera e notai Ciro puntare anche lui la sua pistola all'uomo sdraiato a terra.

"Insiem."
(Insieme)

sussurrò Ciro e mentre Giuseppe disse il suo ultimo "Vi prego non uccidetemi" cliccammo insieme i grilletti mettendo fine alla sua vita.

"Jammuncenn ambress."
(Andiamocene, presto)

disse Ciro tirandomi con lui fuori da quella casa dandomi giusto il tempo di afferrare la valigetta.

"Guida tu."

gli diedi le chiavi del motorino e salimmo insieme su, misi le braccia attorno al suo busto per mantenermi, mentre con una mano tenevo la valigetta.

Per tutto il tragitto non parlammo fin quando non arrivammo all'orario di cena a casa.

"At fatt?"
(Avete fatto?)

chiese mio padre appena ci vide entrare in casa e senza rivolgergli uno sguardo gli diedi la valigetta andandomene verso la mia camera.

"Ciù ciù."

mi girai quando sentii la voce di Ciro e mi fermai sulla soglia della stanza.

"Che c'è Cì?"

chiesi stanca e ancora scocciata per quello che aveva detto, sarei dovuta stare tutta la mia vita con lui che appena lo rispondevi male usciva fuori di testa e poteva farti di tutto?!

"Voglij fa na promess cu te dat ca simm soci, oltre ad esser promess sposi."
(Voglio fare una promessa con te dato che siamo soci, oltre ad essere promessi sposi)

si avvicinò a me così che non doveva alzare troppo la voce per farsi sentire da me e così nemmeno gli altri sentivano cosa avevamo da dirci.

"Che promessa?"

chiesi fissando il mio sguardo nel suo per la seconda volta in una giornata e lui mi spinse delicatamente nella mia stanza dai fianchi, chiudendosi la porta alle spalle.
Ancora quelle dannate farfalle nello stomaco.

"Me piaciut accir'r a chill insiem a te, c' n piens se qualsiasi cos amma fa a facimm assiem comm amm fatt ogg?"
(Mi è piaciuto uccidere a quello insieme a te, che ne pensi se qualsiasi cosa dovessimo fare la facciamo insieme come abbiamo fatto oggi?)

fece un piccolo ghigno e si passò la lingua sulle labbra spostando i suoi occhi sulle mie.
Mi sentii accaldare e per un attimo non pensai neanche a cosa rispondergli.
Lui voleva che ogni persona avessimo dovuto uccidere, l'avremmo fatto assieme?
Mi piaceva come cosa.
Ma non mi piaceva l'idea di uccidere.

"Mhh va bene Cì."

sussurrai cercando di non guardarlo per non sentirmi in sottomissione o in imbarazzo, non mi ero mai sentita così.

"M piac quand m ciamm accussì."
(Mi piace quando mi chiami così)

si avvicinò alle mie labbra e il mio respiro si bloccò quando iniziarono a sfiorarsi.
Ancora una volta la suoneria del cellulare di Ciro ci fece staccare ma prima ancora che lui potesse rispondere gli afferrai il colletto della maglia e alzandomi sulle punte feci unire le nostre labbra, lasciandolo stupito.

Lo vidi lanciare il telefono sul mio letto e successivamente le sue mani si trovarono sui miei fianchi spingendomi vicino al suo corpo mentre ci baciavamo.
La sua lingua chiese l'accesso che io non rifiutai, così le nostre lingue sembrarono iniziare una lotta di dominanza tra loro, alla quale nessuna delle due sembrava voler cedere.

Era tutto così bello e strano, mi sentivo vuota senza lui, ma debole e sottomessa al suo fianco, eppure allo stesso tempo mi faceva sentire sicura di me, protetta e forte.

Il suo telefono iniziò a squillare di nuovo in modo insistente ma Ciro sembrò non volersi staccare da me anzi, si spingeva di più verso il mio corpo tenendomi intrappolata tra lui e il muro.

"Ciro rispondi."

sussurrai tra le sue labbra ma dato che non voleva staccarsi gli afferrai il labbro tra i denti.

"Tu m staij facenn ascì pazz."
(Tu mi stai facendo uscire pazzo)

si staccò da me guardandomi con uno sguardo famelico e rispose al telefono tenendo lo sguardo puntato sul mio viso.
Quella frase aveva scaturito in me una marea di brividi.

"Ma c cazz staij ricenn Piè, mo veng."
(Ma che cazzo stai dicendo Pietro, mo vengo)

aveva un'espressione preoccupata, quando staccò andò verso la porta ma prima di uscire mi guardò.

"Ciù ciù staij tranquill nun è succies nient, c vrimm aropp."
(Stai tranquilla non è successo niente, ci vediamo dopo)

disse prima di uscire e lasciarmi lì ancora scossa per quel bacio.

SEI PAZZA COME ME!Onde histórias criam vida. Descubra agora